C’è stato un raid dei commando americani nel cuore dello Stato islamico
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Atterraggio in pieno giorno per catturare i leader che si occupano di stragi in occidente. Il Pentagono: “Solito lavoro”. E i russi? Non pervenuti
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di Daniele Raineri 10 Gennaio 2017 alle 21:40
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Roma. Lunedì fonti militari americane hanno confermato al Washington Post e al New York Times il fatto raccontato domenica da una rete clandestina di reporter antiassadisti che opera nella zona di Deir Ezzor in Siria: c’è stato un raid delle Forze speciali americane in piena luce del sole per catturare o uccidere capi dello Stato islamico nel mezzo del cosiddetto “corridoio dell’Eufrate”, ovvero in quel tratto che porta i combattenti estremisti avanti e indietro tra Iraq e Siria.
Così, mentre la portaerei russa Ammiraglio Kuznetsov lascia il paese per il “ritiro” annunciato da Mosca (è più una rotazione delle forze: inoltre la portaerei si avvicina alla costa libica, forse per un’altra operazione di propaganda con il nuovo alleato di Bengasi, il generale Khalifa Haftar), la Delta Force americana fa con discrezione la guerra ai terroristi.
I testimoni sul posto dicono che gli uomini delle Forze speciali americane sono arrivati con quattro elicotteri alle due e tre quarti, hanno intercettato un veicolo che viaggiava tra due villaggi, hanno bloccato le strade che portavano al luogo dell’azione, e dopo un’ora e un quarto sono ripartiti con alcuni prigionieri e alcuni corpi. Con loro c’erano interpreti che parlavano in arabo – hanno tenuto a distanza i civili di passaggio – e in aria c’erano almeno due jet a offrire protezione. Il Pentagono ancora non fornisce dettagli che riguardano questa operazione, ma una fonte anonima dice al New York Times: “No big deal, business as usual”, niente di eccezionale, il solito lavoro, come a far capire che le Forze speciali americane compiono con regolarità questi atterraggi di giorno in mezzo al territorio nemico.
A dispetto della politica estera blanda in medio oriente, l’apparato d’intelligence e militare lavora a ritmo rapido per intercettare, localizzare, uccidere oppure catturare i leader dello Stato islamico – in particolare quelli che si occupano delle cosiddette “operazioni esterne”, vale a dire le stragi nei paesi occidentali. Il 31 dicembre gli aerei americani hanno colpito con un bombardamento mirato Mohamed al Issawi, leader numero sedici – soltanto l’anno scorso – di queste operazioni esterne. Tra gli altri uccisi a dicembre, sempre a Raqqa, ci sono anche due francesi e un tunisino. Poiché queste azioni funzionano “a grappolo” – nel senso che quando segui e intercetti un obiettivo accumuli abbastanza informazioni per colpire anche altri – e che di recente Raqqa è diventata una “kill-box”, un tiro al bersaglio per i droni, è possibile che questa operazione poco più a sud c’entri qualcosa. I capi si muovono verso sud per sfuggire alla caccia, si espongono fuori dalla città, in qualche caso per colpa della pressione violano le loro stesse procedure di sicurezza e sono braccati.
Il luogo dell’incursione è vicino a un villaggio, al Tebni, che a settembre è diventato conosciuto per un video orrendo dello Stato islamico – orrendo anche per gli standard efferati del gruppo – in cui una ventina di giovani accusati di essere spie per la Coalizione furono appesi per i piedi ai ganci dentro un mattatoio e quindi sgozzati secondo la procedura “halal” – gola tagliata e sangue lasciato scorrere nelle apposite feritoie sul pavimento fino a esaurimento. Il video era così crudele perché avrebbe dovuto creare un clima di deterrenza contro i locali e contro qualsiasi tentazione di fare la spia e passare alla Coalizione i dati e le posizioni dello Stato islamico lungo il corridoio dell’Eufrate. Invece aveva provocato una ribellione tra la gente del posto, anche questa soffocata con brutalità. Chissà che le operazioni americane in zona non ne siano una conseguenza.
Il corridoio dell’Eufrate è una zona di caccia molto battuta dai raid americani, perché è vitale per gli spostamenti tra Iraq e Siria – è rimasta l’unica rotta, ora che l’assedio di Mosul in Iraq ha tagliato le comunicazioni dirette con l’altra capitale, Raqqa in Siria. Nel maggio 2015 la Delta Force eseguì un primo raid segreto in Siria per catturare Abu Sayyaf – un leader in contatto con il capo Abu Bakr al Baghdadi – presero computer e altro materiale prezioso. Il 25 marzo 2016 sempre nell’area di Deir Ezzor i commando americani hanno intercettato il veicolo di Abu Ali al Anbari, storico leader dello Stato islamico dallo status leggendario – che però si è fatto saltare in aria piuttosto che farsi catturare vivo. E i russi, inseguono i capi dello Stato islamico? Per ora non c’è notizia neanche di una sola operazione.
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mauraberio
10 Gennaio 2017 - 08:08
Caro Raineri apprezzo da sempre la sua competenza e cifra stilistica. Lalettura dei fatti in Siria pro Stati Uniti, però, me lo consenta, è realmente fuori asse. Senza Russi e Iraniani in Siria, altro che qualche tagliagola dell'Isis abbattuto "as usual" dai droni! Avremmo Siria e Iraq, nella migliore delle ipotesi, dominate da Isis e/o al Nusra, con tutto ciò che questo avrebbe determinato. Non comprendo, quindi, come lei possa sostenere la pessima e fallimentare politica americana in medio oriente e derubricare quella portata avanti da Putin, che è stata oggettivamente risolutiva. Non sono bastate tutte le bugie dei media internazionali su Aleppo e la solfa umanitaristica a senso unico per farci capire che la realtà in Siria è diversa da come viene dipinta? O si preferiva una Siria, senza Assad, divenuta una nuova Libia? Mi faccia capire, sia chiaro, al di fuori da formule di stile. Cordialità Mauro Barberio