La storia di Teodorín Obiang, figlio del dittatore della Guinea equatoriale, dal lusso al tribunale
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“Alcol, puttane e coca cola”: così è stata riassunta la sua vita da un ex-maggiordomo. Ora a Parigi è finito a processo per riciclaggio e corruzione
Teodoro Nguema Obiang Mangue (foto via Instagram @teddynguema)
di Maurizio Stefanini 7 Gennaio 2017 alle 13:13 Foglio
L’unica famiglia al mondo ad aver sempre gestito uno stato fin dalla sua indipendenza è finita sotto processo a Parigi, anche se in contumacia, e per di più il processo è stato pure aggiornato per consentire all’imputato di meglio preparare la propria difesa.
Alla sbarra è il 47enne Teodoro Nguema Obiang Mangue, meglio noto come Teodorín, dallo scorso giugno primo vicepresidente della Guinea Equatoriale. Accuse: riciclaggio, abuso di beni sociali, appropriazione indebita, abuso di fiducia, corruzione, per somme pari ad almeno 100 milioni di euro. Un suo cugino è Pedro Mba Obiang Avomo: centrocampista che dal 2008 al 2015 giocò nella Sampdoria, e poi è passato al West Ham. Suo padre è Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, presidente della Guinea Equatoriale dal 3 agosto 1979: dall’uccisione di Gheddafi, che a sua volta aveva avuto un figlio calciatore in Italia, è il capo di stato repubblicano da più lungo tempo al potere al mondo.
Nel 2006 Forbes lo aveva classificato come l’ottavo capo di stato più ricco del mondo, il più ricco dell’Africa e il secondo più ricco non monarca. Con un capitale da 600 milioni di dollari che deriva dalla assoluta confusione tra il suo patrimonio personale e un paese che per quanto piccolo è la terza cassaforte petrolifera dell’Africa. Resasi indipendente dalla Spagna nel 1968, prima di lui la Guinea Equatoriale aveva avuto come unico altro presidente suo zio Francisco Macías Nguema: generale dell’esercito coloniale di Franco, poi sanguinario dittatore comunista, che il nipote rimosse con un golpe e fece poi fucilare, accusandolo di genocidio. La dittatura però rimase. È vero che nel 1991 è stato formalmente ristabilito il pluripartitismo, ma alle presidenziali del 2003 ci furono alcuni seggi elettorali che diedero in suo favore il 103 per cento dei voti, alle presidenziali dello scorso 24 aprile è stato rieletto con il 93,7 per cento dei voti, e in Parlamento il suo partito ha 99 seggi su 100. A parte gli oppositori che lo hanno accusato di cannibalismo e di aver ucciso almeno 40.000 persone, sia gli Stati Uniti che la Francia lo hanno indagato per riciclaggio. Ma in Brasile nel 2015 ha speso 3 milioni e mezzo di dollari per farsi dedicare un carro alla sfilata al Carnevale di Rio.
Suo erede designato, Tedorín è un noto viveur. “Alcol, puttane e coca cola”: così è stata riassunta la sua vita da un ex-maggiordomo. Figlio della prima moglie del padre Constancia Mangue Nsue Okomo, classe 1969, ha ufficialmente una laurea in California, ma un’inchiesta giornalistica lo ha accusato di aver in realtà frequentato la Pepperdine University di Malibu per soli cinque mesi. Fondatore di una catena tv, a 28 anni fu designato ministro dell’Agricoltura e dei Boschi, e vi rimase fino a quando nel maggio del 2012 non fu designato “secondo vicepresidente”. Ufficialmente come ministro aveva uno stipendio da 3.200 euro al mese, ma ciò non gli impediva di segnalarsi alle cronache mondane come collezionista di Lamborghini e frequentatore assiduo di Hollywood e Rio de Janeiro. Una volta in un solo week-end in Sudafrica spese 10 milioni di rand (quasi 700 mila euro) in champagne, auto di lusso e ristrutturazioni immobiliari. Le sue due case in Sudafrica sono stimate 50 milioni di rand (3 milioni e mezzo di euro), e la sua villa da 460 metri quadri a Malibu 31 milioni di dollari. Inoltre possiede un appartamento e una collezione d’arte a Parigi, una casa discografica e alcune decine di auto di lusso: undici, però, ora sequestrate nell’area di carico dell’aeroporto di Ginevra. Teodorín ha infatti smesso di fare le sue scampagnate per il globo da quando lo scorso settembre il tribunale penale di Parigi lo ha incriminato, su denuncia di varie ong: un procedimento cui la Corte Internazionale di Giustizia ha dato la sua approvazione lo scorso dicembre.
Ora Tedorín rischia fino a 10 anni di carcere. È il primo processo da quando la Francia ha iniziato a indagare i leader africani accusati di acquisire illegalmente ricchezza. Assente l’imputato in prima udienza, mercoledì i giudici hanno però deciso di rinviare il processo a giugno, per approfondire la giurisdizione.
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