Islam, vi racconto i torti dell’Arabia Saudita. Parla il religioso sunnita Sheikh Mohammad Nokkari
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Conversazione con Sheikh Mohammad Nokkari, religioso sunnita, giudice e professore di diritto all'Università di Saint Joseph a Beirut e all'Università di Strasburgo in Francia ed ex direttore generale di Dar El Fatwa
Luca Fortis, Formiche.net 20.11.2016
Formiche.net ha incontrato a Beirut, Sheikh Mohammad Nokkari, religioso sunnita, giudice e professore di diritto all’Università di Saint Joseph a Beirut e all’Università di Strasburgo in Francia, ed ex direttore generale di Dar El Fatwa, principale organismo della direzione degli affari sunniti in Libano. Il religioso è stato uno dei maggiori fautori del dialogo tra sunniti e cristiani ed è anche stato uno dei promotori dell’idea di rendere la festa islamico-cristiana dell’Annunciazione del 25 marzo festa nazionale libanese.
Come è nata l’idea di rendere la festa della Madonna, una festività nazionale libanese che accomuni sia i cristiani che i musulmani?
L’idea era di riunirsi tutti insieme, cristiani, islamici e drusi. Tutti crediamo nella Madonna, in modi differenti, ma è una figura centrale per entrambe le religioni. Il progetto è stato ripreso in tanti paesi del mondo. Quest’anno abbiamo pregato come musulmani insieme ai cristiani anche nella cattedrale di Genova. Tanti italiani sono venuti alle quattro del mattina a sentire un musulmano parlare della Madonna. Era quello che volevamo fin dall’inizio, che la festa della Madonna diventasse una festività comune del dialogo tra fedi diverse. Noi vorremmo che la festa dell’Annunciazione diventasse nel mondo una festa del dialogo.
Ora sta lavorando ad un progetto sui luoghi di pellegrinaggi musulmani e cristiani in Libano.
Sotto l’impulso della Cooperazione allo Sviluppo Italiana e con il governo libanese stiamo creando una guida dei luoghi di pellegrinaggio di tutte le religioni in Libano, io mi occuperò di quelli islamico sunnita. É un progetto in corso che spero sia realizzato presto.
Come vede il dialogo tra le fedi diverse in Medio Oriente alla luce di quello che avviene in Siria e Iraq?
La storia ci mostra che tutti i conflitti prima o poi passano e il popolo va oltre. In Libano lo si può constatare, siamo ancora insieme dopo la guerra civile. Quello che fa male è vedere il prezzo altissimo che le persone stanno pagando oggi, anche per le interferenze politiche esterne che usano la religione per dividere il Medio Oriente in piccoli paesi confessionali. Spero che in futuro la Siria e l’Iraq non siano divisi per ragioni geo strategiche ed economiche in piccoli stati sunniti, alawiti, cristiani, curdi, drusi. Sarebbe un disastro.
Vede nei religiosi della regione o negli intellettuali dei tentativi di opporsi a queste divisioni tra comunità?
Ci sono ma non sono né organizzati, né istituzionalizzati. Sono ancora voci molto deboli e non appoggiate dai mass media. Bisognerebbe che la comunità internazionale e le ong appoggiassero questi uomini liberi.
Non c’è rischio che poi i governi locali li accusino di essere spie occidentali che sobillano rivoluzioni? Non possono farlo da soli gli arabi?
In questo momento non ne sono sicuro. I nemici di un Medio Oriente pluralista sono molto più forti.
Non si tratta però solamente degli Stati Uniti, Israele, Russia o Europa come spesso si sente dire in Medio Oriente. Oggi paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Iran sono potenze regionali molto ricche con una notevole capacità di influenzare sia la politica internazionale che l’economia. Inoltre, secondo molti osservatori, hanno radicalizzato per anni l’Islam con le loro scuole e organizzazioni. Che responsabilità hanno?
Più che nel campo politico, quello che vedo davvero è che il grande torto che l’Arabia Saudita ha fatto all’Islam è il sostegno ai wahabiti. Il peso economico dell’Arabia Saudita ha finito per riformare l’Islam in modo del tutto sbagliato. Mentre i pensatori tradizionali e moderni sono stati schiacciati sotto il peso economico di Riad, il popolo ormai è diventato integralista. Gli intellettuali sono liberali, ma non riescono più a influenzare la gente comune perché non hanno finanziamenti.
Quali paesi islamici vede più avanzanti e aperti?
Certamente non i paesi arabi. Direi che in Turchia, Malesia e Indonesia ci sono visioni molto più interessanti. Il mondo arabo, che è minoritario nel mondo islamico non si è ancora svegliato.
Esistono ancora gruppi sufi influenti?
Sì, ci sono ancora e sono tra i più aperti. Esistono soprattutto in Egitto, Marocco e Turchia. Si sono però un po’ chiusi in se stessi. Ma penso che la sconfitta dei salafiti possa passare proprio dai gruppi sufi. Il problema è che i giovani corrono dietro ai petro-dollari dei salafiti, mentre i liberali sufi sono poveri. I giovani sono disoccupati e disillusi. Corrono dietro ai soldi o a chi offre loro facili soluzioni.
Il terrorista sceglie il martirio per motivi economici, o è una persona fragile che cerca ideali che gli diano risposte facili e senza dubbi. Non è forse un modo per andare in un paradiso che dia certezze, fuggendo da un mondo pieno di incertezze?
Una parte dei terroristi è sicuramente figlia di un disagio nei confronti della vita ed è alla ricerca di facili risposte. Ma esistono anche motivi economici. La setta degli assassini, secoli fa, portava i ragazzi nelle valli iraniane tra le montagne e organizzava festini donne, cibo e droghe. Quando si svegliavano diceva loro che avevano visto il paradiso e che se volevano tornarci dovevano uccidere qualcuno. Ma questa è una visione facile per i fragili, non ha nulla di islamico. La religione islamica ama la vita e i suoi piaceri. Non vede l’esistenza su questa terra come un inferno da cui scappare.
Però se dalla Cina fino alla Nigeria esiste un problema di terrorismo islamico vuol dire che nel mondo musulmano oggi un problema esiste. Qual’è l’idea di purezza che la religione islamica ha? Certe volte si ha l’impressione che nell’Islam di oggi ci sia una certa paura della vita e che tutto sia peccato. La religione islamica insegna che la vita è anche impura?
L’Islam, con qualche differenza dal cristianesimo, non condanna in nessun modo il piacere, il buon cibo, il vestirsi bene. Curare la vita mondana è un fattore positivo per la religione musulmana. Nell’Islam esistono due diritti, quello di Dio e quello degli individui. Quello degli esseri umani è addirittura prioritari su quello di Dio. Prima di pensare alla vita nell’aldilà, bisogna pensare alla vita su questa terra. Anche quella individuale.
Allora perché questo proliferare di gruppi islamisti con un idea così opposta?
Sono derive culturali, più che religiose. Per esempio per capire la cultura del velo non bisogna cercare nel Corano, ma nella Siria cristiana. Abbiamo finito per adottare tante idee e influenze di altri nei secoli. Ma non sono assolutamente coraniche.
Vi è un problema di interpretazione del Corano quindi?
L’interpretazione del Corano è aperta, non è chiusa. Chiunque conosca la lingua araba e la religione può interpretare il Corano. Per esempio un religioso egiziano molto colto parla della creazione dell’uomo come più vicina all’idea di Darwin di evoluzione che alla creazione dell’uomo tradizionale. Io la penso come lui. Non esiste una classe infallibile di religiosi. L’Islam è più simile al protestantesimo che al cattolicesimo. Il Corano è diviso in versetti del periodo della Mecca e di Medina, una tesi oggi prevalente sostiene che quelli meccani siano abrogati. Ma non è così, non ci sono passi del Corano che vengono abrogati e altri che rimangono validi. Bisogna avere una visione unitaria. I versetti meccani sono molto aperti e liberali, quelli medinesi sono più rigidi e meno tolleranti . I primi erano buoni per la Mecca, i secondi per Medina. Questi ultimi servivano per fare fronte alla guerra dichiarata dai meccani contro Maometto quando si rifugiò a Medina. Quindi era normale che quei versetti parlassero di guerra. Quelli meccani non parlano di guerra perché non c’era guerra in quel periodo. Quindi vanno visti nella loro totalità non come fa Daesh che cita solo i versetti medinesi e si dimentica di quelli meccani. Ma oggi nessuno ha dichiarato guerra contro i musulmani, quindi quei versetti non possono essere utilizzati per analogia. Oggi bisogna rispettare la comunità internazionale. La religione non può fare una guerra contro tutti. Tutti i gruppi wahabiti o estremisti devono sapere che l’Islam è tollerante e che questa è la regola generale, mentre l’Islam che va in guerra per difesa è l’eccezione. La norma è la pace con cristiani, ebrei e con tutte le persone, anche atee.
Cosa consiglierebbe a un giovane di oggi?
Di non essere troppo idealista perché la vita non sorride sempre. La rivoluzione francese non fu una rivoluzione di santi. Non esiste un idealismo privo di peccati. Bisogna studiare, cercare la stabilità ed essere coraggiosi. Non bisogna occuparsi troppo di politica. Quanti gruppi politico-religiosi hanno convinto giovani a martirizzarsi per le loro idee, per poi cambiarle alla prima convenienza? Meglio pensare a noi stessi e agli altri con un giusto equilibrio e credere nella moderazione.