Forum Ambrosetti 2016. L’ex premier irlandese: «Caso Apple, l’Ue genera incertezza. Sarà un guaio per gli investimenti»

John Bruton, primo ministro di Dublino tra il 1994 e il 1997: «Le multinazionali devono pagare le tasse, ma la Commissione Europea sta usando una normativa sulla concorrenza per risolvere un problema fiscale e lo sta facendo in modo retroattivo. Il modello da seguire? Quello dell’Ocse»

di Roberta Paolini Linkiesta4 Settembre 2016 - 12:04

Il caso Apple sta alzando la tensione tra Irlanda e Ue.

Al punto che per John Bruton, premier irlandese dal 1994 al 1997 e ospite a The European Forum di Ambrosetti, afferma che «se Juncker dice che la Commissione Europea deve avere un ruolo più politico non dovrebbe occuparsi di cose tecniche come la concorrenza».

Nei giorni del Forum il tema Apple è stato uno dei più dibattuti, dentro e soprattutto fuori dalle sessioni di discussione. La Commissione Europea ha stabilito che i benefici fiscali, concessi dall’Irlanda a Cupertino dal 2003 al 2014 e quantificati in 13 miliardi, sono illegali e sono da considerarsi aiuto di stato. Bruton dice che si sta reinterpretando una norma. Ma c’è chi gli ha fatto notare che un beneficio fiscale così dirompente (dal 12,5% è stata applicata una aliquota decrescente dall’1% allo 0,005%) è un aiuto di stato. E che quindi va contro gli stati partner della Ue. A questi si accompagnano considerazioni, pronunciate neanche tanto sottovoce, che dal 2007 al 2012, negli anni di grave crisi, il sostegno europeo ha consentito all'ex tigre celtica di risorgere come la fenice.

Durante The European House di Ambrosetti, in questi giorni a Villa d'Este, è stato distribuito un working paper dal titolo: Ireland from Tiger to Phoenix. Sottotitolo: Analysis of The Irish outstanding growth path before and after the crisis. Sullo studio emerge chiaramente come, sebbene la presenza numerica delle multinazionali straniere (sono solo il 2% del totale) sia residuale rispetto alle aziende irlandesi, l'effetto della loro presenza sia invece molto consistente. Due numeri: le imprese straniere incidono per il 57% sul totale del valore aggiunto e per il 71% sulla spesa in ricerca e sviluppo. La dialettica si è incendiata anche per il fatto che l'Irlanda ha impugnato la risoluzione della Commissione, schierandosi dalla parte di Apple. E i 13 miliardi di cui parla l’Europa assumono sul pil del paese celtico, 255 miliardi di euro nel 2015, una consistenza se possibile anche maggiore. Ma l'Irlanda non vuole evidentemente creare un precedente, anche perché, ha spiegato Bruton a Linkiesta, non è certa che questi euro finiscano effettivamente nelle sue casse statali.

Il Commissario europeo alla concorrenza Margrethe Verstagerd ha detto si tratta di un aiuto di stato illegale a società selezionate, scelte. Io non sono d'accordo su questa affermazione. Intanto il governo irlandese non ha selezionato o scelto Apple per dargli aiuti di stato. Apple ha chiesto l'interpretazione della normativa irlandese all'autorità fiscale irlandese, che è indipendente dal governo quindi prende decisioni e interpretazioni della normativa in maniera completamente autonoma, che si tratti di un contribuente o che si tratti di una società come Apple. Quello che dice oggi la Commissione è che l'Irlanda dovrebbe incassare questi 13 miliardi da Apple, ma non dice se Apple debba effettivamente pagare queste tasse all'Irlanda o a qualcun altro. Dice a noi di incassarli, ma non afferma chiaramente se sia poi l'Irlanda a portarli nelle proprie casse o se invece andranno in quelle di qualche altro paese dell'Ue.

Quindi il punto è a chi debbano andare questi miliardi?O teme che questo sia un precedente pericoloso?

In realtà le norme fiscali internazionali prevedono la tassazione delle società su una serie di regole contabili, che prevedono come allocare gli utili per sapere dove sono effettivamente tassabili. Quindi non è ragionevole chiedere all'Irlanda di andare a pretendere questi denari da Apple quando non si sa: né se Apple li debba dare veramente all'Irlanda, né in che misura queste tasse debbano andare nelle casse irlandesi o in quelle di altri paesi. Il fatto che non si sappia se Apple debba pagare e a chi, sta creando uno stato di grandissima incertezza. E l'incertezza è nemica degli investimenti. In un'Europa dove si necessita di investimenti stranieri, sarebbe il caso che - si tratti di noi o di altri paesi della Ue - si facesse di tutto per cercare di ridurre l’incertezza e non aumentarla.

«Con questo non sto dicendo che le grandi multinazionali stiano pagando troppe tasse, probabilmente dovrebbero pagarne ancora di più, ma ciò deve avvenire sulla base di accordi internazionali e non in maniera retroattiva.In futuro potranno pagare di più attraverso accordi con l'Ocse, piuttosto che attraverso regole fiscali stabilite a livello europeo. Ma non si può affrontare il tema fiscale facendo appello alle regole sulla concorrenza»

D. È giusto che le multinazionali godano di un trattamento privilegiato?

R. Con questo non sto dicendo che le grandi multinazionali stiano pagando troppe tasse, probabilmente dovrebbero pagarne ancora di più, ma ciò deve avvenire sulla base di accordi internazionali e non in maniera retroattiva. In futuro potranno pagare di più attraverso accordi con l'Ocse, piuttosto che attraverso regole fiscali stabilite a livello europeo. Ma non si può affrontare il tema fiscale facendo appello alle regole sulla concorrenza.

D. Dopo questa risoluzione della Ue quanto pagherà da qui in avanti Apple sui suoi profitti?

R. Non lo so. Questo dipende dalla normativa e dall'ordinamento fiscale che si applicherà dove questi utili sono stati generati. Gran parte dell'attività intellettuale di Apple si trova negli US quindi lí si pagherebbe un'aliquota del 35%. Invece se questi utili saranno generati in una nazione diversa si applicherà l'aliquota di quel paese. Se c'è qualcosa che Apple ha fatto che la Commissione dovesse ritenere non perfettamente legale a questo punto si dovranno stabilire delle nuove regole che siano preventive per limitare episodi di questo tipo. Ma andare a guardare retrospettivamente e cercare di riscuotere le tasse su attività del passato solo sulla base di una nuova interpretazione della legge è una cosa tra l'altro per i paesi del Common Law non sarebbe consentita.

D. L'Irlanda si è schierata in questa vicenda al fianco del ceo di Cupertino Tim Cook, come verrà regolato in futuro il rapporto con Apple?

R. La migliore soluzione si può intravedere in quello che sta facendo l'Ocse che sta mettendo a punto una nuova normativa per cercare di evitare pratiche fiscali non corrette in futuro. Mi sembra l'approccio migliore rispetto a quello che sta facendo l'Unione Europea, che sta affrontando un problema di natura fiscale facendo ricorso alla normativa sulla concorrenza.

D. Non ritiene che questa potrebbe essere una opportunità per la Ue per confrontarsi con le multinazionali proponendo un modello che sia armonizzato con tutti gli stati membri?

R. Probabilmente sì. Finora sono state prese decisioni da parte dei singoli paesi, questa è una possibilità per cambiare avendo un orientamento onnicomprensivo. Ricordiamoci che questa è stata la tassazione più elevata richiesta in tutta la storia della Commissione sulla concorrenza. Io sono un sostenitore dell'Unione Europea, la Commissione sotto la guida di Juncker ha affermato di voler accentuare la natura politica dell'Europa. Allora mi domando se queste decisioni che hanno meno a che fare con la politica, ma hanno più a che vedere con aspetti legali, non potrebbero essere prese da un’entità super partes.

Mi chiedo se questi aspetti tecnici debbano essere presi dalla Commissione che ambisce ad avere un ruolo politico o non debbano essere presi, a vantaggio di tutti, da un organismo separato che non sia appunto la Commissione.

Categoria Estero

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