Israele, la pax sul gas tra Erdogan e Netanyahu
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L'intesa benedetta da Usa e sauditi apre all'export di energia verso la Turchia. Grazie alla pipeline osteggiata dallo zar Putin: l'amico Netanyahu lo ha tradito?
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu.
di Barbara Ciolli | 28 Giugno 2016 Lettera43
Israele, Arabia saudita e Turchia: una Santa alleanza nel nome di gas e petrolio in tasca a Vladimir Putin.
L'asse mediorientale, che dalla firma del 28 giugno 2016 unisce il governo sionista di Benjamin “Bibi” Netanyahu a quello anti russo-siriano dell'islamista Recep Tayyip Erdogan, si andava profilando dalla marcatura sempre più stretta, nell'ultimo anno, del presidente turco sui reali sauditi.
INTERCESSIONE CON HAMAS.L'intesa tra Israele e Turchia, che ha ricucito lo strappo dell'attacco israeliano alla Freedom Flottiglia per Gaza battente bandiera turca (Mavi Marmara) del 2010, va infatti ben oltre i risaputi sforzi eccezionali di Israele, per riavere indietro da Hamas gli israeliani prigionieri o uccisi.
Materia della trattativa sono state le spoglie dei due militari caduti durante la guerra del 2014 di Gaza e i due civili sconfinati, che Erdogan si è impegnato a far di tutto per far restituire da Hamas in cambio di 20 milioni di dollari di indennizzo israeliano alle famiglie dei nove turchi uccisi sulla Navi Marmara.
CONTROPARTITA DEL GAS.E anche l'ok di Israele, secondo le indiscrezioni, alle forniture di aiuti turchi - attraverso i porti israeliani - a Hamas, nella Striscia dove le lobby di Erdogan potrebbero anche costruire un ospedale e impianti elettrici e di desalinizzazione.
Ma dietro un placet del genere israeliano non può che celarsi una grande contropartita.
Dalla normalizzazione dei rapporti con la Turchia Netanyahu ha annunciato «conseguenze immense» per l'economia nazionale: possibili solo da un patto tra i due sul gas e sull'oro nero del grande giacimento israeliano Leviathan.
La strana alleanza Netanyahu-Erdogan e il terzo incomodo di Putin
Recep Tayyip Erdogan, presidente turco.
Sull'accordo turco-israeliano aleggia lo scivoloso terzo incomodo russo.
È curioso infatti che Netanyahu, che sulla Siria condivide informazioni militari con Putin per la campagna anti-Isis e anti al Nusra (al Qaeda), contemporaneamente si riavvicini alla Turchia.
Il premier israeliano e i suoi generali hanno visitato Mosca, alla vigilia dei raid che hanno fatto infuriare Erdogan, fino all'abbattimento di caccia russo al confine. E il discreto flirt russo-israeliano è proseguito indisturbato fino a primavera.
COSÌ NEMICI, COSÌ UGUALI. Putin e Netanyahu si intendono come paradossalmente si intendevano Putin a George W. Bush.
E in questa cornice, per la prima volta un governo sunnita come quello di Ankara - che col Qatar rifornisce i gruppi radicali islamisti della Primavera araba (dalla Libia, alla Siria ai territori dell'Isis in Iraq) per creare una rete influenza neo-ottomana tra gli arabi filopalestinesi - è pronto a un accordo esplicito, politico ed economico, con Israele.
Al di là di tutto, ciò che certamente lega Netanyahu, Putin e Erdogan è l'antipatia comune verso il riluttante Barack Obama: l'inquilino uscente della Casa Bianca ha rapporti personali sempre più deteriorati con Erdogan, e con lo “zar” del Cremlino e Netanyahu le sue relazioni sono notoriamente pessime.
TRIANGOLAZIONE SAUDITA. Ma al di là dell'appeal di pancia anche tra Erdogan e Netanyahu (oltre che tra Putin e Netanyahu), un filo conduttore della nuova strana coppia è l'allineamento occulto, dalla nascita dello Stato d'Israele, tra la dinastia saudita di Riad e gli occupanti di Gerusalemme.
Con l'anziano re Salman e il rampante figlio e principe Mohammad bin Salman, guida effettiva dell'Arabia saudita, Erdogan ha avuto una serie di incontri-chiave tra il 2015 e il 2016: il via vai crescente del presidente turco e della sua cerchia verso Riad lo ha reso un interlocutore più affidabile per Israele.
Inevitabile che, con i rapporti economici e diplomatici di fatto congelati tra Turchia e Russia, Erdogan abbia cercato la sponda Israele per ripianare le perdite recenti e in vista.
Il gas israeliano e il ramoscello di Ankara a Mosca
Ora la Turchia pensa, prima di tutto, a rimpiazzare le sue vitali forniture energetiche russe con il gas che potrebbe comodamente arrivare dal vicino Israele.
Sia Netanyahu sia Erdogan sono due leader pragmatici ed Erdogan ha tentato la soluzione più semplice: dietro la riconciliazione che fa notizia ci sarebbe un maxi accordo per l'import di metano, per il quale Ankara dipende per il 60% dall'estero, dal grande giacimento di gas naturale e petrolio Leviathan.
Nel mare davanti (anche) a Israele si stimano riserve per 622 milioni di metri cubi di idrocarburi e dal 2018 è in programma l'avvio della produzione, in mano a un consorzio israelo-americano.
LA PIPELINE ANTI-RUSSA.La possibilità di una pipeline verso l'Anatolia dal giacimento del Leviathan - fortemente osteggiata da Putin - ha sempre allettato i turchi e anche gli israeliani, a prescindere dal gelo diplomatico dell'ultimo quinquennio: Erdogan scongiurerebbe così il blocco energetico di un grande Paese al decollo, e gli israeliani coprirebbero un terzo della loro produzione con il più grosso acquirente della regione.
Un business, appunto, immenso: nel 2015 le trattative per riaprire le relazioni tra Tel Aviv e Ankara sono corse di pari passo alla stipula di Tel Aviv degli accordi con le partnership Usa per far partire le prime estrazioni.
L'ORO NERO DEL LEVIATHAN. Il Libano in perenne crisi di governo contesta a Netanyahu la sovranità totale sul maggiore bacino di gas e petrolio offshore scoperto nel Mediterraneo. E sul Leviathan hanno iniziato a farsi avanti anche i ciprioti del Sud, ragion per cui i turchi stanno scalpitando non poco su quelle riserve: in un modo o nell'altro, Erdogan vuole metterci le mani.
Sull'amicizia interessata tra Israele e Turchia penderà l'ingombrante spada di Damocle dei contatti militari tra Netanyahu e gli strateghi del Cremlino: ma il leader turco si è blindato con gli stretti rapporti con Riad e la sua pax con Tel Aviv è benedetta dagli Usa.
Alla vigilia dell'accordo con Israele Erdogan ha sorprendentemente inviato una lettera di condoglianze con «scuse» al presidente russo, per la morte del pilota russo.
Alla fine, su Putin, se la dovrà sbrigare comunque Bibi
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