Dündar, il giornalista anti-Erdogan racconta la censura in Turchia
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Censura. Minacce. Prigione. Can Dündar, direttore del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, a Lettera43.it: «Viviamo nella paura. L'Ue non tratti con il Sultano».
di Antonietta Demurtas | 14 Giugno 2016 Lettera 43 da Bruxelles
Il successo dell'accordo sui migranti siglato da Unione europea e Turchia il 18 marzo 2016 rimane un'incognita, i negoziati per la concessione della liberalizzazione dei visti da parte dell'Ue sono ancora in corso, e mercoledì 15 giugno la Commissione presenta, dopo mesi di attesa, il secondo rapporto proprio sui progressi compiuti dal Paese.
Ma le richieste messe sul tavolo dai 28 Stati membri per aprire le porte alla libera circolazione dei cittadini turchi sembrano ben lontane dall'essere rispettate.
A partire dalla riforma della legge anti-terrorisimo sinora rifiutata dal presidente Recep Tayyip Erdogan, fino al rispetto dei diritti umani.
UN PAESE «NON LIBERO». Secondo Reporter senza frontiere, la Turchia si colloca al 151esimo posto su 180 Paesi nell'indice mondiale sulla libertà di stampa.
Il rapporto 2016 della Freedom House definisce la Turchia «non libera».
A ricordarlo ancora una volta con la propria testimonianza e a chiedere all'Ue di «non accettare nessun accordo con Erdogan se la legge sul terrorismo non sarà cambiata» è proprio un turco: Can Dündar, direttore e caporedattore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet.
«ERDOGAN SI RAFFORZA». «La libertà di stampa peggiora ogni giorno, e se Erdogan riceve proprio ora il supporto dell'Occidente, andrà al referendum mettendo la questione delle liberalizzazioni Visa come una sua personale vittoria», dice il giornalista a Lettera43.it.
Tre mesi di carcere per divulgazione di segreti di Stato
Recep Tayyip Erdogan.
(© GettyImages) Recep Tayyip Erdogan.
Invitato a Bruxelles dagli europarlamentari Verdi per raccontare che cosa davvero stia succedendo in Turchia, è la sua storia che parla da sola.
Dündar è stato condannato a cinque anni e 10 mesi di carcere con l'accusa di divulgare segreti di Stato.
Inizialmente la procura aveva chiesto l'ergastolo accusando il giornalista di spionaggio e propaganda terroristica.
SCOOP SU SERVIZI E ARMI. Tutto perché nel maggio 2015 il suo giornale ha pubblicato un articolo che raccontava come l'organizzazione di intelligence nazionale turca (Mit) stesse fornendo armi ai ribelli in Siria.
Una notizia confermata anche attraverso un video e delle foto pubblicate sul sito del giornale.
Che però non sono piaciute a Erdogan: «Il governo ha risposto dicendo che il responsabile di quel servizio sarebbe stato colpito duramente», ricorda Dündar.
E così è accaduto: «Siamo stati arrestati con l'accusa di essere delle spie, membri di una organizzazione terroristica e per aver provato a diffondere un segreto di Stato».
Sentenziati per ben due volte «solo per aver pubblicato una notizia», sottolinea, «e la cosa assurda è che era vera».
IN ISOLAMENTO 40 GIORNI. Dündar ha trascorso tre mesi in prigione, 40 giorni in isolamento: «Abbiamo provato a spiegare che un segreto di Stato non può essere difeso se dietro c'è un crimine internazionale, ma siamo stati accusati dal presidente».
Una reazione talmente dura, quella di Erdogan, che secondo Dündar è strettamente collegata all'attentato di cui è stato vittima fuori dal tribunale di Istanbul: «Hanno cercato di ammazzarmi, e il responsabile è una persona che ha sicuramente trovato ispirazione dalle parole violente usate dal presidente».
Il silenzio di Merkel sulla libertà di stampa? «Mi vergogno per lei»
Angela Merkel.
(© GettyImages) Angela Merkel.
Oggi Dündar sta bene, ma quando gli viene chiesto come vive le sue giornate, risponde con un sorriso sarcastico: «La redazione del giornale è sorvegliata dalla polizia, siamo sotto censura, ogni giorno subiamo pressioni da parte del mondo politico ed economico. Lavoro circondato da cinque guardie del corpo. Come posso dire che in Turchia c'è la libertà di stampa?».
PAROLA D'ORDINE: «RESISTERE». Una vita non facile per i giornalisti: «Gli attacchi quotidiani ai nostri colleghi ci preoccupano, ma non ci arrendiamo. Resistere è la parola d'ordine».
C'è una cosa però che il direttore di Cumhuriyet non riesce proprio a mandare giù, ed è il tentativo di Angela Merkel di nascondere la questione dei diritti violati: «È venuta almeno cinque volte in Turchia e non ha mai menzionato la situazione della libertà di stampa. Quando ho sentito il suo discorso, ho provato vergogna per lei».
OPPOSITORI DA ELIMINARE. Per quanto infatti il giornalista sia consapevole che dal punto di vista politico se l'accordo Ue-Turchia non funziona sarà un grave problema per la cancelliera tedesca, «perché è lei che l'ha voluto e ha spinto per farlo, quindi sarebbe un suo fallimento», ottenere quel risultato chiudendo gli occhi sui diritti dei cittadini turchi sarebbe la peggiore sconfitta.
«Erdogan sta governando il Paese da così tanto tempo proprio grazie alle leggi anti-terrorismo che gli permettono di eliminare tutti gli oppositori».
«Viviamo nella paura, ma l'agenda Ue ha altre priorità»
Can Dundar, direttore del giornale di opposizione al governo turco, Cumhuriyet.
(© GettyImages) Can Dundar, direttore del giornale di opposizione al governo turco, Cumhuriyet.
Oggi in Turchia 35 giornalisti sono ancora in prigione.
«C'è una nuvola di paura che sta sopra le nostre teste quando scriviamo». Eppure nonostante quella che lui definisce una cloud of fear ben visibile da parte di tutti, «la questione delle libertà di stampa non è purtroppo nell'agenda europea».
Da qui l'appello lanciato dal giornalista all'europarlamento di Bruxelles: «Per risolvere la questione migranti, l'Ue non può dimenticare i diritti umani», denuncia, «deve fare pressione sul governo. Abbiamo bisogno di un suo intervento per cambiare», dice, «l'accordo dovrebbe portare a democratizzare di più il nostro Paese».
Ma senza libertà di stampa, non ci può essere nessuna democrazia.
DUE MILA CASI GIUDIZIARI SOSPETTI. I giornalisti turchi dei media locali raccontano di dover affrontare una delle peggiori repressioni della libertà di stampa dal regime militare nel 1980.
I pubblici ministeri hanno aperto quasi 2 mila casi giudiziari per presunti insulti al presidente da quando Erdogan è entrato in carica nel 2014.
Molti devono comparire in tribunale due o tre volte alla settimana, giornalisti curdi sono stati picchiati o arrestati nella parte Sud-Est del Paese e molti reporter stranieri sono stati molestati o deportati.
«Anche gli accademici iniziano a subire pressioni e censure, molti sono sotto processo, accusati di propaganda per il partito separatista dei lavoratori del Kurdistan, considerato fuorilegge», racconta Dündar, che continua a lottare per il suo caso giudiziario.
IL PRESIDENTE CONTRO LA CORTE. Dopo aver spiegato alla Corte costituzionale che «stavamo solo facendo il nostro lavoro, non certo spionaggio, ci hanno fatto uscire di prigione».
La condanna è rimasta per aver violato un segreto di Stato. «E per la prima volta il presidente ha detto che non accetterà la decisione della Corte».
E molti colleghi curdi sono ancora rinchiusi
Elezioni in Turchia, il partito di Erdogan riconquista la maggioranza assoluta. Scontri tra polizia e manifestanti curdi.
Elezioni in Turchia, il partito di Erdogan riconquista la maggioranza assoluta. Scontri tra polizia e manifestanti curdi.
Eppure, nonostante le difficoltà, Dündar si ritiene fortunato, «perchè molti colleghi curdi sono ancora in prigione. Io almeno ho la possibilità di venire qui».
A Bruxelles Dündar è venuto per far sentire la sua voce e quella del popolo turco: «Gente che vuole diritti».
Ma per difendere quelle persone «l'Ue non sta alzando la sua voce come dovrebbe», denuncia il direttore del quotidiano.
NEGOZIAZIONE SBAGLIATA. «Il prezzo dell'accordo sui migranti con Erdogan è la nostra libertà, e questo è vergognoso».
Per quanto infatti sia forte il desiderio che «la Turchia faccia parte dell'Ue, perché abbiamo bisogno l'uno dell'altro», dice, «la negoziazione non dovrebbe essere fatta come la sta facendo Erdogan».
«NON LASCIATECI SOLI». Secondo il giornalista turco «l'accordo sui migranti è un punto di svolta davanti al quale l'Europa rischia di perdere tutta la sua credibilità», anche perché, ricorda Dündar, «la Turchia non è Erdogan, come l'Europa non è solo Marine Le Pen. Siamo ben altro: siamo persone che credono nei valori della democrazia, della libertà e non dobbiamo essere lasciati soli. Noi abbiamo gli stessi vostri interessi e ideali e per questi dobbiamo lottare insieme».
Ma se, alla fine, «l'Europea dimentica questi valori solo per un accordo, perderà tutto, perché una Europa senza valori non potrà fare nulla per il mondo o per se stessa», è l'amara conclusione del giornalista turco.
Twitter @antodem