Il ricatto dei sauditi all’Onu
- Dettagli
- Categoria: Estero
Niente soldi se non fate come vogliamo, dice Riad. La crisi di Ban
Ban Ki-moon (foto LaPresse)
di Redazione | 11 Giugno 2016 ore 06:18 Foglio
A impressionare anche gli osservatori smaliziati è stato, per una volta, il candore dell’ammissione di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, dettato dal fatto che Ban è ormai vicino alla fine del mandato e può permettersi qualche deviazione dal protocollo. Al discorso di Ban è mancata solo la parola “ricatto”, anche se di questo, effettivamente, si è trattato. Giovedì il segretario generale ha annunciato di essere stato costretto a togliere l’Arabia Saudita e altri paesi che compongono la coalizione a guida araba che combatte in Yemen da una lista che elenca gli stati che violano i diritti dei bambini nei conflitti armati. L’Onu aveva aggiunto alla lista l’Arabia Saudita lo scorso 2 giugno, dopo l’uscita di un report che indicava la coalizione come responsabile della morte del 60 per cento dei 1.953 bambini uccisi nel conflitto.
ARTICOLI CORRELATI Aria di rivolta dentro al Congresso americano contro Pakistan e sauditi Così l'Iran cerca di farsi largo tra le crepe dell'Opec
La guerra in Yemen è iniziata nel marzo 2015 e vede la coalizione a guida saudita contrapposta ai ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran. Sono bastati pochi giorni, però, perché l’Arabia e altri paesi alleati iniziassero a esercitare sulle Nazioni Unite una pressione tanto insostenibile da arrivare al ricatto: se non ci togliete dalla lista di assassini di bambini tagliamo i fondi all’Onu. Il segretario generale, ha detto giovedì in conferenza stampa, si è trovato così di fronte a una scelta impossibile: tenere fede alla coerenza morale delle decisioni prese dall’ente da lui guidato o veder sprofondare alcuni importanti programmi umanitari in Siria, Sudan del sud, Palestina: i fondi all’Onu di Riad e dei paesi del Golfo sono ingenti. E così, con vibrante ma, al solito, debole protesta (“è inaccettabile”), Ban ha dovuto capitolare e ha tolto la coalizione araba dalla lista incriminata. L’accaduto è una metafora quasi perfetta del crollo, in corso ormai da tempo, dell’autorità morale dell’Onu. Nata, tra le altre cose, per difendere i diritti umani, l’Onu è oggi in balìa di stati che i diritti umani li calpestano. Undici persone finora si sono candidate a succedere a Ban l’anno prossimo. Dovrebbero presiedere l’organizzazione di maggior prestigio al mondo, rischiano di essere, come il coreano è stato più di una volta, i sottoscrittori di malavoglia dei desiderata di potenze non democratiche.
Categoria Estero