Chi c’è dietro al referendum per far piovere soldi in Svizzera
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Il referendum più originale di questi mesi: quello di domenica in Svizzera, col quale si propone di pagare a tutti i residenti un reddito minimo mensile, senza alcuna condizione
di Ugo Bertone | 05 Giugno 2016 ore 06:18 Foglio
Milano. Con un referendum programmato per domenica in Svizzera si propone di pagare a tutti i residenti un reddito minimo mensile, senza alcuna condizione. Lavoratori o disoccupati non importa. Abili o disabili, nemmeno. Miliardari o spiantati, idem. La cifra del reddito mensile non è stata ufficilamente rivelata ma dovrebbe essere attorno ai 2.500 franchi (2.261 euro) per ogni adulto, con un piccolo sussidio per i bambini. Altro che l’elicottero monetario dell’economista Milton Friedman, come ha detto Richard Reeves, senior fellow di Brookings Institution, qui stiamo parlando di “un aereo cargo carico di soldi in arrivo dal Tesoro e non dalla Banca centrale”. A promuovere il referendum più originale di questi mesi – più di quello sulla Brexit o sull’addio all’èra del ping-pong Camera-Senato in Italia – è stato un altrettanto originale imprenditore di Basilea, Daniel Hani. Prima di tutto, c’è da chiedersi se si spende per avere qualcosa in cambio. Lui dice nulla. “Anch’io – assicura – ho vissuto un anno con 30 mila franchi garantiti da una Fondazione, senza alcun vincolo od obbligo di restituzione. E forse è stato l’anno in cui sono stato più produttivo”. Capitava più o meno 25 anni fa quando gli è maturata in testa l’idea. “Allora non amavo il mio paese – confessa – Poi, nel 1989, è stato promosso il referendum per l’abolizione dell’esercito: la proposta, naturalmente, è stata bocciata.
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Ma mi sono detto: wow, la Svizzera è conservatrice, priva di fantasia, ma ha la democrazia più avanzata del mondo. Da nessuna parte puoi proporre liberamente al popolo idee davvero nuove”. Di qui un lungo apostolato, culminato nel 2012 in un film e in un comitato elettorale dalle spalle solide. Perché Hani, come gli utopisti dell’Ottocento, da Bentham a Saint-Simon, con gli affari ci sa fare. Di umili origini, il giovane bernese si è presto specializzato nella ristrutturazione di immobili abbandonati, ex fabbriche o casolari. La vera svolta risale al 1998 quando, con il sostegno della Fondazione Edith Marvon, l’intraprendente Daniel ha acquisito dal Crédit Suisse un palazzo di cinque piani nel cuore di Basilea, già sede della Banca Popolare Svizzera, appena fallita. Lì è nato il café Unternehmen Mitte (90 dipendenti, 3,5 milioni di fatturato annuo) punto di riferimento di pensionati, studenti e impiegati che consumano pasti ed aperitivi o non consumano affatto, sulla base del codice non scritto per cui lì, a due passi dal tempio del potere bancario mondiale, la Banca dei Regolamenti Internazionali, sorge un’isola di emancipazione dal bisogno. Per carità Herr Daniel non si fa alcuna illusione sull’esito del referendum.
E’ assai difficile che la Svizzera, Paese ove il salario minimo già sfiora i 30 mila franchi e che ha un tasso di disoccupazione tra i bassi (3,6 per cento), accetti di rimettere in discussione il suo modello sociale: un po’ per le cifre in questione (in teoria, fino a 208 miliardi di franchi, un terzo del bilancio), un po’ perché l’idea sembra fare a pugni con l’etica del lavoro della terra di Calvino. Oltre allo scontato no dei Cantoni, che dovrebbero mettere in pratica la “rivoluzione”. Ma, comunque vada, l’idea di Hani ha riempito giornali e dibattiti tv in cui l’imprenditore ha spiegato, cifre alla mano, che l’effettivo maggior onere per le casse pubbliche sarebbe di 18 miliardi, al netto di quanto è già speso in welfare e prestazioni varie a carico dello stato. Ma il vero risultato è ideologico, non contabile. Risorge l’idea di liberare l’uomo dalla schiavitù del bisogno, a tutto vantaggio dell’iniziativa personale, privata per definizione, Non è un caso che, come ricorda il Financial Times, proposte in questa direzione sono arrivate più dalla destra (da Richard Nixon, che a suo tempo propose la tassazione negativa per i cittadini in stato di povertà, a Milton Friedman) che non dalla sinistra.
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