Cosa insegnano Netflix, Spotify e Airbnb per combattere l’evasione
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Se c’è qualcosa che il modello Netflix, Spotify e Airbnb può insegnare alla politica è che il modo migliore per far emergere il nero e combattere l’evasione fiscale non è tanto quello di cedere al populismo penale rendendo più salate le multe per chi sgarra ma è quello di disincentivare l’illegalità rendendo più sconveniente il modello non legale
di Claudio Cerasa | 08 Novembre 2015 ore 12:00Foglio
Lasciate perdere le polemiche sul contante, le guerre contro l’Agenzia delle entrate, le discussioni sull’eredità di Vincenzo Visco, le chiacchiere sulle spedizioni punitive a Cortina e le cifre sparate più o meno a casaccio sull’evasione fiscale che si mangerà l’Italia e sul mercato del nero che blocca il nostro paese in modo letale. Lasciate perdere per un attimo l’ideologia e le conversazioni da bar e se volete capire qual è l’unico modo possibile per combattere l’evasione fiscale e per far emergere quel nero che da decenni è parte integrante del nostro sistema economico cominciate a studiare con più attenzione cosa rappresenta oggi quel modello rivoluzionario a cui si richiamano i geniacci di Netflix, Spotify, Airbnb.
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Cos’è Netflix? E’ una società statunitense nata nel 1997 e appena arrivata in Italia che offre un servizio di noleggio di dvd e un servizio di streaming online on demand accessibile tramite abbonamento: paghi un fisso al mese, basso, e da quella piattaforma puoi scaricare gratis tutto quello che vuoi. Cos’è Spotify? E’ un servizio musicale che offre lo streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed etichette indipendenti: paghi un fisso al mese, anche qui, e da quella piattaforma puoi scaricare gratis tutto quello che vuoi. Cos’è Airbnb? E’ un portale online che mette in contatto persone alla ricerca di alloggi per brevi periodi con persone che dispongono di spazio da affittare. Si paga una piccola commissione e il resto è fatto.
Fatta questa premessa in pochi si rendono conto però che quanto fatto da Netflix, Spotify e Airbnb nei rispettivi campi è più o meno la stessa operazione compiuta nel 2001 da Apple quando presentò sul mercato un lettore di musica digitale basato su hard disk chiamato “iPod” grazie al quale, combinandolo con iTunes, la libreria online di Apple, Steve Jobs fece la stessa cosa che a loro modo fanno oggi i 75 milioni di utenti di Spotify, i 40 milioni di utenti di Airbnb, i 65 milioni di utenti di Netflix: offrire un servizio semplice con costi relativamente limitati, così competitivo da portare gli utenti a far emergere in vari settori quella che poteva e può considerarsi un’economia in nero e illegale. E’ andata così con iPod e con iTunes, grazie ai quali all’inizio degli anni Duemila milioni di utenti hanno iniziato a scaricare canzoni non più solo illegalmente e portando benefici non solo a Steve Jobs ma anche alle case discografiche. E’ andata così con Airbnb, grazie alla quale milioni di persone che affittavano in nero la propria casa di fronte a un servizio a basso costo e molto competitivo hanno scelto di far emergere quello che in qualche modo era un mercato nero. E’ andata così naturalmente con Spotify, che ha seguito con successo, migliorandola persino, la stessa formula adottata da iPod. E’ andata così con Netflix il cui merito, tra gli altri, è stato quello di aver portato milioni di utenti smanettoni, abituati a scaricare sui vari nowvideo o putlocker (sapete di cosa stiamo parlando) film in streaming, a scegliere la via più comoda di un abbonamento a basso costo – che ti permette di vedere film in streaming senza dover perdere ore e ore a trovare il giusto link per scaricare il tuo film in modo illegale.
Ecco. Se c’è qualcosa che il modello Netflix, Spotify e Airbnb può insegnare alla politica è che il modo migliore per far emergere il nero e combattere l’evasione fiscale non è tanto quello di cedere al populismo penale rendendo più salate le multe per chi sgarra ma è quello di disincentivare l’illegalità rendendo più sconveniente il modello non legale. Da questo punto di vista, la forza di Netflix, Spotify e Airbnb è quella di aver abbassato nei rispettivi campi il costo dell’intermediazione e se il sistema dovesse essere applicato al mondo della politica, al tentativo di far emergere il nero e di disincentivare l’evasione fiscale, non c’è dubbio che il paragone non potrebbe che essere uno: abbassare le tasse in modo drastico per incentivare l’emersione dell’evasione fiscale e del nero. Nel caso specifico, a voler seguire il parallelismo, la disintermediazione operata da Netflix, Spotify e Aribnb coincide, a livello politico, con la riduzione delle possibilità d’intervento dello stato nella nostra vita quotidiana. E, se è vero che lo spazio eccessivo di intermediazione che ha lo stato si manifesta spesso in una serie di surreali meccanismi burocratici (alimentati da una spessa pubblica impazzita) che rendono persino complicato pagare le tasse, è altrettanto vero che non c’è modo migliore per adottare il modello Netflix sul fisco che rendere più produttivo lo stato intervenendo sulla spesa pubblica e riducendo il potere d’intermediazione di politici e burocrati nei confronti del cittadino, ai fini di un rapporto più diretto e snello tra pubblica amministrazione, contribuente (individuo o impresa che sia) e fisco.
Da questo punto di vista, Netflix, Airbnb e Spotify dimostrano che lo schema può funzionare se il nero e l’illegalità vengono combattuti non solo con regole ferree ma anche con servizi più facilmente accessibili e offerti a prezzi più bassi. E se si vuole parlare davvero di lotta all’evasione fiscale e all’economia nera lasciate perdere le polemiche sul contante, le guerre contro l’Agenzia delle entrate, le discussioni sull’eredità di Vincenzo Visco, proviamo tutti a ripartire da qui.
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