Se qualcuno manifesta contro l'opera, l'autorizzazione può essere revocata

Se la deriva intrapresa l'8 settembre, ricorrenza di una data fatidica, l'armistizio di Cassibile, giornata nera per l'Italia, non sarà corretta, potremo consegnare le chiavi del paese alla Troika senza ripensamenti.

 di Sergio Luciano Italia Oggi 18.9.2015

Altro che «svolta buona». Se la deriva intrapresa l'8 settembre, ricorrenza di una data fatidica, l'armistizio di Cassibile, giornata nera per l'Italia, non sarà corretta, potremo consegnare le chiavi del paese alla Troika senza ripensamenti. L'8 settembre il Tar del Lazio, con una sentenza clamorosa, ha infatti respinto un ricorso presentato da un'azienda specializzata nella produzione di forni crematori (che brutto mestiere!) contro una delibera del comune di Borgorose (Rieti). In questo ridente paesino laziale la giunta ha dapprima assegnato e poi revocato l'appalto alla ditta per realizzare uno dei funerei aggeggi. La ditta appaltatrice aveva fatto ricorso contro la revoca. E il Tar, nel respingerlo, ha motivato spiegando che in giunta erano sorti «alcuni profili inerenti una nuova valutazione dell'interesse pubblico» vale a dire «la manifestazione da parte della popolazione del comune della contrarietà alla realizzazione dell'opera e l'interesse primario, dunque, a rispondere ai bisogni manifestati dalla stessa popolazione». Secondo il Tar «tale motivazione rende prevalenti le ragioni di opportunità della nuova scelta, con conseguente conferma della qualificazione del provvedimento in termini di revoca».

La vicenda, meritoriamente svelata da «Formiche.net», sancisce il trionfo legale dell'arbitrio populista. La fine di qualsiasi ordinata prevedibilità nei rapporti stato-mercato. L'apoteosi della sindrome del «nimby» (not in my backyard, non nel mio giardino) che ispira il 99% dei movimenti ambientalisti italiani, dai no-Tav piemontesi ai no-Tap pugliesi. Significa, in definitiva, che nessuna decisione statale sarà mai più sottratta all'incubo di una revoca, se incomberà la pressione dell'opinione pubblica. Fine dello stato di diritto, avvento formale della Repubblica delle banane. Si sancisce la facoltà incondizionata al «ripensamento» sotto gli «umori della piazza», come ha commentato il giudice Massimiliano Atelli.

Le procedure amministrative in vigore in Italia, già straordinariamente lunghe, avevano però finora trovato un termine nell'itinerario politico di una delibera, comunale, regionale o nazionale che fosse. Una volta approvata, la si eseguiva. Dopo un simile pronunciamento, questo limite salta: ogni decisione è reversibile, costi quel che costi.

Ebbene, di sicuro, dopo il varo della riforma del senato, grazie a Calderoli ormai più vicino, sarà bene che il governo Renzi si occupi delle autonomie locali. Per tagliare le unghie alle regioni scialacquatrici. E circoscrivere in ambiti «normali» il potere abnorme dei Tar, generatore di simili mostri.

Categoria Italia

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata