Alla ripresa italiana manca l’offerta oltre alla domanda
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Il guaio è che la maggiore domanda è soddisfatta più dalla produzione estera (le importazioni) che da quella interna
La Voce 01.09.15 Francesco Daveri
Molti attribuiscono la bassa crescita del Pil alla carenza di domanda. Non è così. L’Istat dice che nel secondo trimestre i consumi si sono risvegliati con una crescita dello 0,4 per cento. Il guaio è che la maggiore domanda è soddisfatta più dalla produzione estera (le importazioni) che da quella interna.
Si consolida una ripresa più lenta che in passato
Con la diffusione delle stime Istat sulla crescita del Pil (rivista al rialzo al +0,3 per cento) e delle sue componenti (consumi, investimenti, spesa pubblica, export e import) nel secondo trimestre 2015, si può ritornare con maggiore precisione sulle ragioni che frenano la ripresa nell’economia italiana.
Dalla tabella sotto (che contiene un confronto con le riprese del passato) si vede che la crescita del Pil trimestrale nel primo semestre 2015 (mediamente al +0,35 per cento nel primo e nel secondo trimestre 2015) è in linea con quella sperimentata nella precedente ripresa del 2009-11 e nettamente inferiore alle riprese del recente passato (fine anni Novanta e anni Duemila). Il fatto che le riprese di oggi non siano più di quelle di una volta è già stato discusso in un articolo precedente su questo sito.
I dati Istat di oggi arricchiscono il quadro presentato in precedenza perché includono informazioni sull’evoluzione delle componenti del Pil. I dati vanno contro l’opinione consolidata di molti che identificano nella sola carenza di domanda la causa della bassa crescita in Italia. L’Istat dice che nel secondo trimestre 2015 i consumi si sono risvegliati con una crescita dello 0,4 per cento (dunque superiore alla crescita del Pil) mentre nel primo trimestre erano diminuiti leggermente. Gli investimenti, dopo il boom del primo trimestre, fanno invece registrare una nuova flessione. Nella tabella (che riporta il dato medio tra i due trimestri) si vede che la crescita dei consumi nel primo semestre 2015 è stata dello 0,2 per cento e quella degli investimenti dello 0,5 per cento. La domanda interna del settore privato è dunque ripartita, e questa è un’importante novità. La domanda estera (l’export) fa – come al solito – meglio della domanda interna privata (è stata l’unica voce a rimanere positiva anche nei trimestri più negativi), con un +1,2 per cento nel secondo trimestre e un dato medio di +0,9 nel primo semestre 2015. Tra le varie voci del Pil a languire c’è solo la spesa pubblica in beni e servizi che cala marginalmente dello 0,1 per cento. Qui però c’è da ricordare che un’altra metà della spesa pubblica, quella in trasferimenti, non è contabilizzata nel Pil (che misura solo la produzione di nuovi beni e servizi e non i trasferimenti di reddito da una categoria all’altra). E la voce “trasferimenti” non è certo calata in questi anni, compensando la marginale riduzione della spesa in beni e servizi.
La crescita frenata anche dall’offerta
Nel complesso, dunque, la domanda interna ed estera del settore privato vanno piuttosto bene e, sommate insieme, crescono dello 0,4 per cento, cioè di un’incollatura in più rispetto al Pil (che fa registrare, come detto, un +0,35). Ma questa accresciuta domanda viene soddisfatta più che in passato da produzione estera (le importazioni, in crescita del 2,2 per cento nel secondo trimestre 2015, e del 2 per cento nel semestre) anziché da produzione interna (il Pil). Se a soddisfare la domanda di famiglie e imprese sono produttori esteri, il volume di produzione industriale e dei redditi generati in Italia ne soffre per forza. E il Pil cresce meno di quanto potrebbe.
L’entità di questo fenomeno (il crescente boom dell’import durante la ripresa) è particolarmente evidente se si confrontano i dati su consumi e investimenti con quelli delle importazioni nel corso del tempo. Durante la ripresa del 1999-2001, il +0,5 di crescita dei consumi e il +1,3 di crescita degli investimenti “richiedeva” un aumento delle importazioni di +1,6 per cento. Nelle riprese successive il rapporto tra crescita delle importazioni e crescita di consumi e investimenti è sempre cresciuto. Nella ripresa attuale, il magro +0,15 di consumi e il +0,45 di investimenti alimenta un aumento del 2 per cento delle quantità importate. E’ il frutto solo parzialmente inevitabile della globalizzazione che sposta i fornitori e ciò che ieri si chiamava l’indotto delle grandi imprese sempre più spesso all’estero. A pesare sull’aumento delle importazioni è però anche la perdita di competitività subita dall’Italia negli anni della crisi (per la minore produttività a fronte di salari che hanno continuato a crescere sia pure in misura minore che in passato), solo parzialmente compensato dal deprezzamento dell’euro degli ultimi dodici mesi. Siccome l’andamento dell’euro sembra essersi stabilizzato, diventa ancora più urgente ristabilire le condizioni per un recupero di convenienza a localizzare la produzione entro i confini nazionali: riducendo davvero tutte le imposte, accelerando la soluzione dei contenziosi nella giustizia civile e completando le riforme in cantiere per rendere la pubblica amministrazione e la scuola sempre più al servizio degli utenti. Ben di più che politiche di sostegno alla domanda.
Tabella – Il Pil e le sue componenti durante le riprese di oggi e di ieri