Non fossilizzarsi sul pil. Il capo dell’Enel ci spiega perché l’Italia cammina
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con i piedi d’argilla. “Chi governa deve puntare sulle riforme non popolari, per non tornare al punto di partenza”. Chiacchierata con Starace
Francesco Starace (foto LaPresse)
di Claudio Cerasa | 28 Luglio 2015 ore 06:15 Foglio
Roma. Al sesto piano dei suoi uffici in viale Regina Margherita, sede dell’Enel, struttura ministeriale, convegni in corso, slide che passano veloci da una sala all’altra del palazzone a due passi dai Parioli, l’amministratore delegato Francesco Starace è qui che legge con interesse l’ultimo lancio di agenzia che riporta un dato significativo e preoccupante che arriva dagli studi del Fondo monetario internazionale. Sintesi: in Europa la ripresa si sta materializzando, sì, ma il percorso è ancora molto lungo, e senza una significativa accelerazione della crescita i risultati sul fronte della disoccupazione ci saranno forse tra una ventina d’anni. L’amministratore delegato di Enel, conversando con il Foglio, dice di osservare con ottimismo i prossimi mesi che dovrà affrontare l’Italia ma riconosce che vi sono ancora dei forti punti di criticità che riguardano tanto il percorso italiano quanto soprattutto quello europeo. “Gli ultimi mesi di dibattito politico europeo – dice Starace al Foglio – hanno dimostrato che l’euro è uno strumento insostituibile ma ci sono ovviamente margini di miglioramento, anche attraverso un processo di maggiore integrazione politica. Oggi, purtroppo, come si sa, abbiamo una moneta e un’Eurozona dove esiste una forte disarmonia tra i paesi membri. E lavorando in molti di questi paesi, non capisco che senso possa avere ritrovarsi ad esempio con aliquote fiscali diverse da una nazione a un’altra, con sistemi giuridici diversi da un paese all’altro, da una regione all’altra, con un’Iva che cambia se si superano i confini di un paese, e così via. E’ sciocco dire che l’euro non funziona. E’ più corretto dire che benefici e malefici della moneta unica, tra presente e passato, riguardano tutti i paesi, e che oggi bisogna lavorare per costruire, e non per distruggere”.
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D’accordo con la premessa. Ma se non è l’Europa la causa dei problemi italiani quali sono i freni che impediscono al nostro paese di correre come gli altri? “Credo – dice Starace – che la politica abbia il compito e il dovere in una fase delicata come questa di lavorare pensando non soltanto a ciò che può assicurare popolarità ma anche, verrebbe da dire soprattutto, a ciò che può garantire un buon grado di benessere per il paese. Per sbloccare il nostro paese nei prossimi mesi servirebbero misure che abbiano un impatto e un’incisività simile a quella che ha avuto una riforma tosta e per nulla popolare come il Jobs Act, con conseguente revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e le due partite che determineranno una svolta nell’Italia, e che ci permetteranno di essere al passo con paesi che in Europa crescono anche più di noi, a mio avviso riguardano la riforma fiscale e la riforma della Pubblica amministrazione. Sono convinto che all’interno della riforma annunciata dal presidente del Consiglio sulle tasse ci sia un aspetto fondamentale che spesso viene ignorato. La revisione della tassazione sulla prima casa la considero corretta e credo possa avere il beneficio di avere un impatto potenziale sull’economia reale ma ciò che credo sia importante mettere a fuoco è che semplificare il fisco oggi è il modo più semplice per combattere l’evasione fiscale e per far emergere quella parte di ricchezza nazionale che per un insieme di fattori rimane periodicamente sotto il tappeto del nostro paese. Per combattere l’evasione fiscale, la repressione è uno strumento, ma non è sufficiente: è necessario non dare più agli evasori gli alibi legati all’attuale complessità del sistema fiscale”.
Starace accenna anche al fatto che “in Italia esiste oggettivamente un problema legato alla “varietà del diritto a livello regionale”, che spesso è causa di diffidenza degli investitori stranieri”. Sul tema degli scioperi selvaggi riconosce invece, senza però voler generalizzare, che la strumentalizzazione di pochi è sbagliata, ma bisogna tener conto che gli scioperi sono generalmente legati a una serie di difficoltà esistenti, e la soluzione non è tentare di reprimere i sindacati, ma risolvere i problemi alla base”.
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