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giorni ai loro clienti di comprare con decisione azioni italiane quando la vicenda Grecia è ancora aperta
di Paolo Panerai . Italia Oggi
Com'è possibile che tre fra le principali banche d'affari del mondo, quasi in simultanea, consiglino in questi giorni ai loro clienti di comprare con decisione azioni italiane quando la vicenda Grecia è ancora aperta e due giorni sì (come giovedì e venerdì) e uno no le borse perdono pesantemente terreno? È autentica la loro convinzione che sia il momento di comprare Italia, ma di guardare con prudenza i Btp, colpiti dalla volatilità auspicata da Mario Draghi? Il dubbio è legittimo, anche senza mettere in discussione la serietà di Goldman Sachs, Credit Suisse e Morgan Stanley. Non è raro che sul mercato si organizzino operazioni di pura speculazione, avendo magari da vendere titoli acquistati quando il mercato era molto più basso come è stato fino a un anno fa. Tuttavia non sembra essere questo il caso, visto il modo deciso con cui le tre banche suggeriscono ai loro clienti di comprare azioni italiane. La logica di questa proposta è semplice: i cali di questi giorni sono dovuti alla mancata chiusura della vicenda Grecia, che però prima o poi, in un senso o nell'altro, secondo le tre top bank si chiuderà; a scendere in Piazza Affari sono soprattutto le banche, che costituiscono la parte più consistente del listino e che, pur essendo esposte verso la Grecia meno di quelle di altri paesi, hanno avuto inevitabilmente un calo; ma proprio le cadute dei corsi di questi giorni in Italia sono un elemento in più per acquistare, anche se la ragione di fondo per investire in Piazza Affari, secondo le tre top bank, è che comunque la borsa italiana ha finora recuperato molto meno di tutte le altre, mentre quasi tutti i centri di ricerca e di analisi vedono che l'Italia ha svoltato e sta recuperando nell'economia reale.
Questa visione positiva trova una conferma nella foto in prima pagina di questo numero e che ha più del valore simbolico attribuitogli dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel discorso per l'inaugurazione della nuova livrea e dei nuovi interni degli aerei Alitalia. L'Alitalia che ridecolla dopo l'ingresso di Etihad porta con sè molti valori positivi, specialmente se si pensa al livello di fallimento in cui la compagnia di bandiera era arrivata.
Nell'hangar 7 di Fiumicino per una volta non sono stati fatti discorsi retorici, né dal presidente Luca Cordero di Montezemolo, che si è quasi scusato con l'ad Silvano Casano per essere entrato spontaneamente in dettagli operativi e di marketing; né tanto meno da vicepresidente di Alitalia e ceo di Etihad, il tosto australiano James Hogan.
Montezemolo: Alitalia deve portare l'Italia nel mondo e portare in Italia il mondo; per questo non abbiamo ritoccato solo la livrea pulendola ed evidenziando ancora di più la bandiera italiana; non abbiamo solo migliorato l'eleganza dei nostri aerei; non abbiamo solo scritto in grande Alitalia sotto la pancia della macchina in modo che chi la vede guardando in alto capisca che un pezzo d'Italia sta arrivando; ma soprattutto abbiamo curato il nuovo arredo degli aerei come fosse una elegante casa italiana, inclusa la classe economica, dove in segno di attenzione verso tutti i passeggeri, sarà possibile avere a disposizione lo stesso servizio wifi della business.
Sembrava di vedere il Montezemolo di quando riportò alla vittoria la Ferrari. Ma anche il Montezemolo che non si dimentica di concedere l'onore delle armi a chi ha avuto un ruolo decisivo in un'operazione che sembrava disperata, come il salvataggio di Alitalia. «Sono non pochi quelli che hanno contribuito a farci trovare qui, con la sicurezza di aver salvato non solo una società storica ma anche di aver creato le premesse perché come nel passato remoto Alitalia porti in giro per il mondo il meglio d'Italia che in tanti campi è il meglio del mondo», ha detto quasi con commozione. «Ma ci sono due persone che sento il dovere di ringraziare citandole per nome e cognome: Gianni Letta, che negli anni bui fino al 2011 e anche dopo ha lottato perché l'Alitalia fosse rilanciata, e il ministro dei Trasporti della conclusione dell'accordo con Etihad, Maurizio Lupi».
In occasione dell'inaugurazione dell'Expo, soltanto Renzi, non anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e neppure il Commissario governativo, Giuseppe Sala, né presidente della Lombardia, Roberto Maroni, avevano avuto l'attenzione di ringraziare l'ex sindaco, Letizia Moratti, che aveva conquistato l'Expo a MIlano e che pur essendo commissario straordinario ad personam non esitò a lasciare a Pisapia l'incarico quando non fu rieletta.
Ma Montezemolo si è ricordato anche dell'imprenditore privato che ha creduto di più e che più ha investito per la rinascita dell'Alitalia, il presidente della Piaggio, Roberto Colaninno. Che Montezemolo ha chiamato accanto a sè e accanto a Hogan e a Cassano per premere il pulsante che ha sollevato il sipario davanti all'aereo A 300 completamente rifatto come modello per tutta la flotta.
«Caro Roberto», ha scherzato Lupi. «Ti è costato caro poter schiacciare quel pulsante....». E Colaninno: »Sì, ma sono sicuro di aver fatto un buon investimento e anche di aver contributo alla più importante operazione industriale degli ultimi anni in Italia».
Guardando in controluce il rilancio dell'Alitalia si legge quello che può essere il modello per molti altri rilanci: il saper fare, il saper porgere, la qualità del cibo, del confort, delle bellezze dell'Italia, ma anche di alcune tecnologie sofisticate... per tornare a creare posti di lavoro hanno bisogno di nuovi capitali, che come nel caso di Etihad possono, devono arrivare da dove negli ultimi decenni i capitali si sono accumulati.
Per questo Montezemolo dovrà avere l'incarico di consulente strategico a Palazzo Chigi per l'internazionalizzazione degli investimenti in Italia, per l'export italiano e più in generale per il made in Italy. La presidenza di Alitalia e del comitato per le Olimpiadi a Roma, sono posizioni strutturali per il rilancio del meglio dell'Italia. E in tal senso il disegno di Renzi ha una razionalità evidente.
Come hanno spiegato Hogan e Cassano, Alitalia ritornerà ad avere un margine operativo positivo nel 2017. Come a indicare che il cammino è lungo ed è appena iniziato. «Sono 150 giorni che stiamo lavorando sodo», ha detto Cassano. «Ma non abbiamo tralasciato niente per poter essere i numeri uno nel mondo dell'aviazione civile. Ogni dettaglio dei nostri aerei è il frutto di un'analisi comparativa con il meglio di tutte le compagnie più qualificate. Per questo siamo sicuri che con Linate e con tutta la nostra attività al Nord d'Italia toglieremo quote di mercato a Lufthansa».
Come Hogan, che molti anni fa lavorava in Hertz, anche Cassano ha avuto una forte esperienza nel noleggio automobilistico, proprio in Hertz anche lui. E anche Ariodante Valeri, chief commercial officer, è arrivato in passato ai vertici di Hertz. Un lavoro in cui il servizio che deve svolgere il personale a favore dei clienti è fondamentale. In Alitalia il servizio è ancora più importante, se gli aerei sono di prima qualità.
Su questa strada il lavoro da fare è enorme, anche se è già stato avviato con determinazione: per esempio coinvolgendo il personale con la scrittura di pensieri e propositi sul futuro di Alitalia, che sono stati trascritti sulla carlinga di un altro aereo con già la livrea di coda aggiornata. Ma non è che l'inizio; sono migliaia i dipendenti di Alitalia che dovranno passare dal centro addestramento di Abu Dhabi, per aumentare il senso di appartenenza, per perdere alcuni vizi inveterati a un sindacalismo spinto, per capire che a bordo non basta dire buongiorno o buonasera e comunque benvenuto.
Uno dei punti critici e negativi di Alitalia è la fase di imbarco, dove spesso viene accumulato il ritardo che peraltro è sempre meno: per una storia incredibile, salvo gesti spontanei, hostess e steward non sono tenuti ad aiutare i passeggeri con il bagaglio a mano. Così, finora, l'hostess e lo steward in piedi all'ingresso del vettore si limitano a controllare il biglietto; quello collocato a metà a dire benvenuto a bordo al pari di quello in coda. Chi ha viaggiato con le compagnie low cost sa che non c'è un personale di bordo che sia in permanente movimento per tagliare i tempi di imbarco aiutando i passeggeri.
Ho chiesto a un capo cabina, che sorprendentemente (si fa per dire in relazione alla vecchia Alitalia) aveva sul suo tablet nome e cognome di tutti i passeggeri con carta Freccia Alata e relativo numero di Millemiglia per poter consigliare l'impiego delle stesse, come mai il personale di bordo non si scomponesse ad aiutare a collocare i bagagli sulla cappelliera o sotto il sedile, rimanendo immobile come una statua. La sua incredibile ma vera spiegazione: alcuni anni fa una hostess per issare un bagaglio pesante sulla cappelliera si lussò gravemente la spalla; sembra che l'assicurazione non gli avesse riconosciuto il grave danno fisco e pertanto i sindacati ottennero che il personale di cabina non dovesse più toccare un bagaglio.
Sono sicuro che quando il vertice della nuova Alitalia scoprirà questa regola, sempre che non l'abbia già scoperta considerato il lavoro di due diligence svolto in tutti i settori e in particolare nell'area delle risorse umane, molte cose cambieranno a bordo e nella fase di imbarco, sì da eliminare ritardi come quello del volo Roma-Milano delle 21 di giovedì 4, che ha accumulato un ritardo di 50 minuti, senza che i passeggeri abbiano potuto sapere perché. E quella di imporre ai piloti di dialogare con i passeggeri è già una regola scritta, non solo per dare spiegazione, ma proprio per far sentire che chi comanda a bordo ha come primo obiettivo servire i passeggeri. Non pochi piloti si sono già adeguati, ma anche chi pensa di essere ancora nella vecchia Alitalia dovrà farlo rapidamente.
Se l'Alitalia ritornerà presto a conti positivi come appare certo, è chiaro che vorrà dire che è tutta l'Italia che ha ripreso a marciare perché è davvero difficile trovare in Italia un'azienda con una storia tanto prestigiosa come quella della compagnia di bandiera e diventata non solo per distorsioni sindacali, ma molto per queste, tanto inefficiente da essere stata a lungo con i piedi ai bordi del baratro. (riproduzione riservata)
Paolo Panerai