Debito pubblico puntellato da Poste e banche popolari
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resta pesantissimo e crescente il macigno del debito pubblico, quasi 2.200 miliardi, pari a oltre il 133% del prodotto interno lordo
di Sergio Luciano, Italia oggi 4.4.2015 1
Anche se la passione tutta italiana per la dietrologia è spesso cattiva consigliera, è pur vero che a pensar male si fa peccato ma spesso s'indovina. Ripassando le macro-cifre della finanza pubblica, è evidente che, a dispetto di qualche passo avanti sulle partite correnti, resta pesantissimo e crescente il macigno del debito pubblico, quasi 2.200 miliardi, pari a oltre il 133% del prodotto interno lordo.
Va bene che lo spread tra i Btp e i Bund è calato; va bene che anche l'Italia verrà beneficiata da un po' di ripresa economica. Ma quando potremo mai riequilibrare un simile problema, riconducendo il rapporto debito/pil verso quel 60% dettato dall'Europa, senza una privatizzazione massiva del patrimonio pubblico di cui non c'è alcuna avvisaglia? Una domanda senza risposta.
Invece no: volendo permettersi di pensar male, una risposta transitoria questa domanda la trova. E circola con insistenza negli ambienti finanziari più attenti alle logiche e alle relazioni dei grandi gruppi finanziari americani in Italia.
La risposta è questa: se i mercati finanziari «fingono di credere» alle possibilità di un riequilibrio patrimoniale dello stato italiano, è perché puntano, in realtà, con ottime chance, a un altro tipo di compensazione, cioè a convogliare a proprio vantaggio ingentissimi quote degli investimenti privati delle famiglie italiane.
Come fanno a contarci? Possono, perché il governo, privatizzando le Poste e soprattutto lasciando in pasto ai grandi gruppi finanziari internazionali il controllo delle dieci principali banche popolari italiane (chi altrimenti potrebbe comprarsele, quando saranno spa?), renderà possibile una modifica in senso privatistico e internazionale dell'«asset allocation» (cioè della politica d'investimento) di una buona fetta di quei 4-5 mila miliardi di ricchezza mobiliare delle famiglie italiane custodite appunto in quegli istituti. Soldi che oggi finiscono prevalentemente investiti in titoli di stato nazionali e domani andranno dove decideranno i grandi gestori stranieri.
Non c'entra la Spectre, né il misterioso Club Bilderberg: è puro buon senso, ed esperienza di mercato. Se lo stato italiano è indebitato, i cittadini sono molto benestanti. In un modo o nell'altro queste partite dovranno bilanciarsi.