Lavoro, adesso spunta la figura del quasi-dipendente
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L’economia digitale favorisce la creazione di rapporti a metà tra collaborazione e lavoro dipendente, non previsti dal Jobs act. Così devono intervenire i giudici. Il terzo genere di rapporto è per ora una creazione giurisprudenziale che ha l’obiettivo di garantire maggior tutela alle nuove fattispecie
di Marino Longoni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 18.2.2019 www.italiaoggi.it
Tra le collaborazioni coordinate e continuative e i rapporti di lavoro dipendente spunta una terza forma di rapporto di lavoro che si potrebbe chiamare «quasi-dipendente». È la realtà del mondo del lavoro, sempre più dinamica grazie soprattutto alle nuove tecnologie digitali, che si impone sui tentativi del legislatore di rinchiuderla in rigidi schemi ideologici.
Il terzo genere di rapporto di lavoro, diverso sia dal lavoro subordinato disciplinato dall'articolo 2094 del codice civile, sia dalla collaborazione prevista dall'articolo 409 n. 3 del codice di procedura civile, è per ora una creazione giurisprudenziale che ha l'obiettivo esplicito di «garantire maggior tutela alle nuove fattispecie di lavoro che, a seguito della evoluzione e della relativa introduzione sempre più accelerata delle recenti tecnologie, si stanno sviluppando». A scrivere queste parole è la Corte d'appello di Torino che, giudicando su un contenzioso insorto tra Foodora e sei rider, ha respinto la domanda di trasformare il rapporto di collaborazione in lavoro dipendente, in applicazione dell'articolo 2 del Jobs act, ma ha individuato tra le pieghe della disciplina del diritto del lavoro questa nuova tipologia contrattuale che si avrebbe ogni volta che il datore di lavoro è in grado di esercitare il suo potere gerarchico direttivo (come avviene regolarmente nel lavoro subordinato) e tuttavia il lavoratore può a sua volta organizzare autonomamente l'esecuzione della propria prestazione.
Di fatto l'articolo 2 del Jobs act, finora interpretato come volontà del legislatore di trasformare in contratto di lavoro dipendente tutte quelle collaborazioni caratterizzare dall'etero organizzazione da parte del datore di lavoro, ha generato un ibrido che non è né l'una né l'altra cosa. Perché certe attività, come quella dei rider, ma anche di molte altre tipologie contrattuali, sembrano possedere caratteristiche sia del lavoro dipendente sia del rapporto di collaborazione. Non sono completamente riconducibili né all'uno né all'altra.
Il giudice torinese precisa anche che a questi lavoratori (quasi-dipendenti) si applicheranno le regole fiscali, contributive e tutte le altre garanzie tipiche del lavoro dipendente. Con l'esclusione del potere disciplinare e gerarchico e della disciplina del licenziamento, perché il lavoratore non è, a tutti gli effetti, un dipendente.
Si tratta di un approccio che, se prenderà piede, è potenzialmente in grado di trovare applicazione nei confronti di centinaia di tipologie contrattuali, particolarmente di quelle legate alla cosiddetta new economy, molto spesso incentrate sulla capacità del lavoratore di auto-organizzare le modalità di svolgimento della propria prestazione. Gli obiettivi aziendali sono ovviamente di competenza del datore di lavoro e il lavoratore è inserito all'interno dell'organizzazione aziendale, ma questi è in grado di «organizzare autonomamente la propria attività lavorativa».
Il costo della libertà riconosciuta al lavoratore è dato dalla mancanza di garanzie in ordine alla continuità della prestazione lavorativa. Un elemento, però, che nei rapporti sempre più dinamici e nei contesti sempre più fluidi, legati all'innovazione continua, tipici del mondo digitale e delle attività ad esso collegato, avrebbe comunque scarso significato in termini concreti (le aziende della new economy aprono, si trasformano e chiudono con una velocità mai vista prima).
L'individuazione della figura del quasi-dipendente smentisce l'interpretazione del Jobs act finora data dal ministero del lavoro, tendente a restringere entro ambiti limitati la figura delle co.co.co e a considerare lavoro subordinato tutto il resto. Si tratta di una creazione giurisprudenziale in grado di fare molta strada. Sempre che il legislatore decida di lasciargli campo libero.