Il ministro Giannini contro il boicottaggio accademico di Israele
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Il ministro dell'Istruzione interviene sulle firme dei professori italiani contro Gerusalemme di cui aveva scritto il Foglio
di Redazione | 17 Febbraio 2016 ore 10:49 Foglio
Durante il conferimento di una laurea honoris causa alla presidente dell'Unesco, Irina Bokova, il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini è intervenuta in merito alla campagna per il boicottaggio accademico di Israele lanciato in Italia due settimane fa e che ha raccolto 312 firme.
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"Ho molto apprezzato la risposta data dalla Conferenza dei Rettori delle università italiane all’appello firmato da alcuni docenti universitari per il boicottaggio del Technion di Haifa", ha detto il ministro Giannini. "L'accusa è che in quella Università si faccia ricerca finalizzata anche a generare oppressione ai danni del popolo palestinese. L’Italia, la cui amicizia con Israele è profonda e che non sottovaluta la minaccia all'esistenza e alla vita dello Stato portata da gruppi terroristici, sostiene tutti gli sforzi negoziali per giungere a una pace duratura. Ma non è questo il punto. È l'idea stessa di progresso della scienza che, per principio, esclude la modalità del boicottaggio".
Lo scorso 2 febbraio, Giulio Meotti aveva scritto per primo della vicenda su queste colonne, parlando di un "il salto di qualità, con tanto di apprezzamento da parte di Hamas, che sul suo sito ufficiale scrive: 'Il Movimento per la Resistenza Islamica saluta una petizione di accademici e ricercatori italiani per boicottare le istituzioni e le università di ricerca israeliane'. A parlare così è Sami Zuhri, il portavoce del regime islamista di Gaza. Il riferimento è al documento, firmato da 168 accademici italiani, che invita a boicottare l’accademia israeliana, a cominciare dal Technion di Haifa, fucina di ben quattro premi Nobel. I 168 docenti e ricercatori italiani hanno messo giù un vero e proprio programma di lavoro: 'Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro'" (qui l'articolo in versione integrale).
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1-I protocolli dei prof. contro Israele
Iniziarono in otto, oggi sono diventati un partito. 168 accademici italiani, fra cui alcuni dei Lincei, aderiscono al boicottaggio dello stato ebraico. I capi di Hamas li ringraziano. Qualcuno si ricorda di Tullio Levi Civita?
di Giulio Meotti | 02 Febbraio 2016 ore 13:12
COMMENTA 9 | |
Roma. Il movimento per il boicottaggio di Israele ufficialmente è arrivato in Italia nel febbraio 2003, quando una decina di professori dell’Università di Venezia Ca’ Foscari invitò a boicottare lo stato ebraico. “Non assisteremo a conferenze in Israele e non risponderemo alle richieste scientifiche e culturali che arriveranno dallo stato ebraico”, si leggeva nella decisione dei docenti veneziani guidati da Riccardo Zipoli, direttore del dipartimento di Studi eurasiatici dell’università veneziana. Contemporaneamente, all’Università di Bologna, un gruppo di professori fece circolare un documento agghiacciante: “Abbiamo sempre considerato il popolo ebreo intelligente, sensibile, forte forse più di tanti altri perché selezionato nella sofferenza, nelle persecuzioni, nelle umiliazioni subite per secoli, nei pogrom e nei campi di sterminio nazisti. Sentiamo purtroppo che la nostra stima e il nostro affetto per voi, per il popolo ebreo, si sta trasformando in dolorosa rabbia per quello che state facendo al popolo palestinese”. Ma da allora, l’Italia era rimasta fuori dalle grandi iniziative culturali contro Gerusalemme che stavano prendendo piede in tutte le università d’Europa. Fino a oggi.
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Lo scorso ottobre il giornale inglese Guardian ha pubblicato un appello simile con trecento firme e fra queste molte italiane. Qualche mese prima, cinquecento antropologi avevano approvato il boicottaggio d’Israele e anche quella volta, fra i firmatari, comparivano tanti italiani. Come nell’appello all’allora commissario europeo alla Ricerca, Máire Geoghegan-Quinn, per chiedere l’esclusione delle università israeliane. La prossima primavera, la Società Italiana di studi sul medio oriente terrà una tavola rotonda sul boicottaggio durante la sua conferenza annuale. Per la prima volta un’associazione universitaria discuterà pubblicamente di come isolare i colleghi israeliani. Il panel si intitolerà “Conoscenza e Potere”, è organizzato da Paola Rivetti dell’Università di Dublino e avrà come ospite Laleh Khalili, l’accademica di origini iraniane della University of London che, nel 2005, promosse il boicottaggio dell’Association of University Teachers, il più grande sindacato di insegnanti del Regno Unito. Da allora, il boicottaggio di Israele ha contaminato tanti pezzi dell’accademia europea.
Ieri il giornale israeliano Haaretz riportava la notizia di un docente inglese che ha rifiutato di collaborare con uno dei suoi laureandi soltanto perché israeliano: “Temo che, come parte del boicottaggio istituzionale osservata da parte di alcuni studiosi nei confronti delle organizzazioni israeliane, non posso aiutarla con la sua richiesta”.
In Italia è già successo, nel 1938, quando l’Unione matematica italiana sostituì in quanto ebreo il suo rappresentante nel comitato della rivista tedesca Zentralblatt für Mathematik, il celebre scienziato Tullio Levi Civita, con due matematici “ariani”, Francesco Severi ed Enrico Bompiani. Oltre a perdere la cattedra, Levi Civita fu cacciato da tutte le accademie italiane di cui era membro e venne addirittura vietata la ristampa del suo famoso trattato di meccanica razionale. Fu una prostituzione della scienza e della cultura. Come oggi.
Commenti
Vincenzo Fiorentini • 7 giorni fa
"Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane" : scusate, ma, come si dice a Eton, ma chi se li incucchia questi ?
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Giuseppe Cappa • 11 giorni fa
Il mondo accademico, cui tempo addietro purtroppo appartenevo, è del tutto dominato da comunisti pol. corr. antisemiti omosessualisti straccioni terzomondisti atei. In esso ebrei e cristiani hanno spesso vita difficile. Il boicottaggio in questione non mi sorprende affatto, essendo esso coerente col clima ideologico che si respira nelle università.
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patrick • 14 giorni fa
E chiaro che la "Laleh Khalili", iniciatrice del "movimento", iraniane, si preoccupa molto del benessere delle populazioni nel mondo come questi bravi professori; da noi si dice: "commence par balayer devant ta porte". Ma forse lei non ha sentito della sorte riservata agli omossessuali o alle donne adulterine o dei diritti umani nel Iran democratico ... Ci sono delle priorita che non capisco... Grazie a Giulo Meotti per il corragio, in Francia non si trova nemmeno un giornalista per osare scrivere cosi.
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Sergio • 14 giorni fa
Scusate tanto, ma non si dovrebbe fare tanta pubblicità a pochi fessi che non rappresentano nessuno; sono solo lo 0,0... della popolazione universitaria. Lasciamoli soli nella loro invidia per i loro colleghi israeliani.
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Ansgar Quabius • 14 giorni fa
Rivoltanti ipocriti, da un lato boicottano mentre dall'altro dolosamente usano prodotti e ricerche israeliani.
Invito questi "accademici" a usare esclusivamente prodotti islamici.
Questi sono, tra l'altro, i risultati dei cospicui fondi elargiti dai paesi arabi alle università europee. Bruxelles, per ovvie ragioni di lobby, dovrebbe impedire che alle università arrivino denari da paesi totalitari.
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Giuseppe Cappa Ansgar Quabius • 11 giorni fa
Impedire i finanziamenti islamici alle università? A Oxford, dove un tempo insegnavo, fioccano. Nella città di Oxford, un tempo felicemente popolata da preti, adesso c'è un'enorme moschea, peraltro.
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Ansgar Quabius Giuseppe Cappa • 9 giorni fa
Bruxelles ha poca o punta influenza in UK. In UK sono già a buon punto con l'islamizzazione.
Sono un fautore del principio di reciprocità. Secondo il quale sono lecite solo le azioni lecite in entrambi i paesi. In soldoni l'arabia saudita non potrebbe più costruire luoghi di culto in EU per esempio e molto altro ancora.
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guido valota • 14 giorni fa
Nauseabondi esattamente come quando hanno abbandonato la camicia nera per indossare quella rossa nel giro di una notte. Non è un caso che tra i premi Nobel che si distribuiscono tra fascisti rossi spicchino per rappresentatività ideale e culturale di quel popolo l'ex SS e l'ex repubblichino rastrellatore. È questa, la loro vera caratteristica antropologica, altro che superiorità.
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Hans Fallada • 15 giorni fa
Una vergogna, non c'è altro da aggiungere