“Noi, prof italiani in trincea, tra ricorsi e auto rigate”
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Sempre più diffusi il malumore e il timore dei docenti italiani: “Se gli studenti ci insultano o si ribellano siamo lasciati soli”
Newsletter 13/10/201 FLAVIA AMABILE La Stampa
ROMA
Ma alla fine i professori nelle scuole contano sempre meno anche in Italia. Schiacciati tra i dirigenti che da quest’anno avranno ancora più poteri grazie alla riforma della scuola del governo Renzi e gli studenti che in alcuni casi sembrano più a loro agio con le norme che con i compiti da studiare, che cosa resta ai docenti? «Non molto - risponde l’insegnate Angelo Petralia - siamo totalmente privi di strumenti. Se un ragazzo decide di aggredirci, di insultarci o di ribellarsi, alla fine siamo da soli».
Troppa paura di dire “no”. Questa è una cultura che non regge il fallimento (ALESSANDRO D’AVENIA)
«VITTIME»
È difficile immaginare i professori come persone inermi di fronte a una classe e sarebbe anche ingiusto pensare che sia sempre così. La realtà però è che sempre più spesso si verificano casi in cui ai professori non resta che il ruolo della vittima di tutti. Prendiamo la vicenda dello studente che si era presentato nel 2014 all’esame di maturità di un liceo scientifico paritario di Firenze. Era tornato a casa convinto di aver risposto bene e di avercela fatta. Invece è stato bocciato. Il ragazzo e i genitori hanno fatto ricorso al Tar e hanno vinto perché c’era stata una incomprensibile differenza di giudizi all’interno della commissione. Il ragazzo è stato promosso e la scuola è stata condannata a pagare le spese processuali.
Non è l’unico caso. Nel 2014 anche il Tar del Lazio aveva annullato la bocciatura di un ragazzo in un liceo classico romano. Secondo i professori, la media dei voti del ragazzo non era sufficiente a promuoverlo. Ma la famiglia dell’alunno ha contestato il fatto che le insufficienze erano nelle materie scientifiche e che i professori avrebbero dovuto valutare diversamente il profitto dell’alunno, privilegiando i voti su materie umanistiche ed evitando di fare la media matematica prima di decidere il voto in pagella. Ha vinto.
L’ALLEANZA
Sostenuti dai genitori, una parte degli studenti sa di avere sempre più potere e ne approfitta. Angelo Petralia insegna alle superiori a Milano. Ricorda che cosa gli è accaduto l’anno scorso. «Una ragazza mi ha lanciato una sedia e un ombrello addosso perché mi ero rifiutato di mandarla in bagno prima che fosse tornata la sua amica. Volevo evitare che perdessero tempo insieme fuori della classe». Di fronte a un’aggressione ci si aspetterebbe un provvedimento esemplare da parte della scuola. Invece, nulla. «Indifferenza totale da parte del dirigente. Sono talmente tanti gli episodi come questi che si finisce per lasciar correre per evitare problemi più gravi. Per noi professori è imbarazzante, significa perdere completamente il controllo della classe. A quel punto l’assicurazione servirebbe davvero».
I GIUDICI
Genitori e alunni possono opporsi a tutto e a volte trovano giudici che li assecondano. In Lombardia all’esame di maturità un ragazzo non ha consegnato il cellulare come è previsto dalle regole di tutte le scuole italiane. Durante la prova il telefono ha iniziato a squillare, il ragazzo è stato escluso dall’esame e bocciato. La famiglia ha fatto ricorso e il Tar della Lombardia ha accolto la richiesta ammettendo il ragazzo a sostenere le prove perché non era confermato che avesse ricevuto suggerimenti. E anche se li avesse avuti, forse non sarebbe stato sufficiente per la bocciatura, come emerge da una sentenza del 2012 nei confronti di una ragazza trovata a consultare il cellulare durante l’esame. Aveva un curriculum brillante, secondo il tribunale bisognava comprendere il suo stato di ansia. E quindi l’ha riammessa. Maria Luisa Afé insegna in una scuola media della periferia di Napoli: «Il nostro è diventato un lavoro molto difficile. Soprattutto quando dovremmo prendere provvedimenti disciplinari, sappiamo che rischiamo ritorsioni, dalle gomme tagliate alla carrozzeria dell’auto graffiata. Avremmo avuto bisogno di una formazione specifica per affrontare casi come questi, invece ho imparato da sola: la strategia migliore è mantenere la calma, non esasperare le situazioni quando i ragazzi non obbediscono per evitare di essere aggredita anche dai genitori con conseguenze più gravi. I ragazzi hanno sempre ragione, siamo noi a non capire».
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