Caro ministro Giannini, la Buona scuola non sarà pro gender, ma gli fa un assist
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Se fino a poco tempo fa della teoria del gender si occupavano solo pochi adepti, oggi il dibattito attraversa il paese
di Francesco Agnoli | 19 Settembre 2015 ore 06:00 Foglio
Se fino a poco tempo fa della teoria del gender si occupavano solo pochi adepti, oggi il dibattito attraversa il paese. Gli incontri sul tema, dal nord al sud della penisola, registrano una presenza di pubblico stupefacente. Non è raro assistere a convegni con 400-500 persone, che ascoltano e discutono, tre o quattro ore di seguito, e i libri sul tema continuano a essere molto letti.
Il dibattito, ultimamente, si è spostato: non è più sulla bontà e scientificità o meno dell’ideologia di gender, ma sulla sua stessa esistenza. Non c’è nulla di tutto ciò, tuonano alcuni grandi giornali: si tratterebbe solo di allarmismi retrivi. Ma in molti non credono a questa versione dei fatti.
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Se la teoria del gender – secondo cui non esistono più due sessi, maschio e femmina, ma tanti generi, a seconda della libera scelta di ognuno – davvero non esiste, perché in tv spopolano personaggi il cui unico merito è avere i capelli lunghi, la gonna e, nel contempo, la barba? Perché Facebook, negli Usa, invita a scegliere non più tra maschio e femmina, ma tra cinquanta generi diversi? Perché i giornali raccontano di persone genderfluid, che si sentono maschio o femmina a giorni alterni? Come mai in alcune cliniche del nord Europa si comincia a “sospendere” ormonalmente la pubertà di ragazzi o ragazze “indecisi”, affinché possano scegliere domani a quale sesso appartenere? Perché la Cassazione italiana decide che si può cambiare sesso, anche senza operazioni chirurgiche? Perché su Repubblica si certifica che la famiglia naturale non esiste più, essendo oggi possibili “famiglie” di ogni tipo, formate da due padri o due madri, ma anche da due donne lesbiche che concepiscono un figlio in coparenting con due maschi gay? Perché vi sono senatrici che difendono la pratica dell’utero in affitto, negando così la famiglia fondata sulla complementarietà tra l’uomo e la donna, mentre in alcuni comuni e scuole si vogliono sostituire le parole più antiche del mondo, papà e mamma, con genitore 1 e genitore 2?
Che l’ideologia gender non esista, dunque, appare un ritornello poco credibile. Per questo i genitori si stanno informando con apprensione, in questi giorni di inizio anno, su cosa accade nelle scuole. Davvero la legge sulla Buona scuola ha introdotto il gender nell’educazione dei nostri bambini, chiedono allarmati? Il ministro Giannini, spazientito, ha dichiarato di no, e ha addirittura minacciato di querelare chi sostenga il contrario. Ma temiamo, non volendo credere nella sua malafede, che il ministro non abbia chiaro un concetto: l’articolo della legge sulla buona scuola che prevede “l’educazione alla parità dei sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” non è un’ introduzione del gender diretta e manifesta, ma certamente un assist notevole a essa. In nome di cosa in alcuni asili si è introdotto il giochino in cui i maschietti si mettono la gonna e si truccano? In nome del “rispetto”, della volontà di insegnare ai bambini la “parità tra i sessi”.
Così facendo, però, si rischia di danneggiare la crescita equilibrata dei bambini, il loro rapporto con la propria identità sessuale. E di questo i genitori si accorgono. In nome di cosa si insegna oggi, dopo la Buona scuola più di ieri, che anche se due uomini non hanno l’ “ovino” e neppure l’utero, possono ugualmente prodursi un bambino e divenirne “genitori” (vedi fumetti dell’editrice Stampatello)? Per insegnare ai bambini – si dice – a sfuggire le “discriminazioni” verso i bambini così concepiti. Ma per molti genitori questi insegnamenti non sono altro che il tentativo di inoculare nei figli proprio la teoria del gender. Se poi alcune scuole (certamente non tutte) chiamano a fare i corsi sulla “parità dei sessi” esperti esterni legati all’Arcigay o all’Arcilesbica, Vladimir Luxuria o membri del Circolo Mario Mieli (che professava sì la lotta contro le discriminazioni, ma anche la bontà della pedofilia), allora la paura dei genitori fa novanta. E qualcuno rischia poi di vedere l’indottrinamento, anche quando non c’è.
Ma la legge sulla Buona scuola, questa è la verità, non solo non chiude la porta alla teoria del gender, come dovrebbe anche per rispetto del ruolo educativo della famiglia, ma apre un portone in cui si possono infilare comodamente ideologie che per un popolo che crede ancora ai due sessi e ai bambini concepiti da papà e mamma, sono non educative, ma del tutto diseducative.
Francesco Agnoli
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