Un tranquillo weekend di antisemitismo in Europa
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Dalla Spagna alla Norvegia: artisti ebrei e israeliani cacciati dai festival culturali
di Giulio Meotti | 18 Agosto 2015 ore 16:38
Roma. E’ stato un tranquillo weekend di antisemitismo in Europa. Non si esibirà il 22 agosto a Benicassim, vicino a Valencia, il musicista ebreo Matthew Paul Miller, in arte “Matisyahu”, celebre rapper americano di musica reggae e hip hop. Il movimento per il boicottaggio di Israele ha ottenuto una grande vittoria al più grande festival reggae europeo, creato in Italia ma che dal 2009 si svolge nella città spagnola, riuscendo a impedire la performance del musicista ebreo. Come rivela il Pais, la direzione del festival aveva chiesto a Matisyahu di produrre un video o una dichiarazione scritta nella quale il cantante avrebbe dovuto sostenere uno stato arabo-palestinese, cosa che Matisyahu si è rifiutato di fare. Così la sua esibizione è stata annullata. In una dichiarazione su Facebook, gli organizzatori del festival Rototom hanno detto che la decisione è legata alla “sensibilità del festival sulla Palestina, la sua gente e l’occupazione del suo territorio da parte di Israele”. Attivisti del boicottaggio avevano accusato il rapper ebreo di essere un “sionista”, indegno di mettere piede in Spagna. Matisyahu sarà sostituito dall’artista giamaicano Etana e ha risposto dicendo che “la mia musica parla da sola, e io non inserisco la politica nella mia musica”. Senza considerare il fatto che Matisyahu non è israeliano, ma ebreo. La Federazione delle Comunità Ebraiche di Spagna ha accusato il festival di “codardia antisemita”, mentre l’Anti-Defamation League di “discriminazione antisemita”.
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Da Gerusalemme, il ministero degli Esteri afferma: “Abbiamo sempre sostenuto che il boicottaggio non è legato allo stato palestinese o agli insediamenti, ma che non è altro che odio antiebraico”. In Spagna era già successo quando il direttore della galleria d’arte Artmalaga in Andalusia, Juan Carlos Rica, aveva inviato il seguente messaggio in risposta alla domanda dell’artista di Haifa Patricia Sasson: “Noi rifiutiamo di lavorare con qualsiasi persona legata a Israele”.
Si cambia paese, la Norvegia, e la scena si ripete. Stavolta è protagonista il Festival del Cinema di Oslo, che questa settimana ha rifiutato il film “The Other Dreamers” del regista israeliano Roy Zafrani. Il film avrebbe la colpa di parlare dei bambini disabili in Israele, anziché dell’“occupazione”. Zafrani ha ricevuto questa risposta da una delle organizzatrici del festival, Ketil Magnussen, che ammette di non aver neppure visto la pellicola: “Mi dispiace ma non possiamo proiettare il film. Noi sosteniamo il boicottaggio accademico e culturale di Israele, quindi a meno che il film non parli dell’occupazione illegale, o abbia a che fare con l’occupazione o con il blocco di Gaza, oppure ancora con la discriminazione dei palestinesi, non possiamo riprodurlo”. Zafrani ha risposto accusando di “lavaggio del cervello” il festival, che riceve finanziamenti del governo norvegese. Intanto, a Parigi, un’altra manifestazione culturale con Israele deve svolgersi protetta da cinquecento poliziotti. Si tratta di “Tel Aviv sur Seine”.
Dai festival di cultura in Europa sta arrivando l’eco di un articolo degli anni Ottanta scritto da una coraggiosa giornalista di Repubblica, Rossellina Balbi: “Davide, discolpati!”.
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