"Il regalo con cui il presidente boliviano ha omaggiato Bergoglio lungi dall'essere una provocazione comunista

è un esplicito richiamo alla morte di un prete gesuita, punto di riferimento per tutti i cattolici andini: Luis Espinal. Ecco chi era

Post di Marangon su OT 14.7.2015

C’è chi ha perfino parlato di provocazione e di regalo di Stato comunista. C’è chi ha parlato del regalo del presidente boliviano Evo Morales a  Papa Francesco come uno dei doni più bizzarri scambiati far capi di

Stato e leader politici. La bizzarria sarebbe il crocefisso sulla falce e martello con cui il presidente boliviano ha omaggiato Bergoglio al suo  arrivo nel Paese andino. Le cose non stanno proprio in questi termini.Il

crocefisso in questione infatti è una riproduzione di quello che teneva accanto al proprio letto Luis Espinal, sacerdote spagnolo gesuita (come Bergoglio), poeta e regista torturato ed ucciso in Bolivia dai  paramilitari nel 1980. Morales ha consegnato una riproduzione realizzata dal sacerdote gesuita Xavier Albo.

Ma chi era Espinal? E qual è il significato di un  crocefisso così particolare? «Luis Espinal sostituì la croce con la  falce e il martello per rappresentare la presenza del cristianesimo  nelle lotte sociali per l’emancipazione dei diseredati», ha scritto in  un editoriale il settimanale Acquì (fondato proprio da Espinal) qualche mese fa. Espinal, oltre che un prete era  infatti un appassionatissimo giornalista. Per lui il giornalismo doveva

essere un luogo di incontro fra religiosi, cattolici e altri cristiani,  laici e marxisti, impegnati in un giornalismo del popolo, con il popolo e per il popolo. Per lui infatti il giornalismo indipendente «non esiste, il giornalismo è sempre al servizio di una causa». La sua era quella  dei «semplici della terra». In un articolo intitolato “I cristiani e la  rivoluzione”, scrive che «alla rivoluzione partecipano laici e  cristiani. Ma, in Latinoamerica, non ci può essere rivoluzione senza  cristiani. Espinal però non credeva nei martiri individuali e  individualisti. Pensava che i combattenti in prima linea per il  cambiamento della Bolivia fossero i lavoratori, la responsabilità della  liberazione per lui «è sempre in mano al popolo».

«Tacere è lo stesso che mentire», questa forse la sua frase più  popolare, che campeggia sull’homepage del sito di Aquì: se si sottostà  alla censura, all’autocensura, alle mezze verità, alla manipolazione, si mente."

Categoria Cultura

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