Un vaccino personalizzato contro il melanoma
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Ricercatori hanno identificano specifiche mutazioni genetiche per ogni tumore e hanno utilizzato le proteine da loro prodotte per stimolare le difese immunitarie dei malati
di Adriana Bazzi
«Eccitante» lo hanno definito i ricercatori americani. Si tratta del primo vaccino personalizzato contro il melanoma, capace di attivare una potente risposta immunitaria difensiva contro il tumore. «Personalizzato» significa che è costruito in base alle specifiche mutazioni genetiche del tumore in ogni singolo paziente ed è stato finora testato su tre malati. Ecco che cosa hanno fatto i ricercatori della Washington University di Saint Louis, in collaborazione con l’University of Oklahoma: dapprima hanno sequenziato, per ogni paziente, il genoma delle cellule tumorali e di quelle sane , con l’obiettivo di identificare i geni mutati e, di conseguenza, le proteine, da loro fabbricate (chiamate neoantigeni: sono specifici per ogni tumore). Poi, grazie ad algoritmi e a test di laboratorio, hanno cercato di identificare quei neoantigeni maggiormente in grado di stimolare la risposta immunitaria perché riconosciuti come estranei dall’organismo.
Cellule killer
Con questi neoantigeni (sette in tutto) hanno fabbricato, per ogni singolo paziente, il vaccino utilizzando le cosiddette cellule dendritiche (una varietà di cellule del sistema immunitario prelevate dai malati stessi): una volta somministrato, il vaccino si è rivelato in grado di stimolare una categoria di globuli bianchi, chiamati linfociti T killer, capaci di riconoscere quegli stessi neoantigeni presenti sulle cellule tumorali, di aggredire queste ultime e di distruggerle. «Si può dire che i neoantigeni – ha spiegato Beatriz Carreno, la principale autrice dello studio che è stato pubblicato su Science Express - funzionano come bandierine. Ogni paziente con melanoma ha centinaia di bandierine sulle sue cellule tumorali: occorre scegliere quelle più adatte per costruire il vaccino. Così una volta stimolate le cellule del sistema immunitario, quest’ultime saranno in grado di riconoscere le bandierine del tumore».
Tre pazienti
Per ora, dunque, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile attivare il sistema immunitario contro il tumore; il passo successivo sarà valutare se il vaccino sarà in grado di aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Hanno comunque osservato che dei tre pazienti , tutti con un cancro in fase avanzata e già trattati con ipilimumab (il farmaco attualmente più efficace contro questa malattia) uno è andato in remissione (cioè non presentava più la malattia), in un altro il tumore era rimasto stabile e nel terzo la massa tumorale si era dapprima ridotta, per poi ritornare alle dimensioni originarie e stabilizzarsi. I risultati sono preliminari, ma fanno ben sperare. I ricercatori sono convinti che questo approccio possa essere utile per combattere anche altre neoplasie. Saranno, però, necessari nuovi studi clinici per confermare che davvero la risposta immunitaria si traduca in un effettivo controllo sul tumore.
3 aprile 2015 | 14:03 IL Corriere della Sera
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