Cronaca internazionale. Da "persona incinta" a "latte umano": la bibbia woke che cancella "mamma" e "papa"

Il vademecum messo a punto da un gruppo progressista di ostetriche e accademici archivia la donna e anche il buonsenso. Nei guai anche i papà: ora sono indicati come “membri del team di supporto”

Massimo Balsamo 19 Agosto 2024 - 12:32 ilgiornale.it lettura2’

Da "persona incinta" a "latte umano": la bibbia woke che cancella "mamma" e "papa"

Può la religione woke mettere le mani anche sulla gioia più grande per un uomo e una donna come la nascita di un figlio? Purtroppo la risposta è scontata: sì. Un gruppo progressista formato da ostetriche e accademici provenienti da Usa, Regno Unito e Australia ha messo a punto delle nuove linee guida in ambito medico mirate a modificare i termini correlati alla genitorialità e al parto. Determinate parole “devono essere sostituite da termini più inclusivi”, il mantra talebano che ormai tutti conosciamo. Ed ecco i tragici, ferali risultati: addio a “mamma” e “papà”.

In base al bignamino dei risvegliati, le ostetriche e i ginecologi dovrebbero sostituire il termine “mamma” con termini più inclusivi come “genitore gestazionale” o “persona incinta”, mentre il termine “padre” andrebbe sostituito con “membro del tuo team di supporto”. Un’idiozia lapalissiana, ma tanto basta per fare esultare la comunità Lgbt. Ma andiamo avanti. Secondo la congrega progressista, anziché parlare di “latte materno” bisognerebbe parlare di “latte umano” o “latte del genitore che allatta”. Del resto è noto che anche gli uomini possano allattare.

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Come riportato dal Daily Mail, la guida è stata pubblicata sulla rivista Birth: Issues in Perinatal Care e fortunatamente non si tratta di un insieme di regole legalmente vincolanti, ma una raccomandazione per gli operatori sanitari. "Sottolineiamo che l'ostetricia ha l'opportunità di essere efficace nella sua difesa dei diritti umani e riproduttivi per tutti, adottando un linguaggio inclusivo per riflettere il suo impegno intersezionale per la giustizia riproduttiva. L'ostetricia ha il dovere etico e l'opportunità di guidare la decolonizzazione di genere e la giustizia riproduttiva attraverso l'uso di un linguaggio inclusivo”, la precisazione contorta del gruppo progressista.

Per sostenere la presunta bontà del vademecum, il gruppo ha citato il caso di un paziente di nome Sam, uomo trans nato donna giunto in ospedale con dolori addominali. Il personale ospedaliero non ha riconosciuto il travaglio prematuro"a causa di sistemi, pregiudizi e stereotipi correlati alla sua presentazione e identità di genere" e la gravidanza è terminata per un prolasso del cordone ombelicale. Ma si tratta di un caso limite e c’è un altro dettaglio da non dimenticare: secondo gli esperti del settore, un linguaggio così inclusivo potrebbe fare più male che bene, perché disumanizza le madri e crea aspettative irrealistiche per gli aspiranti genitori trans.

E c’è di più.

Uno studio del 2022 pubblicato sulla rivista Frontiers in Global Women's Health ha affermato che un linguaggio medico e razionale (e di buonsenso), basato su termini come "madre”, è fondamentale per evitare confusione durante situazioni delicate come il parto. Gli autori della ricerca hanno rimarcato che l’esasperata inclusività“ha prodotto conseguenze indesiderate” con “gravi implicazioni per donne e bambini”.

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