Raffaele Simone Emerito di Linguistica generale : “La cultura non controlla i cambiamenti della lingua”
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Padre del Grande dizionario Utet: "Omissioni di articoli, scomparsa del superlativo in issimo. L' IA potrà superare la scrittura umana"
FRANCESCO PALMIERI 27 GEN 2024 ilfoglio.it lettura4’
Potreste trascorrere un pomeriggio divertente con il professore emerito Raffaele Simone, già ordinario di Linguistica generale alla Sapienza e a Roma Tre, direttore di opere lessicografiche come il ‘Grande Dizionario della lingua italiana’ per Utet e il ‘Dizionario dei sinonimi e dei contrari’ Treccani, autore di un trattato giunto a quattro edizioni e trentacinque ristampe. Non è un arcigno dal tabarro nero né uno spietato loggionista delle lingue, di quelli con eufemismo considerati “severi ma giusti”.
Oltre che a comparare varie tipologie di idiomi il professore si diletta, come i cacciatori di farfalle, a catturare castronerie con cui tv e giornali s’adeguano alle trasformazioni dell’italiano. “La novità”, dice, “non è nei cambiamenti, che ci sono sempre stati, ma nella loro velocità. C’è un’accelerazione turbinosa, siamo passati dal bradisismo al terremoto”.
Ci mostra la sua collezione di farfalle?
I cambiamenti più evidenti sono quelli lessicali, censiti dai vocabolari più attenti ma che ogni tanto prendono cantonate, registrando anche parole che vivono per poche settimane. E poi ci sono le modifiche grammaticali, o prestiti che non servirebbero perché doppioni di parole presenti in italiano. Accountability per responsabilità, automotive per automobilistico, burnout per ciò che si chiamava esaurimento e così via. Ci sono i neologismi: spoilerare, bannare, trollare, che pure avrebbero equivalenti. O le traduzioni con mutamenti di significato come “share” con il verbo condividere: sui social si è risemantizzato in un “comunicare ad altri”; o il vocabolo “esteso” nel senso di “ampio”: la versione estesa di un documento anziché la versione completa. Infine fenomeni più sottili come gli slittamenti semantici, che si moltiplicano sui media.
Dica i peccati e non i peccatori.
“Paventare” usato nel senso di ventilare, prospettare come possibile anche qualcosa di positivo invece che “annunciare con timore”. O l’aggettivo “stentoreo” che deriva da Stentore, eroe epico famoso per la poderosa voce. Cito da una pagina sportiva: “otto punti nelle ultime tre partite rappresentano un segnale stentoreo di rinuncia alla resa”. E da una pagina politica: le uscite eterodosse di Emiliano e De Luca sono frutto del “carattere stentoreo della loro personalità”. L’aggettivo, per opacità etimologica, si è sganciato dall’indicazione sonora per assumere un’indicazione di potenza. Però grossi cambiamenti riguardano l’architettura della lingua.
Per esempio?
La rotazione di transitività. Verbi intransitivi che diventano transitivi. Ho sentito in tv che “i manifestanti assiepavano la via”, ma il verbo è intransitivo: la folla si assiepa, non assiepa. Per non parlare di una intervista a una donna pilota “che vola questo tipo di aeroplano”. Stiamo subendo l’inglese, in cui la distinzione fra transitivo e intransitivo è molto debole. Ancora: è diventato frequente omettere l’articolo determinativo in certe espressioni. Si sente dire: migliori amici, settimana prossima.
Che bruttezza.
A dirlo si passa pure per vecchi arnesi. Ancora: il superlativo in ‘issimo’ sta scomparendo non solo in Italia, ma in Francia e Spagna. Sostituito da “super” con carattere aggettivale.
Perché il bradisismo è diventato terremoto?
Per la mutazione dei paradigmi culturali con l’avvento della mediosfera. Prima la lingua era vigilata da alcune agenzie di controllo, almeno tali in senso figurato: la scuola, gli intellettuali, le grandi istituzioni, il linguaggio pubblico o della Chiesa erano modelli di tipo conservatore. Nella mediosfera non contano più, perché tutti possono prendere la parola e una folla di milioni ha prevalso sui controllori della lingua. Quale efficacia può avere un insegnante dinanzi a trenta ragazzi fruitori intensivi del mondo virtuale? Si è rovesciato il rapporto tra controllore e controllato: i controllati sono i dominatori. Ogni cambiamento linguistico avviene più in forza dei semicolti e degli incolti che per opera dei colti. Questi sono conservatori, gli incolti innovatori. Un errore, a forza di ripeterlo, diventerà una nuova norma.
Lo paventiamo con voce stentorea.
Viviamo una sorta di ribellione delle masse, per dirla con Ortega y Gasset.
La lettura può immunizzare o è uno slogan da fiera del libro?
Dipende: un conto è leggere Manzoni o Gadda, altro è Zerocalcare. La lettura si è indebolita al pari della qualità testuale. Spesso i più giovani non sopportano una prosa complessa né sono, ovviamente, capaci di produrla. Sono un giurato dello Strega da una trentina d’anni e m’imbatto in libri che sembrano scritti da sedicenni. Non è solo questione di stile, ma di mondo che c’è dentro. Prima lo scrittore aveva il dovere di essere colto anche quando adoperava un linguaggio sciolto. Oggi c’è chi scrive conoscendo mille parole. La vigilanza del mondo culturale sulla lingua s’è attenuata, ha perso densità.
Scrive meglio l’intelligenza artificiale?
L’ho sperimentata con curiosità. È ancora debole per patrimonio informativo, ma devo già riconoscerle una produzione linguistica spettacolare fin nelle virgole e nei congiuntivi. Sotto l’aspetto generativo potrà superare la scrittura umana, almeno in certe sue manifestazioni.
Che i cambiamenti siano inevitabili non sarà solo in Italia.
Tutte le lingue occidentali sono esposte a forti vibrazioni. Persino l’inglese, l’idioma per così dire imperiale, sta registrando modificazioni importanti. Eppure, premesso tutto questo, non è proprio necessario dire che alla Camera c’è il question time o che uno spettacolo è sold out.