IL RISCHIO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER IL LAVORO UMANO

L’opera dell’uomo sarà sempre indispensabile e richiesta, ma nulla garantisce che i nuovi compiti vengano svolti da coloro che avranno perduto i vecchi; e tutti dovremo fronteggiare, nel mercato dell’occupazione, una concorrenza globale

22.6.2023 pietroichino.it

Editoriale telegrafico pubblicato sui quotidiani Gazzetta di Parma, l’Adige e Alto Adige, il 19 giugno 2023 – In argomento v. anche la mia lezione del febbraio 2022 sul tema Che cosa ci attende nel mercato del lavoro del prossimo futuro

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Per rispondere ai profeti di sventura, che preannunciano un futuro di disoccupazione dilagante a causa dell’avvento dell’intelligenza artificiale, basta un argomento: dalla rivoluzione industriale in poi, nonostante che il progresso tecnico continuo si sia inghiottito via via molte generazioni di mestieri, in tutto il mondo la forza-lavoro occupata è cresciuta a dismisura. Per limitarci al dato italiano, nell’ultimo quarantennio – nel quale, pure, il ritmo dell’evoluzione tecnologica è stato molto più sostenuto che nei due secoli precedenti – la forza-lavoro è aumentata dai 19 milioni del 1977 ai 23 di oggi.

Accadrà così anche con il diffondersi delle applicazioni dell’intelligenza artificiale: esse faranno sparire diversi mestieri, anche ad alta qualificazione; ma quella perdita sarà più che compensata dall’aumento delle possibilità del lavoro umano – che sempre più potrà essere svolto a distanza – in campi sconfinati come quello delle cure mediche e paramediche, dell’insegnamento e della diffusione della cultura, della ricerca e della diffusione delle conoscenze, dell’assistenza a persone anziane e disabili, della cura dell’ambiente naturale e urbano, della vigilanza per la sicurezza delle persone e delle cose, della manutenzione e fruizione del patrimonio monumentale, artistico e culturale. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Accadrà su scala molto più larga quanto è accaduto negli ultimi anni con l’avvento del robot-chirurgo. Si temeva che esso rubasse il lavoro persino a medici ultraspecializzati; nei fatti esso ha prodotto invece la possibilità di eseguire anche in ospedali periferici interventi che prima si potevano compiere solo in poche sedi specializzate. Col risultato, dunque, di un aumento dell’offerta e della domanda del servizio.

Il problema è questo: nulla garantisce che il nuovo lavoro venga svolto da coloro che avranno perduto il vecchio; e nel nuovo mercato del lavoro chi avrà perduto il vecchio dovrà affrontare una concorrenza globale. La domanda di lavoro qualificato e specializzato aumenterà; ma aumenterà anche la competizione tra le persone in grado di candidarsi a svolgerlo, a tutte le latitudini e longitudini.

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