Cosa divide davvero Arabia Saudita e Qatar. Parla Maurizio Molinari
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“La differenza fra Arabia Saudita e Qatar è sui Fratelli Musulmani: la prima li considera dei nemici, il secondo degli alleati
Francesco Bechis, 20.6.2017 da www.liberoquotidiano.it
“La differenza fra Arabia Saudita e Qatar è sui Fratelli Musulmani: la prima li considera dei nemici, il secondo degli alleati.
Sono due modelli diversi di fede sunnita, in Arabia Saudita prevale l’aspetto religioso, nei Fratelli Musulmani quello politico. Lo scontro non è soltanto fra sauditi e qatarioti, ma fra due versioni opposte della fede sunnita, per questo è uno scontro durissimo e esistenziale”. E’ l’analisi di Maurizio Molinari, direttore del quotidiano La Stampa.
Molinari ieri pomeriggio a Roma ha presentato il suo nuovo libro “Il ritorno delle tribù” (Rizzoli) con la giornalista Lucia Annunziata e il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Secondo Molinari c’è un fenomeno che accomuna gli sconvolgimenti politici nel mondo occidentale come in Africa e Medio Oriente. Si tratta del tribalismo che pervade la società, cioè la rivolta, politica o militare che sia, delle tribù sociali che si uniscono nella lotta all’establishment e allo Stato nazionale.
Molinari, il suo libro parla delle nuove tribù. Un pericolo per le identità nazionali o il punto di partenza per ricostruirne una quando non c’è?
Tutte e due. Perché la tribù può essere un tassello che costruisce o un elemento di disgregazione. Nella storia dell’umanità è stata entrambe le cose, dipende dalla forza del suo interfaccia che è lo stato nazionale. Dove lo Stato si rafforza è in grado di usare la tribù come cemento sociale, dove si indebolisce la tribù lo può sopraffare e distruggere.
Che ruolo avranno le tribù nella ricostruzione dello Stato libico? L’Italia ha fatto un buon lavoro?
Le tribù sono la chiave per la composizione della Libia, la diplomazia del deserto del governo italiano lo ha individuato, ma è stato solamente l’inizio del lavoro. Avere a che fare con le tribù libiche è molto complesso, un processo lungo e difficile, le tribù contano molto sui rapporti personali, sull’impegno economico, sulla capacità delle istituzioni di essere presenti. Per uno Stato può essere molto difficile, ma non c’è alternativa. Il lavoro che stiamo facendo nel Sud del Fezzan è solamente l’inizio indispensabile di una nuova stagione di politica estera e di sicurezza che può durare una generazione.
Veniamo alla crisi tra i Paesi del golfo. Cosa divide il Qatar dai sauditi?
La differenza fra Arabia Saudita e Qatar è sui Fratelli Musulmani: la prima li considera dei nemici, il secondo degli alleati. Sono due modelli diversi di fede sunnita, in Arabia Saudita prevale l’aspetto religioso, nei Fratelli Musulmani quello politico. Lo scontro non è soltanto fra sauditi e qatarioti, ma fra due versioni opposte della fede sunnita, per questo è uno scontro durissimo e esistenziale.
C’è chi dice che in Palestina una confederazione delle tribù faciliterebbe l’unificazione nazionale. Lei ci crede?
Credo che quella potrebbe essere una strada, perché ogni città palestinese ha un’identità tribale. E l’idea di comporre lo Stato palestinese sulle singole entità tribali, esattamente come negli Emirati Arabi Uniti, che sono un collage di più emirati a base mono-tribale, potrebbe essere una formula innovativa.
Nel suo libro lei descrive l’elettorato di Donald Trump come un’unica grande tribù. Perché?
Perché gli elettori di Trump nascono dalla protesta economica. E la protesta economica è un collante quanto lo è la rivolta jihadista. Tanto sei disagiato e senti il peso delle disuguaglianze, tanto più ti senti visceralmente vicino a quelli che soffrono come te.
Eppure i sondaggi hanno mostrato che l’elettorato di Trump non era socialmente omogeneo. È mai possibile che quest’unica tribù riunisca mezza America?
Si, probabilmente rappresenta più di metà dell’America, e se i democratici non riusciranno a parlare a questa tribù perderanno anche le prossime elezioni.
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