L'Ocse elogia la scuola italiana: riduce il divario tra ricchi e poveri.
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Contro la scuola dell'uguaglianza L’Ocse non ricorda che il merito conta di più della non diseguaglianza
di Claudio Cerasa 29 Marzo 2017 alle 20:26
I giornali raccontano che la scuola italiana è la migliore del mondo, come certificato ieri da un’indagine Ocse effettuata su quaranta paesi in cinque continenti diversi. Diranno che la forza della nostra scuola è la sua straordinaria capacità di combattere le diseguaglianze e, scrive l’Ocse, di “ridurre il gap tra i ricchi e poveri”, lasciando quasi intendere che toccare il sistema scolastico italiano è una fesseria perché la scuola funziona, e chiudiamola qui. Auspicare che la scuola abbia come scopo principale quello di dare alle classi più disagiate possibilità di riscatto sociale è giusto e sacrosanto a condizione che non si invertano alcune priorità.
La priorità della scuola non deve essere quella di combattere per imporre il principio di uguaglianza ma deve essere quella di combattere per imporre il principio del merito. Accanto ai dati Ocse di oggi sarebbe bene dunque che i giornali – e perché no, anche le scuole – distribuissero gratuitamente le pagine di un grande libro del premio Nobel per l’Economia Angus Deaton, “La Grande Fuga”, in cui si ricorda come “L’uguaglianza economica non è un ideale moralmente convincente e la preoccupazione per il presunto valore intrinseco dell’uguaglianza economica tende a distogliere l’attenzione di una persona, allontanandola dal tentare di scoprire quello che gli sta veramente a cuore, quello che davvero desidera o di cui ha bisogno, e quello che gli darà realmente soddisfazione”.
Per misurare la qualità di un sistema scolastico il metro dell’uguaglianza rischia di essere pericoloso, in quanto spesso coincide con un livellamento verso il basso dell’istruzione e in quanto spesso il metro dell’uguaglianza è un sintomo preciso di una propensione pericolosa di un paese: considerare le élite un problema da eliminare e non un modello da consolidare. Le Oxford e le Cambridge esistono e funzionano bene perché sono sistemi scolastici costruiti per promuovere il merito e non l’uguaglianza (anche se le statistiche dimostrano che si tratta di università a cui si accede molto più facilmente da background facoltosi). Possiamo davvero dire lo stesso di un sistema scolastico come il nostro, dove il principio dell’uguaglianza si combina in modo incestuoso con l’impossibilità concreta di valutare i docenti?