Memoria del campo di prigionia di Bolzano e delle sorelle Rocco
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Il 29 gennaio a Venezia a Casa della Memoria a Villa Hériot alla Giudecca sarà presentata la mostra documentaria, Oltre il Muro, sul Campo di Bolzano
Foto la voce di new York
28.01.2017 - Francesco Cecchini, Pressenza
Il 29 gennaio a Venezia a Casa della Memoria a Villa Hériot alla Giudecca sarà presentata la mostra documentaria, Oltre il Muro, sul Campo di Bolzano. Presenteranno Dario Venegoni, presidente dell’ANED (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti.) e Noemi Pianegonda ex deportata. Noemi che ora ha 81 anni fu internata quando aveva 13 anni. La mostra è stata realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi per conto della Fondazione Memoria della Deportazione ed è stata presentata la prima volta il 5 dicembre presso il Teatro Cristallo di Bolzano sotto l’Alto Patronato del Capo dello Stato. Resterà aperta fino al 6 marzo 2017.
In 26 pannelli vengono presentati decine e decine di documenti i che testimoniano di un’incessante attività clandestina che coinvolse centinaia di persone dentro e fuori il Lager di via Resia, in aperta sfida alle SS. Si tratta di fotografie, lettere e documenti reperiti in diversi archivi italiani e tra le carte personali dei familiari di molti ex deportati nel Lager.
CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI BOLZANO
Il Campo di concentramento di Bolzano, Durchgangslager Bozen, anche Dulag Bozen, fu attivo dal luglio 1944 fino alla fine del conflitto, aprile 1945. Fu un luogo di smistamento verso veri e propri lager di annientamento, Auschwitz, Bełżec Buchenwald ale con la funzione principale. Una sola eccezione. All’alba del dodici settembre 1944 dal Campo ventitré prigionieri italiani vennero prelevati e condotti presso la Caserma di Artiglieria “Francesco Mignone”, dove nelle stalle furono uccisi con un colpo alla nuca. I 24 erano agenti dell’Intelligence angloamericana SOE e OSS.
I prigionieri furono 11.116, politici, zingari, ebrei provenienti da centro e nord Italia, e le vittime 60.
3.500 persone, uomini, donne e anche diversi bambini fu trasferita nei campi di sterminio del Reich.
I numeri sono approssimativi, per difetto a causa di una documentazione insufficiente, in quanto le SS prima di abbandonare il Campo la distrussero tutta. Fu uno dei quattro campi di concentramento esistenti in Italia. Gli altri furono Fossoli, vicino a Carpi, Borgo San Dalmazzo, Cuneo, e la Risiera di San Sabba, Trieste. Fu anche l’unico senza un forno crematorio.
L’origine fu il trasferimento del campo di Fossoli. L’avanzata degli alleati, l’intensificarsi di azioni parigiani rendeva difficile il trasferimento dei prigionieri nei lager di annientamento del Reich. Il Sud Tirolo unificato con il Trentino e la provincia di Belluno era considerato politicamente e militarmente sicuro. Il campo aveva dei sotto campi: a Merano Maia Bassa, a Vipiteno, a Certosa in Val Senales, a Colle Isarco ed a Dobbiaco. Di queste strutture ausiliarie vi sono poche informazioni.
Il Campo sorgeva nell’attuale via Resia su un’area rettangolare di 2 ettari, circondata da un muro di pietra con in cima filo spinato. Era composto da 2 capannoni in muratura suddivisi in seguito in vari blocchi in cui suddividere i prigionieri secondo categorie: addetti a servizi, pericolosi, donne, politici, etc., etc.. Entrati nel Campo i prigionieri dovevano consegnare documenti e valori e ricevevano una divisa, zoccoli in legno e un triangolo di pezza di colore differente secondo la categoria verde per gli ostaggi, azzurro per stranieri civili nemici, giallo per gli ebrei, rosso per i politici.
LE 4 SORELLE ROCCO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI BOLZANO
A Ermelinda, Teresa, Prassede ed Egle Rocco nate a Motta di Livenza e abitanti a Belluno in Borgo Piave all’entrare nel Campo diedero il triangolo rosso di prigioniere politiche. Le sorelle conservarono per tutta la vita, orgogliose, quel pezzetto di stoffa color sangue.
Ermelinda Rocco. Ermelinda Rocco nacque a Motta di Livenza nel 1920 aestra in Cansiglio, si unì alla lotta contro il nazi-fascismo la Resistenza dopo l’8 settembre 1943. Combattè a fianco di Amerigo Clocchiatti, il commissario politico ” Ugo”, nelle Brigate Garibaldi, Divisione Nino Nannetti. “Ugo” la cita con il suo nome di battaglia, ” Katia” nel suo libro di memorie Cammina Frut. Fu una partigiana comunista. Arrestata passò per la famigerata caserma Tasso di Belluno, un luogo di terrore in centro città dove viene torturata. Una delle figure più feroci della repressione della resistenza fu il comandante della gendarmeria di Belluno, responsabile di torture e omicidi durante gli interrogatori: il tenente Georg Karl, a quanto pare originario di Knellendorf (Bayern), mentre i suoi principali assistenti provengono dal Sudtirolo. Fu proprio un nazista sudtirolese di nome Pallua che interrogò e torturò “Katia” con scariche elettriche ai seni. Katia non parlò e sembra che il Pallua gli risparmiò la vita per farsi una reputazione di buono per il dopo. Terminata la guerra i personaggi più compromessi di torture e crimini alla caserma Tasso svanirono, molti fuggiti in Sudamerica, e in ogni caso nessuno di loro ha mai pagato per i crimini commessi alla Tasso. Katia venne poi internata nel campo di prigionia di Bolzano Il campo di Bolzano,gestito dalle SS, era detto “durchsganglager”, ovvero lager di transito per invio ai campi tedeschi, polacchi ed altri. Katia è fortunata, non venne inviata ad un campo di stermino, pulì latrine ed altro.
Teresa, Egle e Prassede Rocco.
Anche le sorelle di “Katia” Teresa, Egle e Prassede fono partigiane nel bellunese. Vissero la stessa esperienza di Ermelinda. Furono arrestate lo stesso giorno il 14 ottobre 1944 e interrogate e torturate nella Caserma Tasso di Belluno. Dopo oltre un mese d’inferno vennero inviate al lager di Bolzano, dove rimasero fino alla sconfitta del nazi-fascismo . Tutte e quattro furono decorate con medaglia di bronzo al valor militare. Ricevettero anche il Certificato al Patriota (in inglese Patriot Certificate), noto anche come Brevetto Alexander, un riconoscimento ufficiale conferito a patrioti, partigiani firmato dal maresciallo H. R. Alexander, comandante in capo delle Forze Alleate in Italia.
La durezza della lotta partigiana, l’imprigionamento, le torture, l’internamento, minarono presto la vita di tre delle quattro sorelle, Prassede morì ad appena 52 anni per un cancro allo stomaco, Egle a 56 per un cancro ai reni ed Ermelinda a 64, per un cancro al seno.
Va ricordata anche la madre delle sorelle Rocco, Margherita Longhetto Rocco che appoggiò la lotta partigiana e le figlie partigiane. La famiglia Rocco fu definita coraggiosa nel suo libro da Amerigo Clocchiatti che le fu amico fino alla morte avvenuta i primi anni 90. La famiglia Rocco, tra l’altro, ospitò e diede cibo a Clocchiatti per alcuni giorni e nascose per molto tempo il pittore Vedova.
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