Meglio Onfray del vostro fesso nulla
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In “Décadence” l’intellò che va di moda a Parigi arriva in ritardo di anni su Huntington e Paolo Prodi. Ma scopre, pur con molti buchi culturali, il fondo del problema: lo scontro di religioni, la fine dell’uomo occidentale
di Giuliano Ferrara 7 Gennaio 2017 alle 06:10 Foglio
E’ un ideologo. Lo dicono erudito. Lo mettono in prima pagina. Ma qui con gli intellos si usa così. Si chiama Michel Onfray. Vive sobriamente a Caen, in Normandia, ma Parigi è invaghita di lui, lo trova un’alternativa a Bernard-Henry Lévy e a Alain Finkielkraut. Ha fondato una università popolare di successo. E’ stato dai salesiani, che lo hanno maltrattato, lui dice. Ha perso la fede. E’ diventato ateo, cosa in sé grottesca per chi non sia Spinoza, è anche anticristiano, banale conformismo.
Ha scoperto buon ultimo, a un secolo da Spengler e a dieci anni da Paolo Prodi, che l’uomo occidentale, con la sua civiltà giudeocristiana, è finito o sta per finire. Non ha l’anticipo di Nietzsche e Spengler, e la loro cupa vivacità letteraria, né la raffinatezza di Paolo Prodi, lo storico italiano appena scomparso che aveva definito in “Homo europaeus” la norma unidimensionale nata in sostituzione del sacro e del diritto canonico, la norma-dogma del politicamente corretto che ci obbliga al relativismo filosofico e morale. E’ audace, perché ha scritto della morte del giudeocristianesimo in un libro di 600 pagine che in Francia promette furore. Si intitola “Décadence”, sulla scia di Houellebeq.
Onfray è imprudente e sommario, perché dà la colpa a san Paolo e a san Tommaso, a Eusebio di Cesarea storico della tarda antichità e consigliere dell’imperatore Costantino il Grande, quello di In Hoc Signo Vinces, e non risparmia sant’Anselmo, il monaco geniale che deduceva Dio come da un sillogismo mistico. Superficiale e oltraggiosamente giornalistico, Onfray però si è accorto, senza dare giudizi di valore perché si considera uno scienziato puro del pensiero, che sono vere le cose dette da Leo Strauss, pensatore e filosofo ebraico del secolo scorso, da Joseph Ratzinger, il più colossale teologo e Papa del Novecento, e perfino da Samuel Huntington, il sociologo americano dello scontro di civiltà. Vent’anni fa quest’ultimo, scrive Onfray, “ha diagnosticato: la fine degli stati che non controllano più la moneta, le idee, la tecnologia, la circolazione delle idee e delle persone; il declino dell’autorità dei governi; l’esplosione e la sparizione di certi stati; l’intensificazione dei conflitti tribali, etnici e religiosi; l’emergenza di mafie criminali internazionali; la circolazione planetaria di decine di milioni di rifugiati; la proliferazione degli armamenti; l’espansione del terrorismo; le pulizie etniche; il paradigma politico rimpiazzato dal paradigma caotico”.
Gli imbecilli hanno continuato a guardare lui, il dito, mentre indicava la luna. Ben detto, no? Ne ha anche per il Vaticano II e per il ’68, il filosofo che si porta molto e che si dice né di destra né di sinistra. Affetta da inguaribile relativismo morale e teorico, tutti seguono l’Io e le sue voglie, bene e male sono chimere senza senso, la nostra società nata dalla fiction cristiana e dalla sua alleanza con il potere romano, è destinata a perdere la partita con l’islam, “religione virile, guerriera, conquistatrice, potente, forte di soldati pronti a morire per essa”. Islam e cristianesimo: “Due forze, due spiritualità, due culture, due civiltà che esistono opponendosi l’una all’altra”.
La predica non valoriale, dice lui, è tuttavia severa sebbene non nuovissima: il sintomo della malattia occidentale è “il nichilismo, tutto vale tutto, niente vale alcunché, un egocentrismo forsennato… il dominio delle passioni tristi… il trionfo della negatività… la sadiana prosperità del vizio e infelicità della virtù”.
L’interessante è che l’idea di una identità infelice, mutuata da Finkielkraut e altri, si combina con la polemica antireligiosa e con un’idea di decadenza che, come in Houellebeq, non è rimpianto, nostalgia, considerazione di valore, è mera constatazione, autopsia di una civiltà, nevrosi non curata.
Ci vuol altro, ovviamente, e perfino l’erudito Onfray dovrebbe studiare di più e leggere meglio, possibilmente non i giornali. Ma siccome per capire il senso della corrente è sempre opportuno dare uno sguardo alla direzione che prendono i detriti portati dal fiume, Onfray, brava persona e intellos a quaranta carati, pur dicendo un mare di fesserie va nella direzione giusta. Ancora uno sforzo.
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