Una maturità uguale per tutti

Un esame di maturità rinnovato e test Invalsi per gli studenti delle scuole superiori. Il ministero dell’Istruzione vuole rendere le valutazioni finali più omogenee in tutta Italia. Ecco cosa cambia

30.09.16 Daniele Checchi e Maria De Paola Infovoce.

5 Commenti

Si annuncia il cambiamento dell’esame di maturità. Si prevede anche l’introduzione di un test Invalsi, da somministrare nel corso dell’anno scolastico. Il ministero dell’Istruzione sembra aver preso atto che il voto di maturità non riesca a segnalare in maniera adeguata a imprese e università le competenze degli studenti e che voglia quindi introdurre un esame con caratteristiche di maggiore comparabilità, come accade in molti paesi europei. I passi sembrano però non del tutto coerenti.

Come cambia l’esame

Non tutto è ancora chiaro ma tre sembrano essere i principali cambiamenti riguardanti la valutazione finale degli studenti della scuola secondaria. Innanzitutto, l’introduzione di un test Invalsi che oltre a verificare le competenze in italiano e in matematica dovrebbe accertare anche la conoscenza dell’inglese. La somministrazione del test dovrebbe avvenire nel corso dell’anno scolastico per evitare sovrapposizioni con la preparazione dell’esame finale di maturità (lo stesso dovrebbe avvenire per gli studenti della terza media che ad oggi sostengono un test che fa parte della prova d’esame). Il risultato del test non dovrebbe influenzare l’esito dell’esame di maturità, ma dovrebbe comparire come punteggio autonomo riportato in pagella congiuntamente al voto conseguito. La seconda novità riguarda la riduzione delle prove d’esame da tre a due, con l’eliminazione della cosiddetta “terza prova” decisa a livello di singolo istituto. Infine, cambiano anche le commissioni d’esame: al momento ci sono 3 commissari interni e 3 esterni, mentre a partire dal prossimo anno i commissari potrebbero essere tutti interni, forse anche per una questione di contenimento della spesa. Tutto ciò si accompagna al maggiore peso che verrà attribuito al percorso di studio dello studente: attualmente su un massimo di 100 punti, 25 possono essere ottenuti con i crediti maturati durante gli anni scolastici precedenti e i restanti 75 (15 per ciascuna delle tre prove e 30 per il colloquio) grazie al risultato conseguito nelle prove di esame. Il nuovo sistema prevede invece un massimo di 40 punti per il curriculum scolastico e un massimo di 60 punti per la prova d’esame (20 per ciascuna prova scritta e 20 per il colloquio).

Un metro comune di valutazione

Per esprimere un giudizio su questi cambiamenti è utile chiedersi a che cosa serve l’esame di maturità. Il suo principale scopo è quello di segnalare (allo studente prima di tutto, ma anche a imprese e università) il livello di preparazione e di competenza posseduti dell’esaminando. Affinché ciò accada due studenti con identica preparazione devono avere lo stesso voto. Facile a dirsi, difficile a farsi. Ad esempio, perché i due hanno docenti che usano metri di valutazione diversi, oppure perché uno di loro il giorno dell’esame non è in buone condizioni di salute.

Un buon esame dovrebbe quindi sforzarsi di trovare un metro comune e fare in modo che il suo esito non sia influenzato troppo da eventi casuali. Il nuovo esame di maturità con l’introduzione di un test standardizzato e l’eliminazione della terza prova si muove nella direzione di avere un esame “nazionale”, la cui difficoltà sia il più possibile uniforme. Un passo in avanti per cercare di superare la solita querelle sulle differenze regionali nei voti di maturità che a inizio estate ha riempito le pagine dei giornali. La presenza in pagella del punteggio al test Invalsi (svolto al computer dallo studente) può essere una soluzione migliore rispetto a quella di far pesare il risultato del test sul voto di maturità. Infatti, i test standardizzati e le prove curriculari misurano aspetti diversi della formazione ricevuta e può quindi essere utile poter disporre di entrambe le valutazioni. Inoltre, il voto di maturità, tenendo conto anche dei risultati ottenuti durante il percorso scolastico, risente meno di condizioni specifiche che potrebbero caratterizzare il momento in cui si sostengono le prove finali. Tuttavia, affinché le imprese e le università prendano in considerazione questo voto è necessario aumentarne la credibilità. Uniformare le prove d’esame è un passaggio necessario anche se non sufficiente poiché, come già discusso su questo sito, molto dipende dal metro di giudizio utilizzato dai docenti. Quest’ultimi, in base alla nuova proposta, guadagnano margini di autonomia valutativa grazie al maggior peso assegnato ai crediti acquisiti dallo studente nel corso dell’anno scolastico e alle commissioni composte esclusivamente da membri interni.

Attenzione alla standardizzazione

Infine, è bene ricordare che l’utilizzo di un test standardizzato identicamente sottoposto a studenti che frequentano indirizzi scolastici molto diversi tra loro, quali sono i licei e gli istituti professionali, può essere problematico. Invalsi ha proposto di affrontare questa difficoltà attraverso l’uso di un test adattivo, cioè un test svolto in due momenti distinti, in cui la prima parte (identica per tutti) agisce come test di posizionamento per la seconda parte (che si differenzia alla luce del risultato conseguito nella prima). Tuttavia, poiché le competenze si formano anche attraverso l’apprendimento curriculare, sarà bene utilizzare graduatorie differenziate per indirizzo scolastico per evitare di confrontare studenti che, per condizioni di partenza, sono oggettivamente diversi.

Categoria Cultura

Commenti

iccardo 03/10/2016 alle 16:07 Rispondi

Ma nessuno nota che se verranno tolti i commissari esterni, per una questione prettamente economica, questo pregiudicherà comunque la valutazione? Vuoi mai che i docenti che hanno giudicato per 5 anni lo studente si mettano proprio a giudicare anche il proprio lavoro proprio il giorno dell'esame? La primaria forma di controllo è che il tutto possa avvenire con persone terze all'istituzione scolastica e non con gli stessi professori avuti nei 5 anni precedenti. Dopo che si possa fare un test, un quiz, una domanda o un tema non cambia nulla. E' sbagliato il presupposto di partenza come oramai tutto quello che si fa per la scuola.

Gianni De Fraja 03/10/2016 alle 15:45 Rispondi

Mi trovo, non si sorprenderanno, d’accordissimo con Maria e Daniele. Avevo infatti proposto una soluzione che non solo risolverebbero quasi perfettamente i problemi di confrontabilità di voti ottenuti in scuole diverse, ma permetterebbe anche una sostanziale riduzione dei costi, vale a dire la correzione degli elaborati da parte di una commissione nazionale. Tra l’altro una soluzione già molto utilizzata con successo in molti paesi. http://www.lavoce.info/archives/12655/tre-articoli-per-rendere-equa-la-maturita/ http://www.lavoce.info/archives/12996/la-mia-proposta-per-la-maturita-alcune-precisazioni/

Umbedx 03/10/2016 alle 10:05 Rispondi

MoltI anni fa, una brillante azienda, per assumere nuovi tecnici, fece un cosa molto semplice : non chiese il voto di maturità, ma fece rispondere ad un test costruito sulle necessita' aziendali. Fine

Markus Cirone 02/10/2016 alle 17:08 Rispondi

Quindi ci saranno materie di serie A (italiano, matematica e inglese) perché i test Invalsi ci diranno quanto lo studente è competente e materie di serie B (le altre) a prescindere dal corso di studi. Trent'anni fa non ci si poneva il problema della differenza dei voti tra nord e sud, perché le commissioni erano nazionali: docenti (di scuola e universitari) si spostavano lungo la penisola per garantire una valutazione più omogenea. Perché non rifarlo? Costa troppo? Facciamo allora come in Francia: prove d'esame spedite per posta a un docente che le corregge a casa sua senza nemmeno avere mai visto lo studente

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