“Bruxelles ci ha preso l’identità per darci la prosperità. Ma ha fallito”
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“Per l’Europa, siamo pedine di modelli socio-economici. Il relativismo culturale ci ha reso dei narcisisti edonisti”. Intervista a Leon de Winter
di Giulio Meotti | 28 Giugno 2016 ore 10:56 Foglio
“E’ difficile per i commentatori del politicamente corretto capire che le persone non sono solo pedine di modelli socio-economici
Roma. “Sappiamo quale sia il cuore della crisi: il progetto europeo è stato dirottato da un piccolo gruppo di militanti sovranazionali che disprezza l’autenticità delle nazioni europee”. Leon de Winter, oltre a essere il maggior scrittore olandese, è sempre stato anche un europeista convinto con specchiate credenziali democratiche. E in questa intervista al Foglio dopo la Brexit dà sfogo a tutto il proprio scetticismo: “La cultura non ha alcun valore per questa élite: hanno ridotto le menti a programmi, bilanci, calcoli, con il risultato che essi non riescono più a sentire quello che i cittadini di queste nazioni devono sopportare: la perdita di identità in cambio della promessa di prosperità e di pace. Ma le crisi dell’euro e dei migranti mettono in pericolo sia la pace sia la prosperità. Molti cittadini della Ue si sentono traditi dalle élite di Bruxelles, che spero capiscano adesso cosa c’è in gioco: il loro concetto di multiculturalismo non funziona. Dobbiamo tornare al Mercato comune europeo, a una collaborazione degli stati-nazione, con alcuni aspetti che devono essere centralizzati, come la sicurezza e l’antiterrorismo. Quando le élite hanno iniziato il loro progetto politico di superstato, la creazione di una cultura europea artificiale sviluppata da burocrati, hanno dovuto ignorare le anime degli stati-nazione, basta vedere quello che hanno fatto alla cultura greca. E’ un disastro”. Leon de Winter ha appena ricevuto il premio Pim Fortuyn, che porta il nome del politico e sociologo olandese ucciso nel 2002 da un animalista, il dandy gay che giudicava le libertà occidentali minacciate dall’avanzata dell’islam. Alcuni giorni dopo c’è stata la strage di Orlando, in Florida, con cinquanta morti in un club gay. “L’ultima volta che tante persone sono state uccise in una esplosione di violenza a causa del loro orientamento sessuale è stata nel Terzo Reich. Ma non dobbiamo dimenticare che l’Iran ha giustiziato migliaia di omosessuali dal 1979”.
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Allo scrittore olandese Leon de Winter, a colloquio con il Foglio, chiediamo perché quasi tutti i media dopo Orlando non abbiano saputo distinguere tra “odio” e “terrorismo”. “E’ difficile per i commentatori del politicamente corretto capire che le persone non sono solo pedine di modelli socio-economici – le loro tradizioni culturali sono importanti. Ma come affrontare i problemi che sono il risultato dell’evoluzione culturale? Questo significa che la cultura occidentale è superiore? Con le rivoluzioni culturali degli anni Sessanta, noi occidentali abbiamo imparato a respingere i valori essenziali dell’occidente. E’ stato un errore tragico. Abbiamo perso gli strumenti per difenderci in senso culturale”.
Sembra che la nostra reazione sia sempre di letargia e di compassione, fino alla prossima strage. Come si spiega questo? “Con la paura di agire, di diventare responsabili. Questa è l’eredità del relativismo culturale. Alla fine, le arti parlano di morale e di etica, la scelta tra il bene e il male. Ma quando hai perso l’impegno di discriminare (e sto usando questa parola come positiva), non si può prendere più una posizione. Questa è l’eredità del relativismo culturale. Eppure una delle essenze della civiltà è fare delle scelte, prendere le parti e dividere il mondo in aree chiare e scure, sacro e profano, bellezza e bruttezza. Nell’arte moderna si vede la perdita della capacità di discriminare. Anche la perdita del senso del sacro è terribile in occidente. Ma sono ottimista. Assistiamo alla lotta di un’antica civiltà, l’islam, che non può adattarsi alle esigenze della modernità e che morirà se non passa da una riforma. Noi abbiamo la necessità di ripristinare i rituali con cui possiamo santificare la nostra vita. Le nostre città moderne sono i luoghi più sicuri della storia umana. Il problema è che non abbiamo gli strumenti morali ed etici per difendere noi stessi. La capacità di difendere è la volontà di usare la violenza. Ma come legittimare questa capacità?”.
Pim Fortuyn lo aveva capito prima degli altri. “Hai ragione. Era un omosessuale, un intellettuale, un filosofo, erroneamente etichettato come un semi-nazista. Era un liberale che aveva reclamato il diritto di parlare. La folla politicamente corretta lo odiava ed era solo questione di tempo prima che venisse ucciso. Era un visionario e le ferite della sua uccisione sono ancora aperte nella società olandese”. Conclude De Winter: “La rivoluzione culturale degli anni Sessanta ha cancellato il senso di valori sacri e ci siamo ridotti a narcisisti. La catastrofe della Shoah ha minato la volontà occidentale di condurre l’umanità verso un futuro migliore. Ma il narcisismo edonista – basta guardare il fenomeno dei selfie – svanirà perché è minacciato da ideologie pericolose per la vita”.
Quali valori? “Qualcosa di completamente antiquato come l’onore? Lo studio del greco e del latino? La consapevolezza che viviamo, con i morti e con i non nati, come parte di una catena di idee e di valori? La ricerca della verità e della bellezza? Il senso del mistero che sentiamo quando ognuno di noi sente la vastità del cosmo e il miracolo dell’esistenza umana?”.
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