I prof. che aboliscono il calcio a scuola per non offendere le donne offendono le donne
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La scuola media di Greve in Chianti ha deciso di abolire la tradizionale partita di calcio di fine anno per difendere la parità di genere: “Non possiamo e non vogliamo accettare di veder relegate le nostre più brillanti ragazze nel ruolo di passive cheerleader” spiegano in una lettera venti docenti
(foto LaPresse)
di Camillo Langone | 26 Maggio 2016 ore 06:15 Foglio
Ho letto la notizia della scuola media di Greve in Chianti che ha deciso di abolire la tradizionale partita di calcio di fine anno. Bene, mi sono detto, meglio tardi che mai, bisognava proprio finirla con le distrazioni extra-scolastiche, basta con le partite e le gite, noi contribuenti paghiamo i docenti perché tramandino il sapere, non perché stimolino il sudore. Poi magari (ero in un raro momento ottimista) questi buoni professori avranno spronato gli allievi a sostituire, durante le vacanze, il pallone con i libri, meglio se di autori del territorio per instillare l’orgoglio di appartenere, e quindi con la lettura di Oriana Fallaci che a Greve ha avuto casa per oltre mezzo secolo, oppure di Bino Sanminiatelli di cui non ho mai letto una riga e però sono parzialmente giustificato in quanto non chiantigiano, o ancor meglio di Domenico Giuliotti, perfino più ribelle di Oriana e non per nulla Prezzolini lo definì “cattolico belva”.
Poi ho letto meglio. E ho fatto bene perché nei dettagli si nascondono sia Dio che il diavolo, e stavolta il diavolo. “Siamo i vostri docenti e siamo chiamati a trasmettervi la forza del pensiero critico, il coraggio delle scelte difficili, il valore dell’uguaglianza e di tutte le diversità a partire da quella di genere”, così comincia la pallonicida lettera aperta firmata da venti professori. La prima parte non è male: pensiero critico e scelte difficili potrebbero condurre proprio a Giuliotti e a Oriana. La seconda parte è invece ambigua perché l’amore per l’uguaglianza e quello per la diversità faticano a convivere, inoltre si ha come l’impressione che l’estensore materiale di questo manifesto anticalcistico volesse dire tutt’altro, intendesse promuovere non la diversità bensì la non diversità ossia l’indifferenziazione sessuale. La terza parte ha confermato i miei sospetti: “Non possiamo e non vogliamo accettare di veder relegate le nostre più brillanti ragazze nel ruolo di passive cheerleader”. Si sono messi in venti per scrivere questa lettera e nessuno ha letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina. O invece, siccome in Toscana i somari sono caratteristici dell’Amiata e non del Chianti, il Genesi lo hanno letto e poi hanno deciso di boicottare il disegno divino scientemente, diabolicamente. Scrivo l’ultimo avverbio con una certa convinzione: “Dietro alla nuova visione prometeica”, ha scritto il cardinale Sarah, “c’è il segno del diavolo”. In effetti solo dei reggicoda di Conchita Wurst possono schifare le pupe che sgambettano prima delle partite Usa l’ambiente che ha prodotto Sheryl Crow, Miley Cyrus, Lindsay Lohan, Gwen Stefani, magnifiche espressioni di biondezza e salute. Definire passive le cheerleader significa essere molto in malafede o molto impreparati: queste ragazze sono al contrario iperattive, si muovono moltissimo. E al mondo recano più gioia di quanto faccia Michela Marzano.
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Il sogno non detto dei venti professori (o, più probabilmente, professoresse) dev’essere quello di piallare i seni delle studentesse, così niente discriminazioni fra prime e quarte misure, e più nessuna tentazione esibizionistica. Per completare l’opera bisognerebbe sigillare i capezzoli perché i dotti galattofori sono parecchio discriminanti: io non ce li ho, e nemmeno i miei amici. Prima o poi bisognerà porsi il problema siccome la mascolinizzazione della donna scatena la femminilizzazione del maschio che però è frustrata da una natura ancora molto discriminante, ancora non persuasa dalle teorie gender: una legge può abolire il gioco del pallone ma nessuna legge può introdurre l’allattamento maschile. In compenso venti professori possono dire a intere scolaresche che la femminilità, e quindi il parto che della femminilità è il massimo esito, è per ragazze di serie B.