Idee e suggerimenti per reggere ai cambiamenti climatici in attesa della fusione nucleare
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Invece di tentare di ridurre la CO2 i leader mondiali investano sull’ingegneria climatica
di Antonio Pascale | 01 Dicembre 2015 ore 20:00 Foglio
Abbiamo a disposizione – sulla questione cambiamento climatico – un’enorme quantità di dati. La mole – degli studi, delle pubblicazioni scientifiche – è così alta e impressionante che spesso le persone ne sono spaventate. Chi si metterebbe ora a tavolino per leggere – in cinque, sei mesi, di duro studio – tutto quello che la comunità scientifica ha prodotto e poi trarre le dovute conclusioni? Quindi, andiamo avanti, se va bene, per euristiche o, se va male, per sentito dire. Siamo confusi. Per esempio, è già difficile capire chi sono gli attori in gioco (la CO2, il vapore acqueo, temperatura, calotte polari) per non parlare degli scenari, alcuni apocalittici (non abbiamo scampo), basati su report ad alto tasso di emotività, a cui seguono invettive contro l’uomo, quel meschino essere che distrugge il creato. Oppure tentativi di minimizzare il problema con un classico: ce la caveremo. Rischiamo di ritrovarci paralizzati, pieni di sensi di colpa, incerti se tornare indietro per ritrovare l’innocenza o andare avanti.
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Questa confusione mette ansia e si vede, almeno a considerare le proposte dei precedenti meeting internazionali. Ai dati oggettivi, cioè il cambiamento climatico è in atto – dati (al momento) non ancora seriamente messi in discussione – non seguono, o non si intravedono, proposte concrete ed efficaci. Che facciamo? Come procediamo? Il fatto è che al momento, i summit sul clima sono formati da molte brave, e ben disposte, persone che si mettono attorno a un tavolo e cercano di negoziare le riduzioni della CO2. Basta? Anche volendo, come si fa? Nei miei miseri 50 anni di vita ho visto il prodotto interno lordo del mondo aumentare, e di tanto, quelli bravi con i calcoli dicono: 30 volte di più, e in proiezione, da qui alla fine del secolo, aumenterà di 30 volte ancora – ovviamente, dando per scontato il livello attuale di progresso. Visto lo sviluppo ancora diseguale, per arginare la mala parata, purtroppo non basta ridurre di una piccola quota la percentuale di anidride carbonica e tra l’altro l’ottima e risolutiva innovazione tecnologica per ridurre in maniera consistente la nostra impronta, cioè la fusione atomica, forse riusciremo a ottenerla fra 50 anni. Per essere concreti, qui e ora, dovremmo tagliare il 97 per cento delle emissioni di CO2.
E come si fa? Non abbiamo ancora la tecnologia – o dovremmo investire un’ingentissima quantità di risorse – per purificare le emissioni fino a questo punto. E inoltre, francamente, chi è quel leader politico così franco di cerimonie capace di dire al proprio elettorato: da oggi proverò a tagliare la produzione fino a raggiungere meno 97 per cento di CO2, certo, il nostro tenero di vita si abbasserà un poco, ma va be’… Dai, nemmeno il più agguerrito sostenitore della decrescita felice. Ora, è da considerare che in un recente vertice, il ministro dell’Ambiente sovietico – è c’è da dire che la Russia per questioni legate alla geografia è meno minacciata dal cambiamento climatico – insomma il ministro ha detto: invece di tagliare le emissioni, cerchiamo di pensare all’ingegneria climatica. Pensiamo a dare concretezza a quelle soluzioni che possono essere già da oggi sperimentate e applicate – rimozione della CO2 e riduzione della radiazione solare o la proposta di Latham/Salter – e mantenere la temperatura attuale e darci un po’ di pausa, così da aspettare senza ansia e danni i famosi 50 anni che potrebbero portarci alla fusione nucleare. Naturalmente la sola parola ingegneria mette paura (vedi ingegneria genetica), e naturalmente in tanti tra intellettuali e opinion maker pensano che possa essere pericolosa, ma allo stato dei fatti, visto costi e benefici, la sola cosa pericolosa e continuare a essere spaventati di tutto (dunque immobili) e contrattare sulle quote di CO2 senza osare e chiedere di più e meglio: in fondo, si tratterebbe solo – come dicono in due saggi (Bollati Boringhieri) sia James R. Flynn sia David Keith – di alternative razionali.
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