Ogm, lo scontro in Europa alimenta la confusione
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Il business vale 3 mila miliardi. E l'Ue non vuole perdere il treno. Ma c'è il niet di 19 Stati. Difesa della salute? No, solo lobby. Intanto il biotech è già in tavola.
di Francesco Pacifico | 18 Ottobre 2015 lettera43
Al confronto le liti sul rigore o sull'accoglienza ai profughi sono scaramucce tra educande.
Dopo mesi di ripicche e dispetti è uscita alla scoperto la guerra in atto tra la Commissione europea e gli Stati membri sul futuro degli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura.
Bruxelles non vuole perdere il treno: teme di restare fuori da un business che a livello mondiale vale 3 mila miliardi di dollari; non è immune alle pressioni dei grandi produttori; ragiona in prospettiva di Ttip (il partenariato commerciale atlantico) e sa che gli americani non accetteranno mai una chiusura ai loro semi ritoccati in laboratorio.
NESSUNA GARANZIA A FAVORE. Per tutto questo ha presentato nei mesi scorsi una direttiva (la 412/2015), passata poi all'Europarlamento, che in estrema sintesi non vieta il commercio degli Ogm e lascia ai singoli Stati la possibilità o meno di autorizzare le colture, dopo tutti i controlli sanitari e scientifici del caso da parte dell'autorità comunitaria.
La stragrande maggioranza dei Paesi dell'Eurozona punta invece al divieto: tanto che la commissione Agricoltura dell'Europarlamento ha bocciato in maniera impietosa (47 a 3) la direttiva sugli Ogm nella parte che dà ai singoli Paesi la possibilità di autorizzare le semine.
I contrari brandiscono innanzitutto questioni di natura sanitaria: nessuno studio ha dimostrato che gli organismi geneticamente modificati siano dannosi per la salute, ma nel contempo non c’è pubblicazione che abbia garantito con certezza la loro salubrità.
LE ACCUSE DEL NYT. E sulla questione l'incertezza è massima, dopo che nelle scorse settimane il New York Times ha accusato le multinazionali del settore di 'pagare' importanti esperti per spingerli a mettere in luce nelle loro ricerche i pregi degli Ogm (la riduzione dei pesticidi, per esempio), ma non gli aspetti più controversi (le ripercussioni sulla crescita degli animali).
Sempre il fronte del no ha fatto sua la battaglia per salvaguardare «la nostra sovranità alimentare».
Slogan ripetuto spesso dal leader dei trattori francesi, José Bové.
Ma dietro l'approccio dell'Eurozona si intravede il peso della lobby degli agricoltori, forte politicamente e destinataria ancora oggi della gran parte dei contributi comunitari.
Tra i Paesi contrari anche Italia e Germania
I produttori del Vecchio continente stanno sviluppando un'agricoltura dove la biodiversità (che per l'industria alimentare è un costo) è un valore aggiunto.
Biodiversità che - come garanzia di qualità - viene fatta pagare in modo molto salato. Soltanto in Italia la spesa 'bio' registra un giro d'affari di 20 miliardi di euro. La Coldiretti, che ha realizzato questa stima, sostiene anche che otto italiani su 10 sono disposti a spendere di più in cambio della certezza di mangiare sano e non vogliono sentire parlare di biotech.
In quest'ottica l'Europa rischia il caos. Visto che non c'è nessun blocco alle importazioni di alimenti geneticamente modificati, già oggi il 90% della soia importata è Ogm. E finisce sulle tavole dei cittadini quanto nelle mangiatoie degli animali. Nonostante le colture biotech in Europa non superino i 143.016 chilometri quadrati (sono presenti in Spagna, dove c'è il 90% delle piante, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) la Ue ha autorizzato la coltivazione del Monsanto 810 e si appresterebbe a fare altrettanto con altri sette semi.
DIVIETO IN 19 PAESI. Questo stato di cose non impedisce la contaminazione anche nei Paesi Free Ogm.
A valle di tutto ciò, 19 Paesi hanno comunicato a Bruxelles il loro divieto alle colture transgeniche nel territorio di appartenenza. Oltre all'Italia fanno parte del club Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Slovenia e Ungheria.
Sui generis il comportamento della Gran Bretagna: ha dovuto presentare domanda per autoescludere dalle semine biotech i campi di Scozia, Irlanda del Nord e Galles. Intanto però registra esperimenti all'avanguardia, come quelli realizzati al John Innes Centre and Sainsbury Laboratory di Norwich, dove sono stati creati pomodori e mele arricchiti di anti-ossidanti e più resistenti alle muffe e al deterioramento.
REGNA LA CONFUSIONE. In questo caos ognuno può fare quello che vuole. E ad aumentare la confusione c’è anche la scelta dell'Europa di non darsi un sistema adeguato di etichettatura, come il “Made in” sostenuto nei mesi scorsi dall'Italia.
I Paesi settentrionali, come la Germania, si sono avventurati nelle produzioni casearie un tempo monopolio delle aree mediterranee. Per questo hanno respinto l'obbligo di tracciabilità sui loro formaggi o sui loro insaccati.
Lo fanno per poter giocare sulla confusione: infatti basta affidarsi a nomi italiani o spagnoli e fare concorrenza al supermercato alle produzioni latine. Ma la cosa potrebbe rivelarsi un boomerang anche per il fronte del Nord e favorire, per esempio, l'uso di farine di provenienza Ogm in alimenti fatti in Nord America o in Asia. Che potrebbero essere anche spacciati per kilometro zero.
Categoria Ambeinte