Tutte le contraddizioni del pauperismo bio sul cibo. Parla il prof. Ponti
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Contro l’opa della “Carta di Milano” sull’Expo. . “L’Expo non è nient’altro che il festival dello spreco di denaro pubblico con la foglia di fico della fame nel mondo”
di Alberto Brambilla | 08 Luglio 2015 ore 06:27
Roma. “L’Expo non è nient’altro che il festival dello spreco di denaro pubblico con la foglia di fico della fame nel mondo”. A sostenerlo è un pericoloso comunista-liberista – definizione di cui va fiero – come Marco Guido Ponti, ordinario di Economia applicata al Politecnico di Milano. Ieri mattina, durante il dibattito “Carta di Milano: un documento inutile?” nella sede meneghina dell’Istituto Bruno Leoni, ha criticato le “contraddizioni” dell’Expo e “l’ipocrisia” del documento di policy prodotto dall’organizzazione, la “Carta di Milano” appunto, che “dovrebbe almeno citare le problematiche dell’agricoltura” ma è “così zeppo di ovvietà che se davvero verrà presentato alle Nazioni Unite c’è il rischio che il Palazzo di vetro crolli dalle risate”, aggiunge parlando al Foglio.
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“E’ particolarmente odiosa l’ambiguità del messaggio offerto da Expo. Non c’è nulla di male in una manifestazione fatta per promuovere i prodotti alimentari italiani, ma disturba se nel farlo si mette la foglia di fico della fame nel mondo. E’ un problema serio che rimane inevaso o viene trattato con molta superficialità”, dice Ponti che in qualità di funzionario della Banca mondiale ha lavorato in 17 paesi asiatici, africani e sudamericani dove “la fame è reale”.
La Carta di Milano, che il fondatore di Slow Food Carlo Petrini vorrebbe veder assurgere a programma di governo, rispecchia queste contraddizioni: “Non vengono citati gli Organismi geneticamente modificati (Ogm) sui quali c’è dibattito internazionale. La stragrande maggioranza degli scienziati dice che non fanno male e soprattutto li mangiamo da sessant’anni. La censura prodotta nel documento ricalca la visione protezionistica degli agricoltori italiani che hanno convenienza a demonizzare i vegetali ogm”.
Il modello esaltato all’Expo è quello di “un’agricoltura pauperista che perpetua povertà” perché “la fame sta nell’agricoltura non sviluppata, quella portata a modello dalla madrina dell’Expo Vandana Shiva, che chiamo ‘Panzana’ per le bugie che propala, quando dice che bisogna tornare all’agricoltura tradizionale con mezzi arretrati. Significa – dice Ponti – riproporre su scala globale un sistema che nei paesi in via di sviluppo produce fame, quell’agricoltura famigliare dalla produttività molto bassa che genera la necessità di fare molti figli per proteggersi”. Guai a dire che “grazie alla globalizzazione la malnutrizione nel mondo è stata battuta: cinquant’anni fa eravamo 4 miliardi di cui 2 sottonutriti, oggi siamo 6 miliardi di cui circa 800 milioni sottonutriti, poco più del 10 per cento”, dice. Ci sono poi altre “omissioni odiose” nel manifesto dell’Expo: “Quella moralmente più grave è il protezionismo dei paesi avanzati, Europa, Stati Uniti, Giappone, che offrono generosi sussidi ai loro agricoltori impedendo ai produttori asiatici di entrare in un grande mercato. Un terzo del bilancio della Commissione europea è dedicato all’agricoltura, 6 miliardi per l’Italia, col paradosso che gli agricoltori occidentali tengono i prezzi artificialmente alti e così proteggiamo coi nostri soldi gli agricoltori ricchi e impediamo a quelli poveri di venderci prodotti a basso costo. Tutto per difendere una quota di addetti piccolissima: l’agricoltura impiega il 3 per cento dei lavoratori europei”.
Perché non si parla di un tema che fa inorridire ogni economista con una minima sensibilità sociale? “Tutta la ‘catena alimentare’ che sostiene Expo vive di sussidi pubblici e questo è il sistema che piace a persone come Petrini di Slow Food”. Ma lei ha visitato l’Esposizione? “Certo, si fanno conferenze sull’alimentazione ma di fame non si parla e forse era meglio impiegare i finanziamenti per qualcosa di concreto. I padiglioni maestosi dei paesi più poveri, come l’Angola, verranno distrutti tra tre mesi. Soldi pubblici (1,7 miliardi a fondo perduto in totale, ndr) sprecati. Sono un po’ schiaffi alla miseria”.
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