Piovono smentite autorevoli sugli estremisti dell'ambientalismo pugliese
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Le sentenze e i pareri che, da Taranto a Brindisi, ridimensionano gli allarmi sull'epidemia tumorale sono un colpo per i pasdaran anti industria
di Federico Pirro | 17 Aprile 2015 ore 13:10 Foglio
L'Ilva di Taranto (foto LaPresse)
La Corte europea dei diritti umani giovedì ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'Ilva. Secondo i giudici la ricorrente, una donna di Taranto, non ha dimostrato che sono state le emissioni dell'Ilva a causare la sua leucemia. La Corte sulla base di studi delle Autorità italiane e di quelli commissionati dalla stessa interessata ha sostenuto che nell’area di Taranto non vi è una incidenza della leucemia superiore a quella di altre città italiane dando ragione ai tribunali amministrativi italiani che avevano archiviato i ricorsi della signora. Le associazioni ambientaliste avevano fatto di questo caso, come di altri, una bandiera per condurre una battaglia colpevolista verso l'industria, battaglia ideologica a nostro avviso, e ora ricevono forti smentite anche in sedi internazionali.
C'è un'altra notizia dello stesso tenore che rafforza questa visione e smentisce clamorosamente gli ambientalisti di Brindisi: “In città non c’è una situazione catastrofica rispetto alle altre province e rispetto alla media meridionale e nazionale circa l’incidenza dei tumori”. E’ questo il commento del prof. Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa Puglia e Presidente del Comitato scientifico del Registro tumori Puglia, riguardo al rapporto di attività del 2014 dello stesso registro, presentato alla stampa nei giorni scorsi dal Presidente della Regione Vendola, dell’Assessore regionale alla sanità Donato Pentassuglia, dalla coordinatrice del Registro Lucia Bisceglia, dal Direttore generale dell’Agenzia regionale per la Sanità Ettore Attolini e dal Direttore dell’Istituto Oncologico di Bari Attilio Guarini.
ARTICOLI CORRELATI L'Ilva si salva o no? Abbiate fede - l'analisi di Alberto Brambilla Specialisti d’arredamento al governo Nel dettaglio il registro tumori dell’Asl di Brindisi – che si riferisce ai dati che vanno dal 2006 al 2008 – è in fase di accreditamento alla “mappa dei registri tumori di popolazione” gestita da Airtum (Associazione italiana registro tumori), ma i risultati sono già nella disponibilità dei tecnici e sono stati confrontati con quelli delle Asl di Taranto (anni 2006-2010), Lecce (2003-2007), Barletta-Andria-Trani (2006-2009) Foggia (2006), Bari (2006) e con i dati del Pool Airtum 2006-2009 – un pool nazionale costituito da 38 registri tumori – e con i dati dei registri tumori Airtum 2006-2008 del sud e delle Isole.
Allora, secondo gli studi effettuati tra il 2006 e il 2008 nel brindisino per quanto riguarda l’insieme dei tumori maschili e femminili, l’incidenza è risultata in linea con le altre province pugliesi e leggermente inferiore di quella dei dati Airtum-pool nazionali. Perché la notizia è per molti aspetti clamorosa e, pur riferita alla persistenza di gravi e dolorose patologie nel periodo studiato, assume particolare rilievo? Perché Brindisi nella sua zona industriale ospita fra l’altro il primo polo energetico nazionale per capacità di generazione insediata, imperniato su tre centrali di cui due in esercizio – la Federico II dell’Enel con 2.640 Mw a carbone che occupa fra diretti e indiretti 1.200 addetti, la centrale a turbogas dell’Enipower da 1.320 Mw, la più potente fra quelle possedute dall’Eni in Italia con circa 200 occupati fra diretti e nell’indotto – e quella dell’Edipower, al momento spenta e in attesa di autorizzazione a ripartire con un modulo da 380 Mw che potrebbe bruciare carbone, miscelato con un combustibile da rifiuti, contro il quale l’opposizione degli ambientalisti è durissima.
Accanto a tali insediamenti energetici Brindisi ospita i grandi stabilimenti chimici della Versalis con 820 occupati fra diretti e indiretti, della LyondellBasell, della Jindal Films e della Ipem, mentre anche il comparto aeronautico vanta nell’area una forte presenza con i grandi stabilimenti della GE Avio Aero, della Agusta Westland e della Salver, tutti con un forte nucleo di Pmi dell’indotto.
Ebbene contro le grandi industrie energetiche e chimiche locali, da anni i movimenti ambientalisti di Brindisi - che peraltro rappresentano una esigua minoranza della popolazione cittadina, come dimostrato anche dai loro risultati elettorali in tutte le competizioni svoltesi nella circoscrizione da almeno vent’anni – stanno combattendo una tenace, durissima, irriducibile battaglia politica e culturale imputando ad esse un grave impatto ambientale – peraltro contenuto e circoscritto grazie all’impiego nelle grandi imprese di tecnologie e best practices gestionali degli impianti, rese possibili da massicci investimenti già realizzati o tuttora in corso – e chiedendo alla magistratura, sull’esempio di quanto accaduto a Taranto, di compiere indagini volte ad accertare, giudicare e punire le presunte responsabilità degli inquinatori, e giungendo persino a chiedere anche la dismissione coatta degli impianti ritenuti responsabili dell’inquinamento e delle patologie diffuse nella popolazione.
A Brindisi insomma si sta combattendo una battaglia molto accesa fra l’ambientalismo antindustrialista e tutti coloro che, dalla Confindustria ai sindacati e al mondo della ricerca, vogliono difendere invece l’apparato industriale locale in logiche di crescente ecosostenibilità.
Federico Pirro è docente all'Università di Bari – Centro studi Confindustria Puglia)