Terra. L’universo, collegato, sotto e dentro di noi
- Dettagli
- Categoria: Ambiente
Qualche consiglio per imparare a osservare con i nostri occhi il terreno, una delle fonti più importanti (e sottovalutate) da cui il vino trae origine
10.3.2025 Andrea Moser.linkiesta.it lettura 5’
Fermatevi, alzatevi in piedi e fate quattro passi.
Raggiungete il più vicino bosco se avete la fortuna di abitare in campagna o in periferia, oppure il primo parco cittadino di grandi dimensioni che abbia ancora una parvenza di naturalità. Fate dei passi leggeri all’interno del primo spazio verde che trovate, cercate di percepire il cambiamento nella risposta dei vostri piedi durante il passaggio fra l’umano, l’antropizzato, e la terra nuda e verde che ora sta sotto di voi. Ora chinatevi, osservate in silenzio, cosa riuscite a vedere? Piccoli insetti e animaletti che si muovono lenti e veloci, sull’erba, sotto e nel mezzo, magari qualche lombrico che fa capolino, un ragno che tesse la sua ragnatela, una formica, uno scarafaggio, una lucertola. Se potete appoggiate le mani al terreno, percepitene l’umidità, la temperatura, la struttura; già che l’avete toccata ora scavatene una piccola porzione con le mani (se siete in un parco occhio alle multe), ora annusate quella piccola porzione di terra che stringete fra le mani, cosa sentite? «Profumo di terra» direte voi, sì e no, in realtà un misto di fungo, sottobosco, spezie a volte, forse lieve decomposizione di materiale vegetale, carbone, tabacco, resina se vi trovate vicino a conifere, note più dolci vicino alle latifoglie.
Immagazzinate tutte queste informazioni.
Alla prima occasione provate a fare la stessa cosa in un campo di grano appena fuori città, in un frutteto, in un vigneto o anche solo in un prato in città: sono proprio curioso di sapere se proverete e troverete le stesse sensazioni che avete ricavato dal piccolo esperimento eseguito nel bosco. Se le cose andassero veramente bene, dovreste trovare più o meno le condizioni e le percezioni riscontrate nel bosco, in casi virtuosi potreste trovare sensazioni simili o leggermente attenuate, molto più probabilmente però vi ritroverete di fronte a qualcosa di diverso, un odore e forse anche la sua assenza, una struttura e una resistenza allo scavo delle vostre mani molto lontane dai vostri ricordi boschivi.
Ora chiedetevi: perché? Quante cose sappiamo o sapete dei terreni che avete appena esplorato in minima parte? Cosa è cambiato? Perché non ci facciamo mai caso? Perché ci ritroviamo sempre a guardare il cielo pensando a quante stelle ci siano e non guardiamo mai dove poggiamo i piedi, da dove viene la nostra origine e il nostro nutrimento?
Si stima che in un cucchiaino di terra sana, quella del bosco di cui sopra, ci siano più microorganismi che abitanti sulla terra. In un ettaro di terreno sano la biomassa, l’insieme di macro e microorganismi, presente nei primi metri ammonta a svariate tonnellate, per darvi un’idea è come se sotto ai nostri piedi vivessero e si nutrissero l’equivalente di dieci-dodici vacche da latte senza che noi le vedessimo. Di tutta questa moltitudine si stima che la scienza conosca solamente lo 0,5 per cento delle specie presenti, rimane probabilmente una stima per eccesso perché ancora non sappiamo quanto sia il cento per cento (qui un articolo che approfondisce il tema del microbiota del terreno).
Perché è interessante tutto questo e quanto c’entra con il nostro amato vino? C’entra moltissimo, in realtà ne è origine, fulcro e ritorno. Si fa un gran parlare di terroir, di vini “naturali”, di biodinamica e di biologico. Tutte queste tecniche o definizioni di tecniche e pratiche agronomiche hanno una cosa in comune, cercano tutte di comunicare meglio di quanto fatto fino ad ora con il terreno e fare in modo che le piante possano fare altrettanto.
Spieghiamoci meglio: il vigneto non è un ambiente naturale, se seguite le newsletter di Kantina da un po’ lo avrete già letto, in natura non è possibile trovare anche solo un ettaro di bosco (o altri mille ambienti lasciati al libero arbitrio di madre natura) in cui siano presenti sette-otto-diecimila piante dello stesso identico tipo, magari dello stesso clone e che producano lo stesso frutto, fate una verifica, ma risulta veramente molto molto difficile. Proprio per questo motivo il sistema vigneto necessita di continui interventi umani per rimanere in equilibrio, dai trattamenti per proteggersi dalle malattie fungine, alle lavorazioni del terreno per eliminare le malerbe quando va bene, all’uso dei diserbanti quando va male; fino alle potature, alle legature e tutte le altre pratiche per tenere in ordine e produttivo questo ambiente in cui umano e natura provano a convivere con risultati più o meno soddisfacenti. Tutto quello che noi consideriamo avversità nel vigneto altro non sono che i tentativi della natura di riappropriarsi di un sistema che non è in equilibrio, renderlo equilibrato e resiliente eliminando i deboli e lasciando solo i più forti, perché in natura tutto ciò che è ricco e complesso è duraturo e resiliente, tutto ciò che è povero e semplice è destinato a soccombere.
È sì, madre natura in politica non avrebbe un gran futuro…
Partendo da questo principio dobbiamo capire che esistono diversi gradi di disequilibrio, gradi che sono inaccettabili per la natura, gradi di equilibrio che non sono accettabili per l’uomo e poi tutto quello che sta nel mezzo. In linea generale tutto ciò che avvicina il vigneto a un ambiente naturale e quindi ad aumentare la biodiversità ci aiuta a trovare equilibrio, questo avviene per ciò che possiamo osservare come le piante e le erbe che crescono fra le file delle viti, ma succede contemporaneamente anche nel sottosuolo e tra i suoi microorganismi. Per capire quanto sia fondamentale il legame fra le piante e il terreno basta sapere che una vite invia più del quaranta per cento dei fotosintetati che produce grazie alla fotosintesi clorofilliana nel terreno per, letteralmente, nutrire e allevare i microorganismi a lei più congeniali, che a loro volta le permetteranno di assorbire ciò che in quel terreno è contenuto, portando realmente nell’uva e infine nel vino la vera essenza del territorio in cui vivono e crescono (di recente abbiamo raccontato di una ricerca scientifica basata proprio su queste interazioni).
Alcune sostanze, alcuni minerali possono essere assorbiti dalle viti in maniera efficiente solo grazie alla simbiosi con determinati microorganismi. La formazione della famosa sostanza organica nel terreno avviene solo grazie ai microorganismi. La permeabilità del terreno e la sua stabilità è garantita dalle piante, dalle loro radici e dalla produzione delle stesse di sostanze organiche in grado di legare le componenti inanimate strutturali del suolo e, in esso, far vivere e prosperare una miriade di esseri viventi. Il fissaggio del famoso azoto nel terreno avviene grazie alle piante, ma ancor più grazie alla combinazione delle piante e della loro “fauna” (per così dire), basta pensare che perfino le erbacce come la temuta gramigna, una volta maturate, iniziano a inviare gran parte del loro lavoro nel terreno per strutturarlo, favorire i microorganismi ad esse utili e creare quindi un ambiente favorevole alla loro propagazione.
Ogni volta che lavoriamo un terreno, diserbiamo, “calpestiamo” il terreno con un mezzo pesante, lo inquiniamo con le microplastiche, estirpiamo una pianta o un’erba chiedetevi sempre quale sarà il risultato di quella azione. Se non compirete personalmente quella azione, chiedetevi sempre mentre comprate una qualsiasi bottiglia, come quel prodotto è stato creato e come è arrivato sulla vostra tavola e se quel prodotto potrà preservare un equilibrio già precario o andrà inesorabilmente a rovinarlo… Quell’equilibrio che andremo a sostenere o distruggere ha impiegato anni, decenni, secoli e a volte millenni per stabilizzarsi ed è esattamente da quell’equilibrio che dipende anche la nostra salute. Possiamo infatti dire che il suolo è un po’ l’intestino del vigneto, che una moltitudine delle sostanze prodotte nella pianta attraverso la comunicazione con i microorganismi presenti in un determinato terreno finiranno inesorabilmente nel nostro stomaco e quindi nel nostro sistema digerente, restando quindi indelebilmente collegati. Se è vero che siamo quello che mangiamo, sarebbe sensato mangiare e bere qualcosa che aumenti la nostra resilienza, la nostra salute e, di conseguenza, il nostro equilibrio.
Per concludere, la prossima volta che vedrete un vigneto, fatevi due domande, guardate pure il cielo, ma non dimenticatevi di guardare a terra e pensate che esiste un universo forse ancora più grande sotto ai vostri piedi.