Morsi da zecca, borreliosi e Tbe, rischi reali e miti da sfatare secondo il dipartimento Malattie Infettive dell’Ulss2

Il dottor Mario Giobbia, dell’unità operativa Malattie infettive dell’ospedale Ca’Foncello di Treviso

REDAZIONE QDPNEWS. 2 LUGLIO 2024 lettura4’

Il dottor Mario Giobbia, dell’unità operativa Malattie infettive dell’ospedale Ca’Foncello di Treviso

Ogni anno, quando l’estate è alle porte, le zecche e i potenziali rischi che rappresentano per l’uomo diventano un tema dibattuto: l’opinione comune si divide, su questo tema, tra chi ritiene le probabilità di venire morso rappresenti un reale rischio e chi invece non se ne interessa affatto, ritenendo la probabilità di ammalarsi troppo remota. Per fare chiarezza sui rischi che questo piccolo acaro porta con sé nella sua “caccia”, abbiamo chiesto alcune delucidazioni al dottor Mario Giobbia, dell’unità operativa Malattie infettive dell’ospedale Ca’Foncello di Treviso.

Dottore, è vero che c’è stata una proliferazione anomala di zecche quest’anno nel nostro territorio?

Sì. Questo fenomeno è legato a molteplici fattori: da un lato l’aumento delle temperature, questo a livello mondiale, che consente alle zecche di essere sempre più diffuse per via del clima ideale. Normalmente, salendo a seicento o settecento metri, il loro numero cominciava a diminuire, oggi invece possiamo trovarla anche ad altitudini elevati. Questo è il primo punto: il secondo è sicuramente il passaggio degli animali selvatici, soprattutto cervi, daini e cinghiali, che possono aver migrato soprattutto dalle aree dei Balcani dove la fauna era molto più ricca e dove per questo c’era meno cibo a disposizione. In questo periodo poi la ridotta attenzione alla pulizia dei boschi, allo sfalcio dei prati, costituisce effettivamente un ottimo “territorio di caccia”. La zecca normalmente si trova fissata sui fili d’erba oppure su rami e cespugli, aspettando sull’estremità di potersi agganciare con i suoi piccoli uncini alla pelliccia degli animali.

Quali malattie possono portare e quali sono le conseguenze?

Sono molteplici. Alcune non hanno interesse nelle nostre latitudini quindi in questo momento non ne parleremo. Sostanzialmente nelle nostre aree sono due le patologie trasmesse dalle zecche che hanno un rilievo epidemiologico maggiore: la borreliosi (o la malattia di Lyme, che prende il nome dalla città americana dov’è stata scoperta) e la TBE (tick borne encephalitis). La più frequente è la prima: si tratta di un batterio presente all’interno dell’intestino dell’animale che si trasmette attraverso la saliva nell’organismo umano. Normalmente questa malattia è seguita, dopo dieci o quindici giorni dal morso della zecca, da lesioni di tipo cutaneo (eritemi) che possono essere limitati all’area del contatto oppure in aree più estese che tendono a espandersi. Gli aloni tendono così a spostarsi sottocute, indicando il passaggio di questi microbi. Segue poi una fase di approfondimento, che vede il microbo spostarsi in vari organi a livello articolare, causando potenzialmente artriti, oppure alterazioni del ritmo cardiaco, dovute un passaggio a livello appunto del cuore. La borreliosi può creare anche dei quadri di meningoencefalite, quasi sempre benigna, che possono tuttavia portare dei periodi di alterazione delle capacità di coscienza e alterazioni di aspetti caratteriali del paziente, con periodi di febbre più o meno elevata che può essere anche ricorrente.

La Tbe, che è più rara a queste latitudini, è un’encefalite virale stragrande maggioranza dei casi benigna, che in alcuni casi può determinare delle paralisi flaccide quindi delle paralisi con muscolatura molle e rilassata. Questi sintomi possono perdurare mesi o in rarissimi casi possono diventare persistenti. Sicuramente è un’esperienza molto negativa nel senso che comporta per alcuni la presenza di una cefalea molto intensa e la presenza di confusione mentale, alterazioni del carattere, difficoltà di concentrazione e perdita temporanea della memoria. Tutte manifestazioni che possono accompagnarsi alla componente muscolare.

Come si previene la borreliosi e cosa può fare una persona per proteggersi?

Il batterio impiega un certo periodo di tempo per manifestare la propria patologia: la zecca deve rimanere attaccata all’uomo due o tre giorni per eseguire “un pasto completo” di proteine per poter poi costruire altrove le proprie uova. Questo significa che intercorrono una decina o dozzina di ore perché il batterio transiti dall’intestino della zecca all’organismo dell’uomo: dopo aver fatto la passeggiata o essersi esposti a questo rischio di morso di zecca, è opportuno tornare a casa e farsi una doccia, per poi auto-verificarsi o far verificare a un famigliare l’eventuale presenza di zecche. Questo specialmente nelle zone meno raggiungibili come sotto la nuca, nelle zone ascellari o tra la peluria. Tutto il corpo può essere interessato dalla loro presenza. Possono essere anche molto piccoli all’inizio, ma dopo due o tre giorni di di permanenza diventano delle dimensioni di un seme di mandarino.

E se ne si trova una? Come si fa a rimuoverla?

Ci sono mille metodi raccontati, un po’ dei miti se vogliamo: dallo spegnere la sigaretta sulla zecca a tentare di soffocarla con il petrolio. Non è il caso: molto semplicemente si prendono delle pinzette per l’estrazione dei peli, si afferra delicatamente la zona in cui il rostro e si fa un movimento ad elica, tirandola fuori lentamente, con dolcezza.

E se la testa rimane all’interno?

Questa rappresenta una delle paure più diffuse: se non viene estratta bene e rimane semplicemente il rostro non succede assolutamente nulla di grave. È la stessa cosa di avere un piccolo frammento di legno, una scheggia, che rimane all’interno della cute e che qualche giorno dopo, attraverso la formazione di un piccolo foruncolo, verrà eliminata. Ripeto, l’importante è ricordarsi invece che abbiamo dieci o dodici ore di tempo per fare un’attenta osservazione del nostro corpo, ricercare le zecche presenti.

E per la TBE esiste il modo di prevenire la malattia?

Il virus è contenuto direttamente nelle ghiandole salivari della zecca nel momento stesso in cui la zecca inietta nel nostro organismo l’anestetico, che contiene già il virus. Questo significa che non c’è latenza. Per i soggetti – e solo per loro – che sono fortemente esposti c’è una vaccinazione molto efficace contro la TBE, con scarsissimi effetti collaterali. In ogni caso, in caso di passaggio in zone a rischio, è opportuno portare indumenti lunghi su strade non ben battute e, magari, spruzzare del repellente sulle calze.

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