Sulle “pance in affitto” è utile rileggere il programma di Pedro Sánchez
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Oggi, nel 2023, il tema in discussione è l’utero in affitto. Una definizione di per sé sgradevole e produttiva di reazioni soprattutto negative
28 MAR 2023 lettere Direttore Cerasa. ilfoglio.it lettura4’
Al direttore - Sono sempre stata, e sono radicalmente e rigorosamente, antiabortista. Tuttavia, ho combattuto, di fianco a Pannella, perché ogni donna avesse la possibilità di scegliere se portare avanti una gravidanza o rinunciarvi, oltre i confini delle mie idee ma nel rispetto del massimo diritto costituzionale, cioè la libertà. E’ arrivata dunque la legge, ma dopo 45 anni c’è ancora chi definisce l’aborto un diritto. Quando, invece la legge si limita a consentire alle donne di decidere liberamente se continuare la gravidanza o interromperla, pur sempre con l’aiuto dello stato. Ma c’è ancora chi non l’ha capito. Oggi, nel 2023, il tema in discussione è l’utero in affitto. Una definizione di per sé sgradevole e produttiva di reazioni soprattutto negative. Non che gestazione per altri o maternità surrogata siano locuzioni più seducenti. Tuttavia, è in ogni caso una realtà ormai acquisita nel mondo, resa legge in alcuni stati (per esempio, Texas e Messico), tollerata in altri (per esempio, Repubblica ceca, Paesi Bassi e Romania) e considerata reato in altri ancora, tra i quali l’Italia, con la legge n. 40 del 2004. Perché è diventato così di attualità oggi? E non si parla d’altro? Perché a Milano c’è stato lo stop alla trascrizione dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali. La prefettura di Milano ha richiamato, appunto, la legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita e ivi prevista come legittima solo per coppie formate da persone di sesso diverso. Fatto sta che in Italia su 100 coppie che ricorrono alla scelta dell’utero in affitto, il 90 per cento è costituito da eterosessuali e il 10 per cento da omosessuali, i quali, inevitabilmente, sono discriminati. Ora, mi sembra davvero pretestuoso e provocatorio, non solo che si definisca omofobo il governo perché contrario alla trascrizione in Italia dei figli nati all’estero grazie alla gestazione in un utero estraneo alla coppia genitoriale, ma anche perché ci si scandalizzi tanto sull’offerta del compenso a un corpo estraneo ai sentimenti famigliari, e perché sia scandaloso che una madre si privi del bambino da lei tenuto per nove mesi nella pancia. Prima di tutto è opportuno ricordare che in Italia è permessa la prostituzione senza che sia considerata reato, e la prostituzione consiste proprio nell’offerta del proprio corpo agli estranei per motivi di denaro, e quindi di sopravvivenza. Esattamente come fanno le mamme per altri, che offrono il loro corpo per nove mesi di fila. Perché questo dovrebbe essere sfruttamento delle donne? O strumentalizzazione della povertà? Sono donne adulte e libere che si propongono, e che quindi hanno scelto liberamente quel modo per procurarsi reddito (invece di prostituirsi, di fare le pulizie, di raccogliere pomodori, di scaricare le casse al supermercato). Non riesco a immaginare delle coppie che girino nel mondo per convincere una donna a impegnarsi in una gestazione non voluta e non spontaneamente decisa. In cambio di denaro. Per di più, in Italia, esiste una norma (art. 30 Dpr n. 396/2000) che consente a qualsiasi donna di abbandonare in ospedale il figlio appena partorito, senza riconoscerlo e senza dedicargli un minuto di più della propria vita, dopo averlo messo al mondo. Questo figlio viene “tutelato” dallo stato tramite gli orfanotrofi (che non esistono più) e, possibilmente, dopo anni di solitudine e di finta socialità viene adottato, restando nel frattempo “allevato e curato”, a nostre spese, in una casa famiglia. Se la legge in Italia consente alle donne di organizzarsi liberamente, e senza commettere alcun reato, sia per guadagnare con il proprio corpo, sia per abbandonare i figli appena partoriti impegnando economicamente gli altri, perché l’utero in affitto è considerato reato? E’ meglio prostituirsi o curare una vita che sta per nascere nel proprio corpo? E’ meglio abbandonare i figli a una casa famiglia o affidare un figlio a una famiglia con una casa accogliente? Che cosa c’è di orrendo nel pensare a una coppia (omo o eterosessuale) che dà nell’immediato del denaro a una donna, in grado di scegliere se accettarlo o no, e successivamente dà amore, formazione, istruzione (e magari anche il proprio patrimonio nel futuro) a un figlio? E’, dunque, questo un problema di grande, profonda e diversificata riflessione su temi gravi e importanti, quali la libertà, i diritti degli adulti, i diritti dei bambini, la morale, i confini della scienza, le argomentazioni giuridiche. Tutti temi che la bioetica dei prossimi anni ci aiuterà a risolvere in modo più fermo e convincente di quanto non lo sia la nostra e attuale approssimazione. Ora, in ogni caso, non ci si può limitare, come ai tempi delle battaglie italiane sull’aborto, a dire “io sono contro l’utero in affitto”, “io sono a favore dell’utero in affitto”. Io non sono a favore, ma capisco chi lo è. Il diritto di ogni essere umano a dare o ricevere amore, il diritto a potersi mantenere senza rubare, il diritto a voler essere genitori, pur se non scritti nella Costituzione, meritano articolate e oneste riflessioni, che possono portare a una decisione, a favore o contro, le ipotesi esaminate sinora. Dunque, un pensiero severo sarebbe da indirizzare a coloro che non considerano tutte le ipotesi possibili, trincerandosi dietro una morale rigida e assoluta, inconsapevoli della variegata e concreta realtà, dei progressi della scienza, delle idee e degli ideali che esistono e proliferano in 7 miliardi di individui nel mondo; oltre e al di là del perimetro misurabile della mente di chi è fermo su una sola idea.
Annamaria Bernardini de Pace