Heatflation. L’impatto della crisi climatica sull’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli

Il riscaldamento globale diventa la mano invisibile che guida gli eventi e gli individui, con ripercussioni sulla nostra capacità d’acquisto, su quanto e come spendiamo. Clima e finanza si incontrano, e nelle Filippine un chilo di cipolle arriva a costare quanto un chilo di carne

Maria Cristina Odierna 23.2.2023 linkiesta.it lettura4’

Gli eventi climatici estremi degli ultimi anni si sono palesati in tutta la loro eccezionalità, sconvolgendoci e creando talvolta disappunto, soprattutto in coloro che reputano questi fenomeni inspiegabili. Si resta sempre più spesso inermi e sorpresi davanti a concatenazioni di avvenimenti che credevamo possibili solo nei film e che ora, invece, superano la sfera della potenzialità.

Le conseguenze si fanno concrete, i danni tangibili e le nostre abitudini da modificare contro il nostro volere, talvolta anche contro le nostre disponibilità economiche. Capita, infatti, che la crisi climatica si intersechi con altre criticità, alimentando crisi globali dai risvolti sconcertanti. È così, per esempio, che clima e finanza si incontrano e un chilo di cipolle, nelle Filippine, arriva a costare quanto un chilo di carne.

Che il cambiamento climatico abbia effetti negativi sull’ambiente è ormai evidente: l’estate 2022, per esempio, è stata una stagione da dimenticare. Secondo i dati del C3S, il Servizio per il cambiamento climatico Copernico, ente ideato dalla Commissione Europea per monitorare il cambiamento climatico in Europa, nei mesi estivi dello scorso anno si sono raggiunte temperature da record, in peggioramento rispetto allo stesso periodo nel 2021.

«Le intense ondate di calore che hanno attraversato l’Europa si sono unite al clima insolitamente secco, con conseguenti eventi estremi e temperature elevate, siccità e incendi diffusi», afferma Freja Vamborg, scienziata del C3S. Si potrebbe così cedere alla tentazione di pensare che le condizioni climatiche osservate in una determinata stagione non si riflettano nei mesi successivi, che non abbiano un impatto sull’andamento delle stagioni a venire.

Le crisi sono però interconnesse, e un sistema naturale più vulnerabile rende tutti più vulnerabili. Lo si osserva in ambito agricolo, settore fortemente influenzato dalle incertezze del cambiamento climatico globale e di cui si cominciano ad avvertire i primi effetti. Se, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, nei prossimi anni l’Europa settentrionale trarrà beneficio dalle temperature in aumento con una maggiore resa agricola, la zona meridionale del continente invece non va incontro a prospettive rosee.

La tropicalizzazione del clima permette a nuove colture di prosperare portando con sé variazioni nella produzione di frutta e verdure, fortemente influenzate dagli eventi estremi e dalla diffusione di nuovi specie di parassiti. Un’emergenza di cui già si afferra l’entità: secondo Coldiretti, nell’estate 2022, le ondate di calore hanno messo a repentaglio circa il quaranta per cento del raccolto stagionale, con una diminuzione del trenta per cento nella produzione annuale di riso. Un periodo difficile anche per gli allevamenti, con gli animali che smettono di produrre latte, in calo del venti per cento lo scorso anno.

Nel marasma di preoccupazioni e incertezze, a inquietare è quindi – insieme alla siccità e alle temperature estreme – la scarsità di risorse a disposizione, che pesano soprattutto per la loro importanza economica. Da qui il fenomeno della heatflation, unione delle parole “heat” (calore) e “inflation” (inflazione), che ben risponde al bisogno di dare un nome al periodo che stiamo vivendo, in cui il cambiamento climatico diventa la mano invisibile che guida gli eventi e gli individui, con ripercussioni sulla nostra capacità d’acquisto, su quanto e come spendiamo.

Dal piano teorico a quello pratico, secondo una ricerca del gruppo Allianz, i prezzi dei prodotti agroalimentari sono aumentati del trentuno per cento nel 2021 e di un ulteriore ventitré per cento nel 2022, percentuali che si tradurrebbero in un picco di spesa per il consumatore medio tra i duecento e i duecentocinquanta euro in più, sempre nel 2022.

Le previsioni per l’anno corrente, invece, si attestano sullo stesso trend. Secondo le stime di Coop sul 2023, l’inflazione sui generi alimentari sarà comunque elevata (+6,7 per cento). Un aumento dei prezzi costante che, sempre per Coop, spingerà gli italiani (circa l’ottanta per cento) a scelte consapevoli, a prediligere regimi alimentari più salutari diminuendo il consumo di carne e derivati. Un’inversione di tendenza necessaria di un sistema alimentare globale fragile, duramente sotto attacco, in cui l’inflazione dei prodotti agroalimentari è solo l’espressione del momento.

Lo scorso aprile, scienziati e attivisti di tutto il mondo sono scesi in piazza, protestando contro le grandi aziende e i governi nazionali, con l’accusa di ignorare l’emergenza climatica, di non fare abbastanza per combatterla. Tra loro c’era Peter Kalmus, scienziato della Nasa, che con due colleghi si è incatenato di fronte alla sede della JP Morgan Chase Bank di Los Angeles. L’ultimo disperato tentativo di risvegliare gli animi della gente, di chi nelle stanze dei bottoni conta qualcosa.

Proprio Kalmus, in concomitanza con le proteste, si è espresso così sul The Guardian: «Il tracollo del nostro Pianeta è peggiore di quanto si pensi. Secondo i dati scientifici, con i combustibili fossili che continuano a riscaldare la Terra tutto ciò che amiamo è in pericolo. (…) La situazione è così surreale che spesso mi ritrovo a ricontrollare i dati per verificare che stia davvero succedendo, come a darmi un pizzicotto sul braccio per risvegliarmi dall’incubo. Ma sì, sta accadendo davvero».

Alla fine nel 2021, Netflix ha lanciato il film “Don’t look up”, di Adam McKay, pellicola acclamata da molti, manifesto grottesco della nostra società. Qui, fantasia e reale sembrano viaggiare su binari paralleli, l’inverosimile è troppo distante per essere percepito come plausibile. Eppure arriva un momento, in alcuni film, in cui un interprete rompe la quarta parete, generando turbamento nello spettatore.

La finzione è sospesa, sguardo dritto in camera e la storia immediatamente ha un coinvolgimento maggiore, tocca corde inattese. Forse il cambiamento climatico funziona così: sembra dispieghi la sua trama indipendentemente da chi osserva, quasi in ordine casuale, ma poi ci guarda in faccia, ci disorienta, lacera le aspettative, per dirci che sta accadendo davvero. E che ora tocca proprio a noi.

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