Trans si toglie la vita a 19 anni a Napoli, la denuncia del Gay Center: “Chiara subiva bullismo e violenze”
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Chiara, transgender di 19 anni, si è tolta la vita nella sua casa a Napoli mentre la madre non era presente. E’ quanto denuncia il Gay Center di Roma, tra i principali centri italiani per i servizi rivolti alla comunità LGBT, che seguiva la giovane da qualche anno.
27.10.2022 ilriformista.it lettura 2'’
A 17 anni Chiara li aveva contattati per raccontare gli episodi di violenza, bullismo ed emarginazione che subiva da tempo dopo aver deciso di esprimere la sua identità femminile.
Dopo la denuncia, che Gay Help Line l’ha aiutata a presentare tramite l’Oscad (l’Osservatorio interforze del Ministero degli Interni, contro gli atti discriminatori), Chiara aveva trovato accoglienza in una comunità ed il supporto delle associazioni LGBT+. Ma “la strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i ragazzi minorenni: l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia che spinge le giovani vittime a giustificarsi, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi trans sulla base della loro identità del genere e non del sesso, il rischio di essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi. Tutto questo Chiara aveva dovuto e saputo affrontarlo. Ci era passata attraverso. Ma non c’è l’ha fatta”, racconta Gay Center all’agenzia Ansa.
“E’ fondamentale e urgente trovare soluzioni strutturali per fermare la violenza, formando personale educativo e socio-sanitario consapevole e pronto a sostenere lo sviluppo fisico, psicologico e sociale dei ragazzi lgbt+, come loro diritto”, sottolinea Alessandra Rossi, responsabile Gay Help Line di Gay Center “Ho seguito Chiara quasi dall’inizio fino a pochi mesi fa, ed unisco il cordoglio a quello dell’associazione, e dei suoi cari, e proprio nella sua memoria lavoreremo per accogliere sempre più ragazze e ragazzi come lei che vengono emarginati dalla società e/o dalle famiglie”, assicura Sonia Minnozzi, responsabile della Casa famiglia ‘Refuge Lgbt’ di Gay Center.