Contro il catastrofismo. "Ecco perché sul clima l'Onu sbaglia". Parla Franco Prodi
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"Il problema del cambiamento climatico esiste, ma l'allarmismo produce decisioni sbagliate. L'approccio delle Nazioni Unite non equivale alla salvaguardia del pianeta". Le emissioni, le politiche globali e Greta Thunberg. Intervista al fisico e climatologo
Franco Prodi, con Margherita Hack, in una foto del 2004 (Olycom)
RUGGIERO MONTENEGRO 11.8. 2021 ilfoglio.it lett4’
L'ultimo report dell'Onu, quello redatto dagli scienziati dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, non lascia spazio a troppe interpretazioni: il tempo sta finendo, è l'ultima chiamata per combattere il riscaldamento climatico e la principale causa è, “inequivocabilmente”, il comportamento dell'uomo. È davvero così? “Facciamo una premessa. L'Ipcc è un forum internazionale su cui si poggiano le Nazioni Unite. Ma non bisogna confondersi: le loro risultanze non sono un dogma, la scienza segue altre strade”. A rispondere al Foglio è Franco Prodi, fisico dell'atmosfera e climatologo di fama internazionale, un passato da docente ordinario all'università di Ferrara e 20 anni al Cern, anche con incarichi di direzione.
Ed è per questo, dice, che certi toni catastrofisti proprio non li condivide: “Bisogna cogliere innanzitutto una differenza, quella tra scenari e previsioni. L'Onu si basa su scenari interni, figli di modelli precostituiti e ipotesi non del tutto disinteressate. Analizzano la letteratura e prendono, tra i risultati scientifici, quelli che confermano le loro tesi di partenza”. Un metodo, quello descritto dal professore, che ribalta il paradigma della ricerca. “E infatti le previsioni sono un'altra cosa e la scienza, oggi, non è in grado di dare indicazioni certe, perché la climatologia è una disciplina acerba. Le basi della fisica su cui poggia non sono ancora tali da permettere conclusioni drammatiche come quelle indicate dall'Ipcc”.
Eppure è un fatto che la temperatura si stia alzando, tanto più negli ultimi decenni: “ Il fenomeno esiste – chiarisce Prodi -, ma nel corso della storia, repentini cambiamenti del clima si sono sempre verificati. Per questo rifiuto l'allarmismo. E poi il punto è un altro”. Quale? “Esistono sicuramente fattori di tipo antropico, ma non si possono quantificare come fa l'Onu, secondo cui tutti i mali sono causati dall'uomo”. Sono molteplici tuttavia gli studi che vanno in questa direzione, come siamo arrivati a questo punto? “C'è stata una coincidenza tra l'industrializzazione del pianeta e la scoperta di strumenti di misurazione di certi fenomeni atmosferici. Gli ultimi due o tre secoli però sono un battito di ciglia rispetto alla storia dell'umanità”.
Nel ragionamento del climatologo sono dunque i presupposti a essere errati, una logica che si espone a una serie di rischi: “Non possiamo prendere decisioni basate sul catastrofismo, sarebbero sbagliate. C'è effettivamente un problema, ma affrontarlo nei termini prospettati dall'Onu non equivale alla difesa del pianeta”. In questo senso, l'invito di Prodi è quello, prima di tutto, di abbandonare ogni preconcetto, facendosi guidare da un approccio multidisciplinare. “Il pianeta è finito e non abbiamo altri mondi da colonizzare. E allora dobbiamo interrogarci sull'energia fossile, su cosa provoca e quanta ce ne resta. E chiederci anche quale costo economico e sociale siamo in grado di sostenere, privandocene. Sono tutti temi che non possono essere trattati ideologicamente come invece accade”.
Il mese scorso l'Europa ha preso posizione, annunciando il piano Fit for 55 che prevede di ridurre del 55 per cento le emissioni di Co2 entro il 2030, con l'obiettivo finale di azzerarle nel 2050. Anche questa è una soluzione ideologica? “Il piano della Commissione va anche bene, ma non è così che si vince la partita. L'Ue produce solo il 9 per cento delle emissioni e questa strada ha dei grossi rischi economici, mentre altri paesi, come Cina o India, non intendono rinunciare a queste forme di energia e non si pongono nemmeno il problema”, dice ancora Prodi secondo cui, piuttosto, l'unica via realmente percorribile sta nell'individuazione di “nuove forme di governo mondiale, in grado di affrontare il problema in maniera coordinata e organica”. Una soluzione quasi ovvia in un mondo globalizzato che tuttavia, nelle parole di Prodi, deve fare i conti con un'opinione pubblica sempre più polarizzata che non lascia spazio a posizioni diverse da quelle prevalenti: “La catastrofe mediatica è già avvenuta e chi si espone viene subito marginalizzato. Ed è una dinamica che vale anche nella comunità scientifica”.
Come a lasciar intendere che l'opinione di Greta Thunberg valga quella di uno scienziato: “Occorre scalfire il pensiero unico. È tragico e ridicolo che la scienza si faccia dettare legge da questi movimenti”. Insomma è tutto da buttare, oppure qualcosa di buono, i ragazzi di Fridays for future, l'hanno pure combinata? “Sì: l'effetto sui giovani, una crescente sensibilità sul tema". conclude il professore, con una punta di amarezza. Quello che contesto sono i metodi, con il rischio che pur avendo nobili fini, finiscano per mettere in pratica soluzioni non solo sbagliate, ma anche controproducenti”.