Polito e il dramma dell’antibiotico

Cinque giorni di febbre e dolori per salvare il mondo e le coscienze

di Antonio Polito | 04 Novembre 2016 ore 14:23 Foglio

La rubrica "Padri" fa parte dell'inserto Il Figlio, lo speciale di Annalena Benini. In ogni numero un padre racconta di sé, con i figli: storie, sentimenti, pensieri, ossessioni, scoperte. Sono qui disponibili tutti gli articoli.

Ci sono momenti in cui devi decidere se tuo figlio è tuo o no, se cioè lo devi condividere con una comunità più vasta, verso la quale porti delle responsabilità non meno rilevanti di quelle che ti legano a lui. E se dunque nell’allevarlo devi farti carico anche delle conseguenze che le tue scelte avranno sul resto dei suoi coetanei, e sui figli dei suoi coetanei, e sulla loro futura progenie. Se insomma il mestiere di padre non è un fatto privato, una relazione a due, ma un affare sociale, in cui c’entra addirittura il bene comune. E in nessuno di questi momenti la scelta è più difficile di quando devi decidere se dargli l’antibiotico.

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Mi spiego. Lui ha la febbre. Ha la tosse. E’ dolorante, nervoso. Non può andare a scuola. Tu sai che se gli somministri un antibiotico (ce l’hai già in frigo dalla volta scorsa, potresti farlo anche senza prescrizione, sempre ammesso che riesci a ricordare quanti ml devi dargli per chilo di peso, e quanti mg di amoxicillina e quanti di acido clavunalico, che Dio strafulmini chi scrive i bugiardini, sono contenuti in ogni ml), insomma se riesci a somministrargli la dose giusta di antibiotico tempo un giorno e tutto va a posto. Il che vuol dire, nell’ordine: a) che la notte dormi; b) che non devi prolungare l’orario della baby sitter o trovare una sostituta; c) che non devi ricostruire a ritroso nel gruppo whatsapp dei genitori tutti i compiti a casa che si sta perdendo; d) che non salterà una o due lezioni di scherma il cui costo orario non è qui riferibile. Dunque, fosse per te, antibiotico tutta la vita. Così facevano i miei. Così avrei fatto io fino a qualche tempo fa.

Poi è intervenuta la Coscienza Collettiva, a fornire noi padri di un Super-Ego per tenere a freno il nostro egoismo, a esigere attenzione e rispetto per le sorti della comunità nazionale e dell’intera umanità. E ci ha fatto notare che un atto di spensierato utilitarismo domestico, come dare gli antibiotici al figlio anche quando non sono necessari, o interromperli ai primi sintomi di miglioramento, o somministrarli irregolarmente senza rispettare gli intervalli orari prescritti di una dose ogni 8 ore (il che vuol dire, matematicamente, una levataccia notturna) equivale a usare tuo figlio come provetta di un esperimento con conseguenze potenzialmente catastrofiche sul genere umano, come terreno di coltura di nuovi super batteri che, selezionati grazie all’allenamento genetico che tu, padre egoista, hai loro inutilmente o maldestramente concesso, fuoriusciranno dal corpo del tuo bambino per appestare il mondo, e diventeranno così imbattibili, così refrattari a ogni trattamento antibiotico, che i peggiori incubi della peggiore fantascienza si realizzeranno, e prima o poi l’homo sapiens scomparirà dalla Terra sconfitto da un banalissimo staffilococco che tu, proprio tu, hai trasformato nell’Angelo sterminatore.

E così via l’antibiotico, riposto mestamente nel frigo, ad aspettare che dopo due, tre, quattro, cinque giorni, il pediatra coscienzioso ritenga finalmente raggiunto il limite temporale necessario per deliberare se si trattava di semplice virus da curare senza antibiotico o di vera infezione batterica, nel qual caso finalmente ti autorizza a usare senza sensi di colpa il fatidico rimedio. Senza contare i casi intermedi, i più irritanti e per la mia esperienza i più frequenti, in cui aspetti senza antibiotico, dopo cinque giorni gli passano tosse e febbre, e tu non riesci nemmeno a congratularti con te stesso per aver resistito alla tentazione che già arriva il mal d’orecchi, e allora devi comunque passare all’antibiotico, e daresti la testa contro il tavolo come Spalletti per aver perso due settimane sfogliando la margherita per il bene dell’umanità.

Badate bene. L’astinenza medicinale che vi imponete non ha alcuna relazione diretta con la salute di vostro figlio. Sapete benissimo, e lo sa anche il dottore, che se per caso usaste l’antibiotico inutilmente ciò non arrecherebbe alcun danno immediato al piccolo malato, ché la selezione darwiniana del batterio più adatto a sopravvivere è un processo lungo, perfino per i tempi di vita brevissimi di una generazione di germi, e dunque non è con l’antibiotico di stasera che rovinerete la vita a vostro figlio. No, se ottemperate è proprio perché lo fate per il genere umano. Siamo così diventati la prima generazione di padri, almeno dai tempi della scoperta della penicillina, costretti a ribellarci al “gene egoista” che è in noi, a non adeguarci alla legge della sopravvivenza del più adatto, e dunque obbligati a sacrificare il nostro interesse personale a vantaggio di quello della specie cui apparteniamo. Una nuova genia di genitori etici, ecoconsapevoli ed equosolidali. Il che, ve lo posso garantire, è una gran fatica. E ora vi lascio che stamane ho il richiamo dei vaccini del bambino, non sia mai che s’arrabbia Mattarella.

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