Paltrinieri fantastico oro nei 1500 sl, ma c’è un mistero
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Greg vince i 1500 senza rivali: il cinese Sun Yang non si presenta ai blocchi. Cambia la gara non il risultato e come da pronostico il successo va all’azzurro. Un nome da raccontare: lettera per lettera
AFP Greg Paltrinieri, 20 anni, due medaglie a Kazan: oro e argento
09/08/2015 GIULIA ZONCA INVIATA A KAZAN La Stampa
Paltrinieri si prende un oro senza sfida e non certo per colpa sua. Sun Yang non si presenta al secondo round. Non lo dice a nessuno, si scalda come gli altri poi sparisce. E’ noto per essere stravagante ma l’abbandono di una finale mondiale nella sua specialità preferita non è solo misterioso, è sospetto.
Greg non si lascia distrarre e chiude in 14’39”67, migliora il personale di 20 centesimi e piazza il nuovo record europeo
Un nome da raccontare lettera per lettera.
Garanzia. Greg non sbaglia mai un appuntamento importante, da che si è fatto notare agli Europei del 2012 ha sempre portato a casa il risultato e in progressione. Quinto in finale alla prima Olimpiade, a 17 anni. Bronzo ai Mondiali di Barcellona 2013 e oro qui.
Resistenza. Serve per nuotare 18 chilometri al giorno, distanza che lui di certo non patisce.
Energia. Una carica inesauribile e non solo in gara. E’ sempre in movimento, sempre ansioso di andare da qualche parte, di competere con qualcuno, di sperimentare e muoversi.
Gioco. Elemento fondamentale della sua esistenza. Non concepisce lo sport come rigore, riconosce e soffre la fatica, sa che gli serve disciplina ma per fortuna si rifiuta di limitare tutto al conto delle ore di allenamento e clausura.
Onestà. Quando non gira lo dice, quando non funziono è sincero e quando sta bene e ci crede ci tiene a farlo sapere. Senza paura.
Risata. Non gli manca mai, ogni rivalità è alimentata dalle battute, dagli sms ironici. Non sdrammatizza, è che proprio non gli piacciono i toni melodrammatici che prendono certi confronti.
Istinto. Lo segue per uscire allo scoperto nel momento giusto, per accelerare in vasca quando fa la differenza e per cambiare rotta quando serve voltare pagina. Adora il gruppo ma non il branco e di solito annusa le situazioni da cui è meglio tenersi alla larga.
Opportunità. Le ha colte tutte al volo. Il trasferimento nel centro federale di Ostia prima ancora di avere davvero voglia di allontanarsi da casa, lo sponsor .
Popolare. Piace, molti commenti sui capelli lunghi, all’australiana, sul codino da podio, sulle scarpe da cestista. Sung Yang, il suo rivale, avrà quattro uomini intorno, lui ha molti occhi addosso. E quasi tutti lontani dal bordo vasca.
Anticonformista. Le mode lo intrigano, ma di solito ha la sua musica, il suo basket, la sua vita a Ostia, i suoi amici a Carpi. Le etichette non gli restano attaccate facilmente.
Leale. Ha avuto molte offerte: cambiare tecnico, cambiare squadra... Ha sempre detto di aver impostato il lavoro e il gruppo fino ai Giochi 2016 e mantenuto fede alla parola. Nonostante ogni stagione qualcuno ci provi.
Tifoso. Della Juve, del Carpi per ragioni di territorialità, dei New York Knick.
Rassicurante. Non depista e quando vuole vincere lo dice prima. Molto poco italiano.
Iperattivo. Non riesce a staccare, non riesce a entrare in modalità riposo. Ha bisogno di motivazioni fresche e di uno smartphone in mano per collegarsi con la Nba. Consuma un sacco di energie.
Nonchalance. Non subisce le gare o per dirla con le sue parole «non mi impanico».
Iconoclasta. Ha distrutto Sun Yang, anche se prima del via, e si è preso il titolo dell’uomo che in Cina è praticamente un’immagine sacra.
Esterofilo. Adora la cultura americana, soprattutto quella sportiva, si è allenato per un periodo in Australia e vorrebbe fare una lunga esperienza lontano dall’Italia. Dopo Rio.
Realista. Sarà il cronometro che lo ha abituato così ma Paltrinieri non è tipo da grandi discorsi o grandi sfoghi o grandi sogni.
Istrionico. La proposta di matrimonio all’amico Mack Horton inginocchiato dopo gli 800 metri e i siparietti con il compagno di allenamenti Detti. Del resto si è presentato nel 2012, da matricola, con l’acconciatura più assurda del secolo. Ciuffi di capelli sopravvissuti alla rasatura, portati con grande disinvoltura.
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