COME MAI L’ITALIA FATICA A SFORNARE TALENTI NEL CALCIO? PARLA MAURIZIO VISCIDI, COORDINATORE GIOVANILE FIGC

“IN ITALIA I RAGAZZI LI ROVINIAMO, TROPPA TATTICA, SI FA SOLO POSSESSO PALLA. A 21 ANNI IL TALENTO È SVILITO IN NOME DEL COLLETTIVO - C’È BISOGNO,

12-6-2024 dagopia.com lettura3’

INVECE, DI ALLENAMENTI SPECIFICI: AL TIRO, AL DRIBBLING, ALLO SMARCAMENTO SOTTO PORTA…" - IL PROBLEMA DELL'INVASIONE DI "STRANIERI MEDIOCRI" ANCHE NELLE PRIMAVERE. E LO SCARSO IMPIEGO DEI GIOVANI NELLE PRIME SQUADRE - "SPALLETTI? HA UN’ATTENZIONE MANIACALE AL LAVORO SUI RAGAZZI. MI FIDO DI LUI”...

Estratti dell’articolo di Enrico Currò per la Repubblica

Maurizio Viscidi, coordinatore del settore giovanile della Figc, gli azzurri di Spalletti sono arrivati in Germania con una scena benaugurante in testa: la premiazione, prima della partita di Empoli con la Bosnia, dei loro eredi, i ragazzi dell’Under 17 di Massimiliano Favo, che hanno appena vinto il titolo europeo.

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Invece?

“Invece c’è anche un po’ di amarezza, perché i talenti che evidentemente abbiamo anche più degli altri, quando sono piccoli, poi li roviniamo. Dopo 3-4 anni li ritroviamo appiattiti”.

Come mai?

“La prima causa è metodologica. Superati i 15-16-17 anni, appena i ragazzi escono da quell’orbita, coi loro club non lavorano sui duelli uno contro uno e spesso fanno allenamento con l’11 contro zero, l’esercitazione più stupida che ci sia. Non si lavora sull’aspetto cognitivo, sugli ostacoli che frappone l’avversario e sulla reazione alle situazioni che la sua presenza stimola”.

E la seconda causa?

“Per coltivare e sviluppare il talento, c’è bisogno di allenamenti specifici. Bisogna tirare in porta, allenarsi al dribbling, allo smarcamento sotto porta. Invece si fanno partitine mirate alla tattica, al possesso palla. Così a 21 anni il talento si è appiattito, svilito in nome del collettivo. Succede perché gli allenatori di prima squadra hanno necessità di fare risultato e quelli delle giovanili dei club sposano lo stesso concetto, per fare carriera: preparano la gara come se fossero in prima squadra, c’è un eccesso di lavoro tattico”.

Non c’entrano i troppi giocatori stranieri, da anni intorno al 65% in serie A e addirittura al 68% nelle squadre che giocano le coppe europee?

“Certo che c’entrano. C’è un’invasione di stranieri mediocri anche nelle Primavere”.

Per convenienza economica di calciomercato?

“I vantaggi economici possono avere influito, i club agiscono all’interno di regole. Io, da tecnico, vedo l’esito: troppi stranieri mediocri, che tolgono spazio”.

Lo scarso impiego dei giovani nelle prime squadre?

“Il poco minutaggio è un problema. Io sento tutte e due le campane. Gli allenatori delle prime squadre si lamentano del fatto che i giovani non sappiano abbastanza di tecnica e di tattica e hanno ragione anche loro. Ma poi noto che spesso non li allenano, con le sedute specifiche in più, a recuperare tecnica e tattica che mancano”.

Vede correlazione con i risultati meno brillanti dell’Under 21?

“Sì, perché non siamo riusciti a raggiungere l’Olimpiade e i giocatori dell’Under 21, quando finiscono il loro ciclo, in realtà hanno 23 anni e già rientrano pienamente nelle prime squadre dei loro club, dove magari non giocano o giocano poco: il lavoro dei settori giovanili, di fatto, finisce con l’Under 19, che coincide con l’età del campionato Primavera”.

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Con Spalletti, che ha scritto la prefazione del suo ultimo libro, “La partita perfetta”, il feeling sembra evidente.

“Luciano fa cose molto moderne: il sistema estremamente fluido, la costruzione con la difesa alta. La tendenza del calcio di oggi è che non esiste più un sistema fisso, ma strutture di gioco diverse nelle varie fasi di gioco. È la metodologia situazionale con la ricerca del dominio”.

In gergo tecnico è il calcio relazionale, di cui parla il ct?

“La sostanza è che il calciatore deve sapersi adattare alle situazioni. Sintetizzando, sono i principi a guidare le scelte del giocatore in campo. Mentre nel calcio posizionale ti collochi in posizione vantaggiosa e da quelle ti muovi, in quello relazionale è dai tuoi movimenti e da quelli degli avversari che nascono le linee di passaggio. Il pressing, che è essenziale, viene guidato dall’esigenza di non perdere mai l’ equilibrio difensivo”.

In questa Nazionale ci sono tanti giocatori cresciuti nelle Under azzurre.

“Sono molti. Cito Donnarumma, Bastoni, Dimarco, Barella, Raspadori, Chiesa, Scamacca. Qualcuno è partito dall’Under 15. È confortante vedere che non si sono persi per strada. È bello vincere un titolo come quello dell’Under 17, ma sarà ancora più bello vedere tra qualche anno ragazzi come Camarda, Liberali, Mosconi e Natali in Nazionale”.

L’Italia dei grandi è campione europea in carica, ma arriva da due mancate qualificazioni al Mondiale: perché dovrebbe essere ottimista?

“Se non siamo ottimisti noi con questi talenti, chi lo deve essere? Certo, le mancate partecipazioni al Mondiale sono state dolorosissime, nulla più di un Mondiale coinvolge le nuove generazioni. Ma io posso dire che Spalletti ha un’attenzione maniacale al lavoro sui ragazzi e sul loro inserimento. Io mi fido di lui”.

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