F1 Ferrari | Alla scoperta di Bryan Bozzi, l’angelo custode di Leclerc

Dal Gran Premio di Imola, Charles Leclerc ha un nuovo ingegnere di pista: Bryan Bozzi ha esordito come nuova “coscienza” del pilota monegasco,

6.6.2024 msn.com/it lettura3’

alla seconda gara insieme è arrivata anche la prima vittoria. Una boccata d’aria fresca per chi lavora a stretto contatto con il gioiello di casa Ferrari, il quale aveva evidentemente bisogno di un cambiamento del genere per trovare ulteriore tranquillità in macchina. L’ingegnere italo/danese si è aperto attraverso i canali ufficiali del Cavallino, presentando il prossimo Gran Premio del Canada e raccontando il suo percorso che lo ha portato a lavorare a Maranello.

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Quali sono le caratteristiche del Circuit Gilles Villeneuve? Cosa serve da parte della macchina e cosa da parte del pilota per andare forte a Montreal?

“Montreal è una pista con lunghi rettilinei seguiti da combinazioni di curve medio lente. Per andare forte bisogna avere una buona velocità sul dritto, un’ottima decelerazione in staccata e una buona trazione in uscita dalle curve. Dal punto di vista del pilota serve avere grande fiducia nella fase di frenata così da riuscire ad essere preciso nell’inserimento in curva per poi accelerare il prima possibile in uscita. Anche su questa pista, come su tutti i circuiti cittadini, è importante macinare chilometri nelle prove libere per prendere confidenza con il tracciato e i suoi insidiosi muretti”.

Sei recentemente passato dal ruolo di Performance Engineer a quello di Race Engineer. Ci puoi spiegare i differenti ruoli di Race Engineer, Performance Engineer e Driver Coach che costituiscono la cosiddetta crew ristretta di ciascun pilota?

“Il Race Engineer è il responsabile della gestione della vettura che gli è affidata durante l’evento. Questo include l’esecuzione del run plan, ovvero il programma di ciascuna sessione, e la messa a punto della monoposto. Il Race Engineer è anche colui che parla in radio con il pilota per passargli tutte le informazioni di cui ha bisogno durante le sessioni.

Il Performance Engineer è invece responsabile dell’ottimizzazione di vari controlli sulla monoposto, come per esempio la ripartizione di coppia frenante e il differenziale”.

“Per definizione passa gran parte del suo tempo nell’analisi del bilancio della vettura e lavora per fare in modo che si comporti come atteso dalle simulazioni.

Il lavoro del Driver Coach è invece focalizzato sul miglioramento della performance del pilota. Analizza video e telemetrie di tutte le vetture in griglia e suggerisce a chi si trova in abitacolo le linee e gli stili di guida più veloci.

Queste figure insieme agli altri ingegneri, sia in pista che a Maranello, provano ad ottimizzare la macchina per estrarre gli ultimi millesimi di tempo sul giro che in questa Formula 1 possono fare la differenza”.

Ci racconti il percorso che ti ha portato in Ferrari e cosa significa per te rappresentare l’azienda nel motorsport e in particolare in Formula 1?

“Sono italodanese di nascita e mi sono diplomato alla St George’s British International School of Rome prima di trasferirmi in Inghilterra per studiare Ingegneria meccanica alla Bath University. In quel periodo ho partecipato a un progetto di Formula Student, nell’ambito del quale diversi gruppi di studenti hanno la possibilità di disegnare e costruire una macchina da corsa e poi le varie università di tutto il mondo gareggiano l’una contro l’altra come fossero team di motorsport”.

“Grazie a quest’esperienza ho capito che le corse mi piacevano davvero e ho cercato di ottenere un posto come stagista in Ferrari, il team nel quale tutti prima o poi vogliono lavorare. Le cose sono andate bene e ormai da molti anni faccio parte del team di pista della Scuderia Ferrari. Rappresentare questa azienda e l’Italia intera nella massima categoria del motorsport è un grande motivo di orgoglio per me, a maggior ragione avendo la possibilità di lavorare accanto a un pilota eccezionale come Charles”.

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