Calcio femminile, grande successo intorbidito dalla volgarità sul web
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Donne nello sport? Oggi è normale. Per millenni la donna è stata tenuta nella casa, per custodirla e fare figli.
di Gianfranco Morra, 5.7.2019 www.italiaoggi.it
Donne nello sport? Oggi è normale. Per millenni la donna è stata tenuta nella casa, per custodirla e fare figli. La violenza non le appartiene. In Grecia, le donne che combattevano erano considerate dei mostri: le Amazzoni, guerriere senza seno (a-mazos) che usano sempre (lo dice il nome) i cavalli. Si allearono con i troiani e Achille le sterminò.
I giochi sportivi erano riservati ai maschi. Come anche nei millenni della società cristiana. Solo nell'Occidente della rivoluzione industriale le donne cominciano a fare sport. Eppure anche nelle prime Olimpiadi erano tenute ai margini con sport delicati: tennis, tiro con l'arco, nuoto. Solo nella seconda metà del Novecento le donne occupano anche sport pesanti e violenti, come il pugilato, la lotta, il ciclismo, la pallavolo.
Ora sono arrivate al calcio, sport spettacolare di massa sinora riservato ai maschi. Lo abbiamo visto con la squadra nazionale femminile, che ha partecipato con grande dignità ai Mondiali. Non solo col gioco, ma con la correttezza. Il calcio femminile sta divenendo spettacolo di massa e raggiunge con la Tv anche 10 milioni di persone. Si sta trasformando in un grande business. Il parroco di Castelguidone (Ch) ha posticipato la processione del Santo Patrono per consentire a tutti di vedere la partita.
Grande entusiasmo, simpatia, ammirazione. Ma anche contrasto e condanna. Non di rado anche contro arbitri e segnalinee, che sono donne. Fedeli alla vecchia massima che «tota ratio foeminae est in utero constituta», tutti i social si sono riempiti di messaggi negativi e offensivi per le ragazze del calcio. Nei social prevalgono l'ironia e la pornografia: «Una forma sgradevole di livellamento sociale»; «non è roba da donne»; «questo non è calcio»; «mi rivolta lo stomaco»; «una donna che stoppa il pallone col petto mi fa schifo». Al posto delle graduatorie dei meriti calcistici, molti social hanno votato «i più bei culi».
Inevitabile che offese razziste siano andate alla capitana della squadra, Sara Gama, che è figlia di un congolese e di una triestina. Mentre le più capaci delle giocatrici sono state offese come «grasse» e «brutte». O squalificate come «lesbiche». Siamo ancora più convinti che una parte notevole di italiani ha mostrato non solo ignoranza e volgarità, ma anche un forte ritardo culturale.
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