Il Natale di Sisi
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Il presidente egiziano fa gli auguri ai cristiani e bacchetta gli imam: “Rispettate le altre fedi”
di Luca Gambardella | 28 Dicembre 2015 ore 19:48 Foglio
Roma. Nel giorno in cui il mondo islamico ha celebrato la nascita del Profeta Maometto (Mulid el Nabi), il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha rivolto ai clerici musulmani un discorso sul solco della “rivoluzione dell’islam” da lui auspicata già un anno fa, in uno storico intervento tenuto all’Università di al Azhar. Sisi ha rinnovato la necessità di una riforma del discorso religioso e, data la prossimità della ricorrenza islamica con quella del Natale, ha rivolto i suoi auguri alla comunità cristiana. “Auguriamo buone feste ai nostri fratelli cristiani e condividiamo con loro la gioia con tutto il nostro cuore”, ha detto lo scorso 22 dicembre durante il suo discorso pubblico. Il messaggio di Sisi è sia un’esortazione alla fine delle ostilità settarie e confessionali, sia un appello al sentimento nazionale di unità, secondo cui il sentirsi egiziani viene prima del proprio credo religioso. Rivolgendosi soprattutto al clero islamico, Sisi ha affermato: “Se non condividete questa gioia allora è una tragedia. Se credete che non sia parte della vostra religione, è un problema”. Il sentimento dell’unità nazionale deve prevalere sul fondamentalismo e sull’odio religioso: “Non ascoltate coloro che vogliono dividerci. Nessuno deve definire nessun altro in base alla sua appartenenza religiosa. Noi siamo tutti egiziani”, ha ribadito Sisi. Il presidente egiziano ha auspicato che le sue parole non rimanessero tali e che piuttosto fossero seguite da azioni concrete. Per farlo, ha spiegato, occorre innanzitutto la collaborazione degli imam che devono predicare nelle moschee un reale rispetto per le altre religioni: “Dico queste cose con tutto l’amore e l’apprezzamento… Le dico affinché voi possiate insegnarle dai pulpiti delle vostre moschee. Ciò che ci divide ci distrugge. Non c’è differenza. Siamo uniti e, a Dio piacendo, resteremo uniti. Non sono solo parole. Dobbiamo dirlo e dobbiamo metterlo in pratica”.
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Nel paese gli scontri su base confessionale tra musulmani e copti sono aumentati dopo lo scoppio della cosiddetta primavera araba. Islamisti e fanatici, spesso sostenitori dei Fratelli musulmani poi banditi per legge da Sisi, hanno dato alle fiamme decine di chiese cristiane e hanno aggredito o ucciso molti fedeli. Il presidente egiziano è impegnato in Sinai in un’offensiva militare contro Ansar Bayt al Maqdis, l’ala egiziana dello Stato islamico, i cui attentati terroristici sono arrivati ormai alle porte del Cairo. Sisi ha spesso sostenuto la necessità di un dialogo interreligioso nel paese, ha auspicato una riforma dell’islam e ha condannato le aggressioni ai copti. Lo scorso gennaio, Sisi era stato anche il primo presidente egiziano, musulmano praticante, a partecipare alla messa di Natale della comunità copta del Cairo.
La umma non esclusiva
Con il suo messaggio di auguri, Sisi ha tentato di dare nuovo vigore alla riconciliazione del paese. “Parliamo molto dell’importanza di riformare il discorso religioso”, ha detto nel corso del suo discorso trasmesso in televisione, “ma nelle nostre scuole, nei nostri istituti e nelle nostre università, insegniamo e pratichiamo davvero il rispetto per gli altri? Non facciamo nessuna delle due”, ha detto Sisi. “Dio non ha creato la umma (intesa come nazione o comunità islamica, ndr) perché fosse l’unica. Non l’ha creata per una sola comunità, ma per ‘le’ comunità. Non l’ha creata per una religione, ma per ‘le’ religioni”. “Posso imporre a qualcuno con la forza, fisica o morale, di cambiare religione? Dio l’accetterebbe? Di cosa abbiamo paura? Siamo noi i custodi delle menti o delle scelte delle persone? No, soprattutto nella religione. Ognuno di noi sarà giudicato indipendentemente e ciascuno avrà le sue risposte in base alle sue scelte, a ciò in cui ha scelto di credere”.
In un altro intervento, Sisi ha rivolto i suoi auguri direttamente alla comunità copta che, secondo il calendario della chiesa orientale, festeggerà il Natale il prossimo 7 gennaio: “Evochiamo insieme la memoria di Gesù Cristo e la vita della Vergine Maria, perché ricordino a tutti ancora una volta i valori di amore, pietà e perdono che dovrebbero prevalere nel mondo”, ha detto il presidente egiziano. Sisi ha così sfidato una proibizione, talvolta avallata da una parte del clero islamico – anche da quello non wahabita o salafita – secondo cui rivolgere gli auguri per ricorrenze religiose di altre confessioni sarebbe vietato. Lo scorso 23 dicembre, Muhammad al Arifi, un membro del clero saudita, aveva definito kafir (infedele) chiunque facesse gli auguri per le festività ai credenti di altre confessioni. Una versione smentita da Shawqi Allam, Gran Mufti d’Egitto. Facendo eco alle parole di Sisi, Allam ha detto che l’islam considera atto meritorio fare gli auguri ai fedeli di altre religioni. Così, durante il suo discorso rivolto per celebrare la nascita di Maometto, anche il Gran Mufti ha augurato buon Natale “ai nostri fratelli cristiani in Egitto e nel mondo intero”.
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