L’elezione del nuovo Papa conferma un dato ormai strutturale: la Chiesa cattolica è, al momento, l’unica vera istituzione globale
Claudio Velardi 10 Maggio 2025 alle 11:40 ilriformista.it lettura2’
L’elezione del nuovo Papa conferma un dato ormai strutturale: la Chiesa cattolica è, al momento, l’unica vera istituzione globale. In un contesto internazionale segnato dal progressivo indebolimento degli organismi multilaterali — Nazioni Unite in testa — e dalla frammentazione degli equilibri geopolitici, il Vaticano occupa una posizione unica. Non ha eserciti né quote di mercato, ma dispone di una rete diplomatica e simbolica capillare su scala planetaria, oltre che – per così dire – di una mission univoca e indiscussa.
È dal Concilio Vaticano II che il processo di internazionalizzazione della Chiesa è andato avanti impetuosamente. All’indomani della crisi di Cuba, con la Pacem in terris, Giovanni XXIII parlò al mondo, e non solo ai suoi fedeli; durante il suo quindicennio, Paolo VI avviò un intenso dialogo ecumenico con le altre confessioni; poi fu Giovanni Paolo II a fare clamorosamente del Vicario di Cristo un protagonista della scena globale, contribuendo, più o meno direttamente, al crollo del sistema sovietico, grazie al suo attivismo mediatico e diplomatico. Infine, nell’arco dei dodici anni di Francesco, il carattere universale della Chiesa si è definitivamente affermato con la centralità di grandi temi globali — povertà, migrazioni, diseguaglianze, ambiente — oltre che con l’allargamento inedito della constituency papale.
Per questi motivi – sia detto solo tra parentesi – è stato penosamente provinciale, e figlio di una imbarazzante ignoranza, lo sforzo di chi ha fatto lobbying (i giornali italiani in testa) per un Papa nostrano. Oggi, per la Chiesa, ogni prospettiva nazionale non solo è anacronistica, è irrilevante.
In questo senso anche la elezione di Leone XIV non va analizzata o banalizzata su base geografica. Si stanno già sprecando troppe parole sul possibile o potenziale conflitto tra Robert Francis Prevost e Donald Trump.
Entrambi americani, e con uno sguardo lungo sul pianeta, ma l’uno titolare, magari controvoglia, di un modello occidentale terremotato e incerto, l’altro detentore di un’agenda universale che, al contrario, sta consolidando le sue priorità. La confrontation ravvicinata tra i due mondi non si farà attendere, per quanto il nuovo Papa sia conosciuto come uomo prudente e di mediazione. Ma non sarà tra due yankees. Sarà tra due idee di società.