Né con Mosca né con Washington. La posizione vaticana alla prova di Putin
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Il Vaticano guarda la crisi ed è pronto a “facilitare” un complicato negoziato tra le parti (con l'ok degli ortodossi russi). Il possibile ruolo di Draghi come ambasciatore
MATTEO MATZUZZI 22 FEB 2022 ilfoglio.it lett.2’
Ortodossi e cattolici uniti nel chiedere la pace. Ma il patriarcato di Mosca che fa? Sul terreno si mischiano politica e religione. Problema
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Lettera del capo della Chiesa greco-cattolica di Kiev
Parlando nei giorni scorsi agli ambasciatori dell’Unione europea accreditati presso la Santa Sede, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk, è tornato sull’ipotetico viaggio del Papa a Kiev. Perfino i protestanti, ha detto, “stanno raccogliendo lettere per sollecitare il viaggio, in una sorta di attitudine di benvenuto verso il Papa da parte di cristiani e non cristiani”. D’altronde, nelle settimane scorse, proprio Shevchuk aveva osservato che se Francesco fosse andato in Ucraina, la guerra sarebbe finita ancora prima di iniziare. Un gesto, anche simbolico, avrebbe fermato i carrarmati russi e stemperato la tensione. Ma Roma, pubblicamente, assume una posizione di soft diplomacy: guarda con preoccupazione la situazione sul terreno, invita alla preghiera per scongiurare la guerra, lancia appelli prima che al riconoscimento delle repubbliche del Donbass seguano i bombardamenti. Niente mediazioni, si ripete dal Vaticano: semmai si lavora per “facilitare” una soluzione tra le parti, anche se – trapela – la situazione è complessa. E’ anche per questo che la Santa Sede non entra con forza nell’impasse diplomatica, rischierebbe di provocare risentimenti e gelosie. Di fatto, irrigidendo ancora di più la situazione sul campo. Roma vuole restare in una posizione terza, anche perché non è coinvolta direttamente: non ci sono, qui, minoranze cristiane da difendere da orde islamiste, come accadde in Siria con l’avanzata delle milizie califfali.