Francesco, i gesuiti e Draghi: spunta l'"ombra" di Ratzinger
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Il Papa e il premier hanno molte visioni in comune, a partire dalla crisi economica. Ed è un asse che parte da lontano
Francesco Boezi - 18/02/2021 ilgiornale.it lettura7’
Non sarà una perestrojka nel senso letterale del termine, ma è chiaro che una riorganizzazione complessiva è percepita come necessaria. Il Recovery Fund è l'opportunità concessa all'Italia (e non solo) per ripensare il sistema economico-lavorativo. Se ne parlerà per qualche anno, mentre gli effetti delle scelte che il nuovo esecutivo sta per prendere saranno quantomeno trentennali. La politica si è affidata a Mario Draghi, che ha una visione piuttosto nota: meno sussidi, più investimenti.
Un po' sul modello di Keynes. L'esecutivo presieduto dall'ex presidente della Banca centrale europea, in specie per mezzo dei ministri tecnici, gestirà e destinerà i fondi messi a disposizione dall' Unione europea. Il Papa, dal canto suo, parla volentieri della sua visione del mondo, anche in materia economia, in termini di prospettiva generale. Sono due attori del panorama geopolitico continentale e, per certi versi, sembrano avere parecchie idee in comune.
La nomina strategica
Non solo: Jorge Mario Bergoglio ha reso Mario Draghi un membro ordinario dell'Accademia delle Scienze sociali. Era il luglio del 2020. Che il Vaticano sia in grado di anticipare tempi e temi della politica non è poi una così grossa novità. Ma la Santa Sede, in questi ultimi anni, era apparsa particolarmente vicina alla figura del premier Giuseppe Conte, soprattutto durante la seconda fase: il cosiddetto Conte bis. La Chiesa cattolica però non scende nell'agone della politica, almeno non nel senso tradizionale del termine. Al netto delle reazioni non sempre entusiastiche dei commentatori filo-Bergoglio all'avvento del governo Draghi, è probabile che l'esecutivo italiano e le istituzioni del Vaticano continuino a collaborare nella maniera di sempre (se non di più). Se è vero che esiste un rischio spaccatura su Draghi tra gli ambienti ecclesiastici, è vero pure che è stato lo stesso Francesco ad introdurre Draghi come laico di riferimento in Vaticano con la nomina. I due, insomma, non possono essere in conflitto (e non lo sono). Ma qualche differenza di fondo sembra persistere. Per quanto Draghi - come ricordato più o meno da tutti i quotidiani nazionali - sia stato formato in un collegio gesuitico.
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C'è un "però": quando l'ex arcivescovo di Buenos Aires si riferisce al mondo che verrà, sembra propendere per l'ambientalismo, la redistribuzione delle ricchezze, i popoli periferici come quelli amazzonici, la critica al neo-liberismo, quindi una sorta di solidarismo economico, la fratellanza universale, che si declina pure in chiave economica con la redditualità universale, e così via. Un mondo, dunque, frutto di una rivoluzione copernicana. Vale anche per l'economia, come ha fatto notare Fox News per la diffusione dei vaccini anti-Covid19 su scala globale: Bergoglio vuole che tutti abbiano diritto all'accesso alle cure, a prescindere dalle zone del mondo in cui si risiede. Sono elementi compatibili con quelli che ha in mente Mario Draghi? Bergoglio ragiona su scala globale, ma è chiaro che la strada che papa Francesco vorrebbe tracciare guarda anche all'Italia. Il premier ha lanciato un messaggio preciso: l'istituzione di un ministero per la Transizione ecologica verte dalle parte delle idee di papa Francesco. E "ambientalismo" è già una delle parole chiave ripetuta in più circostanze di questi primi giorni di nuovo corso a Palazzo Chigi.
L'opinione di Ettore Gotti Tedeschi
L'economia solidale di papa Francesco deve dunque confrontarsi con il "neo-liberismo" di Draghi. Bergoglio è il vescovo di Roma. Il successore di Pietro non può che pensare al mondo intero, ma l'Italia costituisce un banco di prova per la Chiesa cattolica, che non a caso sta per organizzare un Sinodo italiano: il Santo Padre sembra intenzionato a sconvolgere alcune logiche acquisite degli ambienti clericali italiani. Può la "rivoluzione copernicana" invocata dal Santo Padre non attecchire proprio nel cuore pulsante del cattolicesimo? Ovviamente no. Ecco perché diventa utile chiedersi su quali basi possa poggiare la dialettica tra il pontefice e l'economista chiamato a guidare l'Italia fuori dal guado di una crisi che rischia di cronicizzarsi. Ettore Gotti Tedeschi è l'uomo giusto con cui parlarne. Banchiere, economista ed ex presidente dello Ior: il professore esordisce subito chiarendo che la teoria, in questa fase, è destinata ad occupare un ruolo secondario.
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I fondamentali economici registrati di questi tempi non prevedono che si discorra troppo. Sul rapporto tra il pontefice e l'ex presidente della Bce, Gotti Tedeschi afferma che "sarà, o diverrà, un rapporto pragmatico, riferito cioè alla concreta soluzione dei problemi, senza pregiudizi ideologici. Per fare solidarismo e distribuire ricchezza , bisogna prima crearla. Son convinto, anzi non ho dubbi, che Draghi farà anzitutto il bene del Paese nelle complesse circostanze in cui si trova ad operare". Prima di aiutare i poveri, in poche parole, è necessario creare le condizioni per poterlo fare. Poi c'è un dettaglio, che non è sfuggito ad alcuni osservatori. Come ha fatto notare Andrea Muratore su InsideOver, la "dottrina Draghi" comprende pure un commento a Caritas in Veritate. Un'enclica cui Ettore Gotti Tedeschi ha contribuito. L'economista è convinto che Draghi possa basarsi in economia sulle tesi ratzingeriane: "Ne son certo perché sono tesi razionalissime. Per Benedetto XVI - continua Gotti Tedeschi -, l’economia è solo uno strumento in mano all’uomo, è l’uomo che, dando senso all’uso dello strumento, lo trasforma in un mezzo per realizzare il bene comune. Benedetto XVI in Caritas in Veritate sollecita l’uomo a imparare a gestire gli strumenti a sua disposizione. Altrimenti saranno gli strumenti a gestire l’uomo, prendendo 'autonomia morale'. Ed è evidente - chiosa l'ex presidente dello Ior - che uno strumento non possa avere autonomia morale. Il messaggio finale di Benedetto XVI - chiosa il banchiere -, con cui conclude Caritas in Veritate, è che una crisi come quella attuale non si risolve cambiando gli strumenti, ma anzitutto cambiando il 'cuore', l’intento morale dell’uomo che li usa", Dobbiamo aspettarci un Draghi ratzingeriano.
La necessità di trovare una sintesi
Si tratta comunque del confronto tra due visioni: una centrata sull'assistenzialismo (o solidarietà) alle "periferie economico-esistenziali", in pieno stile sudamericano, l'altro sull'occidentalismo, che potrebbe anche basarsi su paradigmi tradizionali, che al Papa non sono mai piaciuti troppo. Ma Gotti Tedeschi sgombra il campo dai dubbi sul ventilato "scontro", che non ci sarà: "Io credo che Draghi sappia perfettamente che nel mondo globale negli ultimi decenni sono cambiate le 'regole del gioco' e sappia perfettamente cosa significhi il nuovo multilateralismo indispensabile, pertanto quale ruolo l’Europa, e quindi l’Italia, possa avere , e come, nel contesto globale. Non credo ci sia un disaccordo di principio fra le due visioni, anzi credo che debbano venir ben pianificate e attuate insieme , in modo adeguato". La possibilità di una sintesi è dunque dietro l'angolo. E tutto questo al netto di quelle che sono apparse come critiche provenienti da ecclesiastici o laici vicini alla "Chiesa in uscita": "Io sono certo che I promotori dell’iniziativa di Assisi non stiamo minimamente pensando di influenzare, se non con indicazioni di carattere morale, quello che verrà deciso dal professor Draghi", chiosa Ettore Gotti Tedeschi. Pragmatismo, è bene ribadirlo ancora, è l'obiettivo comune, la parola, che farà da collante.
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Una congruenza notata pure da Benedetto Delle Site, che rintraccia ulteriori congruenze: "Non dimentichiamo - annota il giovane imprenditore romano -, che il Prof. Mario Draghi si è formato alla scuola di Federico Caffè, economista e accademico italiano ammiratore del modello delle socialdemocrazie scandinave. Oggi quel modello è superato, tuttavia proprio Draghi lo scorso marzo scrivendo sul Financial Times è tornato a sostenere la necessità del ricorso ad un debito produttivo per affrontare la pandemia, mentre Papa Francesco di lì a poco avrebbe lanciato un appello all’Europa di un tenore non dissimile".
Una similitudine che investe tanto i toni quanto i programmi: Francesco e Draghi hanno già esposto le soluzioni teoriche al problema. Rimedi molto simili, magari declinati attraverso toni e contesti diversi, com'è normale che sia: "Forse - fa presente l'imprenditore noto anche per il suo impegno come animatore di iniziative ispirate alla Dottrina sociale della Chiesa - un punto di accordo potrebbe essere questo: entrambi ritengono i sussidi e l’assistenzialismo dannosi, ma sono favorevoli a politiche pubbliche in sostegno dell’economia reale e delle nuove generazioni, affinché queste ultime siano in grado di esprimere e accrescere i loro talenti. In questo senso, potremmo dire che entrambi reputano fondamentale che le risorse del Next Generation EU non vadano sprecate alimentando spese di breve periodo in vista dei prossimi appuntamenti elettorali".
Le tesi di Benedetto XVI come punto d'incontro
Giovani, occupazione, ambiente: a pensarci bene, questo potrebbe essere il trittico in grado di accomunare i programmi di Draghi e Bergoglio. Il Recovery Fund sarà gestito dalle mani del governo Draghi, ma il placet del Vaticano, dinanzi a certi investimenti, potrebbe assecondare il disegno politico-economico delle istituzioni laiche. Il Santo Padre è considerato, per certi versi, un "populista di sinistra". Bergoglio ha di sicuro combattuto il "sovranismo" di destra per mezzo di avvertimenti e dichiarazioni. Draghi, in parole povere, è soprattutto un uomo del fare.
Il perno - come osservato da Delle Site - potrebbe essere fornito proprio dalle considerazioni economiche ratzingeriane: "Le tesi ratzingeriane sull’economia - ha argomentato il vicepresidente dell'Ucid che, attraverso il dirigente del Coordinamento Giovani Donne, Simona Mulè, ha già chiesto al nuovo governo l'apertura di un tavolo affinché i fondi strutturali siano impiegati di concerto con le maggiori organizzazioni imprenditoriali giovanili - sono un tesoro prezioso per le nostre classi dirigenti, perché non restano nel perimetro dell’economia ma affrontano la dimensione antropologica e ontologica della crisi in atto. Da qui anche l’accento sui pericoli della tecnocrazia, ultimo stadio del naturalismo, che va riducendo il governo dell’umanità ai suoi soli aspetti materiali. La dottrina sociale della Chiesa non offre soluzioni specifiche, ma princìpi e criteri di orientamento che ognuno mette in pratica diversamente, con la propria responsabilità". Potrebbe essere Benedetto XVI a mettere d'accordo le visioni di due uomini, che comunque hanno già in comune la radice gesuitica e non solo.